01 ottobre, 2014

"Ummonte": la vicenda del Monte dei Paschi di Siena al Festival Trame d’Autore. Nel monologo di Elisa Porciatti, le parole di tutti i giorni raccontano il tracollo finanziario. Di Greta Salvi


Milano, Piccolo Teatro Grassi. Martedì 28 settembre 2014

In una città «a prova di polpaccio», che «sali, scendi, taglia, in piano» attraversandola in bicicletta, si consumano la nascita, l’apoteosi e il tracollo di una banca.
La città è Siena, che però non viene mai nominata, così come non viene mai citata direttamente la Banca Monte dei Paschi. Ma Ummonte, il monologo scritto e interpretato da Elisa Porciatti, (Milano, Piccolo Teatro Grassi, 28 settembre 2014) parla proprio di questo. Di questo e di molto altro, perché ciò che è accaduto “in piccolo” a Siena è emblema di quanto avviene “in grande” a livello mondiale: la piccola città, figlia della banca, è stata dissestata dallo scandalo finanziario.
Con questa prima opera individuale, la Porciatti, ex-dipendente del Monte dei Paschi, unisce la sua formazione di economista alla sua vocazione teatrale e, in un felice mescolamento di vita vissuta e metafora, cerca di riportare il linguaggio finanziario-bancario ad una dimensione comprensibile a tutti.
Comprensibile agli anziani, come Vera, la proprietaria della bottega “Il Paese dei Balocchi”, che ha visto il Monte portare ricchezza nella piccola città e non vuole assistere alla sua fine. Comprensibile ai bambini, come Zoe, la voce narrante. A Zoe piacciono le parole e le parole hanno un significato preciso: come fa una banca a diventare un Monte? Come fa un palazzo a diventare una Borsa?
É Ummonte, il migliore amico di Zoe (chiamato così perché i soldi gli piacciono “un monte”) a spiegare «i tre segreti mistici di come funziona il mondo»: come nascono i soldi? Come crescono? Dove finiscono? I meccanismi dell’economia bancaria vengono illustrati con il linguaggio ingenuo e diretto dei bambini, mentre gli adulti scandiscono il letimotiv: «noi siamo fortunati perché ci sta il Monte». Il Monte è un babbo che dà sicurezza a tutti i suoi figli, anche a quelli che non lavorano in banca. Per questo, quando scoppia la bufera, l’incubo non parla il linguaggio astruso della finanza, ma «sa di casa, sa di sugo di carne, di schiuma da barba, odore di tufo dopo che ha piovuto».
La crisi ci ha abituato a masticare quotidianamente parole che non comprendiamo del tutto: nelle case degli italiani si parla di “spread”, senza sapere di cosa di tratti, consapevoli solo di doversene preoccupare. Per questo, dice Elisa Porciatti, «Serve uno spazio per tornare a guardare le persone negli occhi, a parlare loro con termini comprensibili. Serve un meccanismo di riflessione che restituisca un senso concreto alla parola».

Forte di una menzione speciale al Premio “Scenario” 2013, Ummonte è stato presentato al Piccolo Teatro di Milano all’interno del Festival “Trame d’Autore” (18-28 settembre 2014), organizzato da Outis (Centro Nazionale di Drammaturgia Contemporanea) e incentrato sull’area Eurasiatica. La rassegna ha portato in scena quindici spettacoli di altrettanti autori (italiani e stranieri) accomunati dall’essere “agitatori di coscienze”, attenti a tematiche sociali, politiche ed economiche e desiderosi di stimolare riflessioni. Senza la pretesa di fare del “teatro politico”, ma ricordando la valenza politica del teatro e riproponendolo come spazio di militanza.

Greta Salvi

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