04 marzo, 2015

“Versi Proibiti, una lotta”. Il volgare della tradizione colta. Di Andrea Arionte



Napoli, ZTN - Zona Teatro Naviganti (Vico Bagnara 3A, c/o Piazza Dante). Dal 27 febbraio al 1 marzo 2015

Se pensiamo all'immensa produzione popolare di testi risalenti al periodo storico che va dal XIII secolo ai primi decenni del novecento, testi che comprendono componimenti, libretti e canzonette, non possiamo dimenticare di certo la vastissima antologia della tradizione popolare partenopea. Dalle “villanelle” delle origini alla “tarantella”─ vero e proprio tormentone del Regno delle Due Sicilie ─ si passa alle arie da camera e all'opera buffa, fino ad arrivare a Ferdinando Russo e Salvatore Di Giacomo le cui poesie danno inizio all'epoca d'oro della canzone classica napoletana.
Ma tra i grandi nomi che certamente si ditinsero per prosa e per lirica, si nascondono, rimasti nell'oscurità dell'anonimato, scrittori e canzonieri autori di una letteratura scomoda e sconcia, una miriade di testi che trattano di “argomenti” erotici ed osceni.

Essi costituiscono una collezione di capolavori nascosti, rappresentano il sottoproletariato poetico, furono ritrovati e raccolti meticolosamente in una pubblicazione del 1974 ad opera del giornalista napoletano Angelo Manna dal titolo L'inferno della Poesia Napoletana.
Non vediamo perchè non avremmo dovuto...Sporco? Pulito? Sono aggettivi che non hanno mai riguardato la poesia! Quando mai gli aggettivi hanno fatto la storia!”
Cosi recita l'introduzione scritta dall' On. Manna per la prima edizione della sua raccolta e da qui parte il lavoro ideato e diretto dal regista Giovanni Merano, che grazie ad intermezzi dialogati di Maurizio D. Capuano, porta in scena l'adattamento teatrale del volume.
Dal 27 febbraio al 1 marzo 2015 nella sala dello ZTN di Piazza Dante a Napoli ─ il nuovissimo caveau fondato dalla compagnia teatrale Naviganti InVersi ─ lo spettacolo Versi Proibiti,una lotta. Tra ipocrisia e autentico naturalismo, ha letteralmente sconvolto il pubblico dalle risate, ha allietato la serata riproponendo in chiave cabarettistica le suddette rime “segrete”.
Il breve shock iniziale è dovuto non tanto all'effetto “scandalo” ─ che colpisce il più bigotto proprio per denunciare i bivalenti, il falso perbenismo e moralismo dilagante ─ ma alla dissuetudine nell'ascoltare termini comunemente ritenuti “volgari” ed appartenenti ad un dialetto arcaico di per sé difficile, all'interno di una rappresentazione pubblica. Un conto è discutere in intimità di determinate azioni che appartengono alla sfera sessuale e di situazioni decisamente imbarazzanti, un altro è affrontarle in teatro dove la realtà della vita viene messa doppiamente nudo toccando nel profondo.

Eppure alcuni racconti di incontenibile libido ed atti fisiologici impellenti, appertangono proprio alla mano scherzosa dei già citati Russo e Di Giacomo ( per esempio Idillio 'e merda o Miez 'o puorto ) oppure ─ cosa difficile a credersi ─ a uomini di più nobile famiglia come un certo Raffaele Petra, duca di Vastogirardi e Marchese di Caccavone (di certo il titolo nobiliare non aiuta a rimanere seri) il quale scrisse A cunfessione 'e Taniello.
Quest'ultima poesia, è uno degli sketch alla Viviani più riusciti della serata e vede le doti macchiettistiche dell'attore Fabio Balsamo impegnate nella parte di un prete che assolve Taniello, seduto su un gabinetto a muro come fosse un confessionale!
Ad affiancare Balsamo, formando uno strepitoso trio, Francesco Saverio Esposito che attraverso registro e timbro della voce passa da un illustre e beffeggiato gentiluomo di accento cortese, ad una pulce disperata o ad un adolescente con gli ormoni in subbuglio; Carlo Liccardo invece cattura l'attenzione in un momento violentemente drammatico come quello del monologo di una prostituta nella poesia Giuvanne 'o stuort', 'o massimo .
Versi Proibiti si presta ad essere una pièce multisensoriale. Alla bravura degli interpreti si affianca il piacere della musica dal vivo e della canzone popolare che interrompono di tanto in tanto la recitazione, offrendo occasione di ripercorrere perfino la storia dei sovrani della città con Il peto nel regno di Napoli di Federico Salvatore.
E' la voce sensuale, frizzante e potente di Serena Pisa ─ interprete magnetica e artista a tutto tondo ─ insieme alle note eseguite da Luigi Castiello (contrabbasso) e Gianpaolo Ferrigno (chitarra) a coinvolgere gli stanti a ritmo di tammorra, e con il suo italiano napoletanizzato e lo sguardo ammiccante esercita fascino ed eleganza verace.
Da come si evince, l'esperimento azzardato da Merano è risultato vincente e geniale, smascherando il perbenismo del teatro dei signori, riportando alla luce diatribe purtroppo ancora oggi presenti, in quel mondo artistico che troppo spesso è un esclusiva dei “potenti” alto-borghesi i quali uccidono e sviliscono la cultura solo per realizzare programmi di sviluppo meramente economici.
Ed invece questo ricchissimo patrimonio di testi “apocrifi” è portavoce di ribellione contro gli ipocriti, mostrando alla cittadinanza quanto di elevato vi sia in generale in ciò che è minore; basti pensare non solo ai nomi che compaiono nella bibliografia del testo di Manna, ma al fatto che lo stesso sia stato prodotto nel 2006 in formato audiolibro, recitato da un gigante del palcoscenico e dello schermo quale fu Aldo Giuffré.
Lo spettacolo punta sull' indecenza per marcare inmodo più evidente il confine fra il vero ed il falso lirismo , osannando la purezza e la spontaneità di una Napoli genuina e non poteva che concludersi con le dolci note di Donna Cuncetta di Pino.

Andrea Arionte



Con: Fabio Balsamo, Carlo Liccardo, Francesco Saverio Esposito, Serena Pisa, Gianpaolo Ferrigno, Luigi Castello
Scenografia: Anna Seno
Grafica: Daniela Molisso
Addetto stampa: Emma di Lorenzo
Regia: Giovanni Merano


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