15 aprile, 2014

Spring Awakening Italia. Quando avete avuto la vostra primavera? Di Cristina Zanotto


Masturbazione
Violenza
Sesso
Omosessualità
Suicidio
Aborto
Libertà
Speranza

Tematiche forti, intense, che sono state sviscerate durante le due ore abbondanti di spettacolo, argomenti ritenuti, tutt’oggi, scomodi in una società abituata a nascondere, evitare, a non vedere. Quale luogo migliore per metterle in scena se non nel posto più classico in assoluto?
Il Teatro Verdi di Padova ha ospitato la produzione italiana di Spring Awakening – Risveglio di Primavera dall’8 al 13 aprile (precedentemente  al Teatro Goldoni di Venezia dal 3 al 6 aprile).
Per lo statico frequentatore della platea “verdiana” e similari consiglio di lasciare all’ingresso la fiducia e il perbenismo verso un palco che può stravolgere, per chi non è abituato, il personale concetto di fruizione della scena.
Parlo da accanita frequentatrice di spettacoli di teatro contemporaneo – la durata massima che posso sostenere in platea è un’ora, un’ora e mezza al massimo - i musical non sono il mio pane quotidiano, ma non posso che parlarne bene di questo lavoro per la regia di Emanuele Gamba sotto la direzione artistica di Pietro Contorno, che sta facendo il giro di tutte le città italiane. Spring Awakening è un musical rock, vincitore di numerosi Tony Awards, su musiche di Duncan Sheik e con libretto e testi di Steven Sater, ampiamente conosciuto e premiato all’estero.

Spring Awakening tratto dall’opera Risveglio di Primavera di Frank Wedekind, risale al 1891.
Se pensiamo al periodo in cui è stato scritto e all’epoca in cui siamo oggi sembra impossibile quanta attualità ancora traspaia in queste tematiche, che continuano a rimanere tabù, ad essere additate come “scandalose”.
Questa contemporaneità è portata in scena prima ancora che col corpo, con la musica, da un gruppo di giovani talentuosi attori-cantanti che incarnano una gioventù a cui sono state tappate le ali dal ben pensare e l’ipocrisia degli adulti che anziché comunicare con i propri figli,  li oscuravano dai normali processi della vita, tenendoli lontani dai loro istinti, punendoli anche fisicamente.
I protagonisti della vicenda sono ragazzi timorosi, sognatori, curiosi, arrabbiati e innamorati della vita.
La scoperta della sessualità diventa un modo per conoscere se stessi e gli altri, diventa anche qualcosa che spaventa, che allontana o che unisce. Due atti ricchi di canzoni che traducono gli stati d’animo, le azioni e i tormenti dei protagonisti, in particolare di Wendla Bergman, Moritz Stiefel, Melchior Gabor e Ilse.
Immaginate un gruppo di giovani pieni di speranze verso il futuro, ricchi di amabile disincanto, di sentimenti puri e poi ancora la passione del corpo, la difficoltà di essere ascoltati dagli adulti (genitori, insegnati, medici interpretati con ecletticità da Francesca Gamba e Gianluca Ferrato), ostacoli che sembrano insormontabili, la voglia di lasciarsi andare e la paura di non avere nessuno nel buio che li circonda. Immaginate una scena cruda come un suicidio, un colpo di pistola e poi, giù, un colpo tonante che invade il palco, immaginate un funerale e un aborto. Immaginate anche in mezzo a tutto questo i primi approcci col sesso, dalla masturbazione alla prima-vera esperienza sessuale, ai sogni erotici, alle infatuazioni per l’insegnante di piano. Immaginate ragazzi e ragazze, uniti nell’amicizia più forte e poi immaginate la speranza alla fine del tunnel che abbraccia e avvolge tutti, pubblico compreso, in una speciale purple summer.

Le soluzioni sceniche e registiche sono state impeccabili, mai scontate né banali (per esempio nella scena in cui i ragazzi vanno a scuola e le sedie diventano cartelle scolastiche), alcuni punti originali nella semplicità e linearità degli elementi, poco era presente sul palcoscenico. Una piattaforma centrale raccoglie le scene principali, la grande lavagna alle spalle della scena, laterale rispetto alla centralità, che s’inserisce perfettamente tra le due rampe di scale che permettono piani sequenza differenti, originano ambienti e situazioni simultanee, come due “film” in parallelo. La lavagna è certamente l’elemento scenico principale perché racconta e traduce ogni canzone e stato d’animo in un continuo flusso di scritture che donano ancora più enfasi alle tematiche, parole che rimangono più indelebili nella mente e che a tratti fanno riflettere.
Nell’ultima scena la piattaforma centrale si apre e crea uno “spazio bianco”, una stanza dove terreno e aldilà si uniscono in un momento pieno di speranza e fiducia verso la vita. Una natura che diventa la protagonista assoluta nelle parole e nelle immagini che danno vita ad un continuo quadro creato alle spalle degli attori, nella terza parete, immagini in bianco e nero in cui le ombre dei protagonisti diventano parte integrante della scena descritta.

Uno spettacolo ben fatto, per la scena, le musiche e le canzoni, per il cast giovane e bravo (con Flavio Gismondi, Federico Marignetti, Arianna Battilana, Tania Tuccinardi, Gianluca Ferrato, Francesca Gamba, Paola Fareri, Vincenzo Leone, David Marzi, Chiara Marchetti, Andrea Simonetti, Renzo Guddemi, Albachiara Porcelli, le musiche dirette da Stefano Brondi, le scene ad opera di Paolo Gabrielli, le luci a cura di Alessandro Ferri e i video di Paolo Signorini), nonostante si potesse cogliere una presenza scenica e un vissuto ancora un po’ acerbo per poter trasmettere con impatto tutte le situazioni rappresentate.
Per molti uno spettacolo “scomodo”, in particolare per chi fa fatica a guardare, perché mette sotto la lente d’ingradimento particolari intimi delle relazioni e della natura umana. Ma, se non le troviamo a teatro tutte queste cose dove le possiamo incontrare? Spesso spettacoli del genere mettono alla prova il pubblico, ma nel bene o nel male lasciano un segno che ogni spettatore si porta a casa a modo suo, facendolo diventare un proprio intimo vissuto.
Ognuno di noi ha una sua personale primavera, intesa come un momento di risveglio, dove qualcosa cambia, dove qualcosa s’interrompe per far nascere altro, nella fiducia della natura che ci insegna che dopo una morte c’è sempre una rinascita, dopo la fine di un ciclo c’è sempre l’inizio di qualcos’altro, dopo la primavera c’è sempre un’estate, dove la speranza e i sogni hanno diritto e dovere di continuare ad esistere e persistere, l’importante è crederci.

I believe.

Prossime date per vedere lo spettacolo sono il 10 e 11 maggio al Teatro Duse di Bologna!


Cristina Zanotto

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