26 dicembre, 2014

Carolyn Carlson. Per l'Arte scelgo la Francia. Intervista curata da Stefano Duranti Poccetti


Finalmente, dopo molti mesi, posso pubblicare il dialogo avuto con una grande artista, che ho incontrato a Parigi nel suo atelier aperto nel 1999 alla Cartoucherie; si tratta della grande Carolyn Carlson (Oakland, 7 marzo 1943), che, grazie alla sua assistente italiana Sara Orselli, che ringrazio infinitamente, mi rilascia gentilmente un’intervista. La Coreografa si trova qui dal 6 all'11 gennaio 2014, perché ha realizzato in questo ambiente un workshop con ragazzi provenienti da tutto il mondo, che sono stati esercitati ad apprendere nuove tecniche d’improvvisazione, lavorando molto sul ritmo. La Carlson mi parla anche e soprattutto della differenza, per quanto riguarda il piano culturale, tra Italia e Francia.

Buona sera Carolyn e grazie per l’intervista nel suo atelier. In che anno è stato creato?

Ho creato questo atelier nel 1999, dove ospito i migliori insegnanti che ci sono in circolazione. Qui insegniamo soprattutto esercizi per quanto riguarda l’improvvisazione e diamo possibilità di esibirsi anche a giovani compagnie emergenti.

Quindi, a parte il suo lavoro di coreografa e di danzatrice, lei ama anche insegnare…

Tutta la mia vita è stata consacrata anche a insegnare e a trasmettere, e la danza ha bisogno di una trasmissione diretta, non si può trasmettere per iscritto o in altri modi.

Lei ha lavorato molto anche in Italia…

Ho lavorato in Italia, soprattutto a Venezia, dove ho creato anche l’Accademia Isola Danza ed ero lì quando per la prima volta è stata introdotta la danza contemporanea all’interno della Biennale.

Era molto interessante il progetto dell’Accademia Isola Danza…

Sì, era un’accademia, tra l’altro, gratuita, ma poi, quando sono venuta via da lì, nessuno se ne è più occupato e così tutto è andato a decadere.

D’altra parte in Italia non è facile lavorare nell’ambiente culturale…

Io adoro l’Italia e gli italiani, che sono aperti e caldi, ma purtroppo non c’è supporto dallo stato, mentre in Francia ci sono molti finanziamenti e molti enti gestiti dallo stato. Del resto in Italia non si dà molta importanza all’Arte contemporanea… l’Italia è un Paese che vive nel passato. Con questo non voglio dire che l’Italia sia povera in questo senso, visto che ci sono dei centri da invidiare, come la stessa Biennale di Venezia, come il Piccolo Teatro di Milano, come il Festival dei Due Mondi di Spoleto… sono un patrimonio enorme.

Lei ha lavorato in tutto il mondo: Stati Uniti, Finlandia, Italia, Francia… crede che dal punto di vista culturale la Francia sia il miglior Paese dove lavorare?

In Europa di certo sì, perché, come ho detto prima, sono previste molte sovvenzioni e ci sono molti enti coreografici gestiti dallo stesso stato, che poi sovvenziona anche le stesse compagnie. Inoltre qui l’Artista freelance ha diritto a uno statuto particolare, che gli permette di avere la disoccupazione e anche questo è un pregio. Gli Stati Uniti sono un discorso a parte, lì molto lo fa l’Università e la stessa formazione che ho avuto con Nikolaj è avvenuta proprio lì. Inoltre là ci sono molte sovvenzioni e strutture private.

In Italia invece è difficile trovare sponsor?

Sì, in Italia è molto difficile trovare sponsor, anche perché vengono dati sempre agli stessi. In Italia ci sono molte caste.

È vero che la Francia è solo Parigi?

No, negli ultimi anni si sono sviluppati altri centri molto stimolanti e di grande peso, come Bordeaux e Lione. In linea generale La Cultura è molto sentita in questo Paese.

Ultima domanda, poi la lascio al suo Workshop… come lavora con i suoi danzatori?

Si tratta di un dialogo tra codice e improvvisazione. Arrivo con un’idea, ma poi mi piace svilupparla insieme ai miei danzatori, per trovare per ciascuno il movimento più adatto.

Grazie a Carolyn Carlson e a Sara Orselli

Curata da Stefano Duranti Poccetti

1 commento:

  1. Molto interessante quello che dice questa grande artista. Purtroppo le sue considerazioni, assolutamente veritiere, ci fanno riflettere sulla situazione italiana che fa veramente paura. E' una desolazione...

    RispondiElimina