10 ottobre, 2014

SONATA PER RAGAZZA SOLA – omaggio a Irene Nemirovsky. Quando il teatro non rovina un’opera letteraria. Di Paolo Leone


Roma, Teatro dei Conciatori. Fino al 12 ottobre 2014

Due attese, due donne, desideri in apparenza diametralmente opposti ma ferocemente simili. Figlia e madre, entrambe alla ricerca spasmodica di affermazione sociale, di un riscatto a qualunque costo. Sbarazzarsi della divisa da bambina l’una, apparire per quel che non si è l’altra, in una danza grottesca e senza esclusione di colpi. Collane di perle che imprigionano, brandite con avida voluttuosità, fruste minacciose nei confronti della figlia e del mondo e velenose serpi che soffocano con le loro spire. “Bisogna saper aspettare…” è un mantra che si ripete ciclicamente, ossessivamente, nei confronti di un futuro che non arriverà mai. Homo homini lupus, l’etica dei personaggi tratteggiati da Irene Nemirovsky è questa. Creature egoiste, dedite al soddisfacimento dei propri desideri che escludono l’altro giocoforza, senza distinzioni di sesso, età, ruoli e classi sociali.
La sottile vendetta della repressa figlia nei confronti della madre, nel fare andar deserta la tanto agognata soirèe che avrebbe dovuto restituire una verginità ai coniugi Kampf, altro non è che il riepilogo dell’immagine folgorante che la scrittrice di Kiev dipingeva della società: a ciascuno la sua preda, secondo la sua astuzia e la sua forza. Entrambe, madre e figlia, in fin dei conti assolutamente estranee l’una all’altra, ma ognuna vittima e carnefice, ossessionate dal proprio ideale di illusoria libertà e riscatto. Antoinette non è una bambina, è il riflesso giovane della madre, è il gioco di specchi inquietante, è figlia della mostruosità del suo (solo suo?) tempo. Sonata per ragazza sola si ispira e prende vita essenzialmente da quello che fu (che è) uno splendido racconto breve della Nemirovsky, “Il ballo”, in cui una coppia di coniugi arricchiti ma non nobili, grazie a spregiudicati giochi in borsa, si illudono tramite l’organizzazione di uno sfarzoso ricevimento, di segnare il loro ingresso ufficiale nella società bene parigina. Di lì viene tratteggiata stupendamente la dinamica tra le due donne. La dinamica umana, per Nemirovsky.
Se nel racconto la penna della scrittrice tratteggia soavemente i due desideri, le due frustrazioni, la pièce con Federica Bern, diretta da Francesco Villano, trasporta sul palcoscenico le sue tematiche in maniera sorprendente. Una prova d’attrice strepitosa per Federica, conosciuta qualche anno fa in un’opera di Luca De Bei, che con questo monologo difficilissimo dimostra una maturità ed un’intensità confortanti. E’ figlia e madre, ingenua e perfida, sognante e spiritata, inquietante e disperata, ironica e divertente. Ecco, la bellezza di questa rappresentazione è anche nell’aver saputo cogliere gli aspetti comicamente grotteschi della storia, senza appesantirla, e interpretati magnificamente. Un lavoro intelligente, raffinato, con una protagonista di cui sentiremo parlare sempre più spesso. Teatro vero, ricco di idee, alcune scene sono semplicemente stupefacenti. Merito del regista Villano e della Bern, un folletto dalle mille sfumature, capace di sfoderare dei picchi di vero virtuosismo attoriale. Molto bello anche l’uso delle luci. Le realtà “off” si confermano le più interessanti.

Paolo Leone


Roma, Teatro dei Conciatori. Fino al 12 ottobre.
Sonata per ragazza sola – omaggio a Irene Nemirovsky
Progetto di Federica Bern e Francesco Villano
Con: Federica Bern
Scene di Fiammetta Mandich; Costumi di Rachele Bartoli

Regia di Francesco Villano

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