04 maggio, 2014

"Minchia sig. Tenente". Un piccolo miracolo sulle tavole del Teatro Ghione. Di Paolo Leone


Teatro Ghione, Roma. Dal 2 all’11 maggio 2014

Un paesino siciliano in cui non succede nulla, una piccola caserma dei carabinieri dove gli uomini si annoiano e sognano di potersi rendere operativamente utili. Solo uno strambo tipo che, immancabilmente ogni giorno, si presenta per denunciare piccoli furti che probabilmente non sono tali, ma frutti della sua cronica distrazione. Quasi un aiuto per i giovani militi dell’Arma, un fastidioso ma provvidenziale diversivo per spezzare l’oblìo di un paese in cui nemmeno un furto di galline si rivela tale, bensì scorribanda di volpi. Le regole, immobili come quel luogo, da infrangere per rimanere umani, per non spezzare l’amicizia nascosta sotto quelle divise. L’arrivo di un ferreo Tenente infrange il tran tran quotidiano con la mania della disciplina, dei regolamenti, e con un incarico importante da affidare a due dei ragazzi, finalmente. La scorta ad un importante giudice.
Minchia sig. Tenente, opera prima di Antonio Grosso, uno dei giovani autori più interessanti del teatro italiano si conferma, a distanza di dieci anni dalla sua prima messa in scena, una commedia che riscuote successo e consensi immutati. Dopo i trionfi torinesi, torna a Roma nel teatro Ghione e subito la capitale risponde presente, acclamando a lungo i bravissimi interpreti. Scritta all’età di 22 anni, dal punto di vista drammaturgico rivela alcune caratteristiche acerbe, ma il risultato nella sua totalità è di grande freschezza e leggerezza, tali da divertire ed entusiasmare il pubblico. Ma attenzione, la leggerezza è qui presente nell’accezione calviniana, cioè con la capacità di raccontare con levità argomenti drammatici. Merito si del testo, ma anche dall’efficacia con cui è rappresentato da un manipolo di attori affiatatissimi, che si divertono a lavorare insieme e si nota a più riprese. Un primo atto esilarante, sorprendente per la varietà dei toni e dei tempi comici di tutta la compagnia, per l’umanità realistica che sfonda la quarta parete e si riversa nella platea rapendo il pubblico e, udite udite, costringendolo al silenzio negli intervalli tra una risata e l’altra, all’attenzione, per il ritmo sostenuto e per la partecipazione emotiva nei confronti dei personaggi. Avvenimento raro, da preservare gelosamente. Merito, anche, di una regia accurata (di Nicola Pistoia) e del sapiente uso delle luci, molto suggestivo (a cura di Luigi Ascione). La ciliegina sulla torta è la chicca di un prologo ed un epilogo affidato alla maestrìa, alla profondità, alla poesia popolare di un grande caratterista come Natale Russo (alias Parerella), nel suo bagaglio il tesoro della commedia dell'arte, che con poche battute sa ammaliare e commuovere il pubblico. Antico rapsodo greco, fine cantastorie a cui bastano una decina di  versi per ammantare di senso la totalità della rappresentazione scenica. Minchia sig. Tenente emoziona, diverte, commuove, si fà anche poesia. Riesce a raccontare col sorriso storie che lo tolgono. Che, come viene declamato nello splendido finale, fanno perdere l’orientamento in una terra violentata, un’isola piena di fiori e in cui si può perdere tutto ma non l’orgoglio. Continuare a denunciare, anche solo oggetti smarriti, per continuare a lottare contro la cattiveria umana. Per potersi ancora “innamorare delle note del vento”. Da vedere.

Paolo Leone


“Minchia sig. Tenente” di Antonio Grosso
Con: Daniele Antonini, Gaspare Di Stefano, Alessandra Falanga, Antonio Grosso, Francesco Nannarelli, Antonello Pascale, Francesco Stella e con Natale Russo.
Regia: Nicola Pistoia; Luci: Luigi Ascione; Scene: Fabiana Di Marco: Costumi: Maria Marinaro; Aiuto Regio: Luigi Pisani; Elettricista: Christian Ascione. Distribuzione Razmataz. Uff. stampa: Daniela Bendoni. Un ringraziamento particolare all’ufficio stampa del Teatro Ghione, diretto da Moreno Sangermano.

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