03 febbraio, 2014

NON SI SA COME di Luigi Pirandello. Regia di Federico Tiezzi. Drammaturgia di Sandro Lombardi e Federico Tiezzi. Di Daria D.


Piccolo Teatro di Milano, dal 28 gennaio al 2 febbraio 2014

Il commento di una signora alle mie spalle “…certo che Pirandello è sempre Pirandello” mi fa sorridere e penso che con quest’attenuante la spettatrice si sia lasciata trasportare inconsciamente dalla vicenda di “Non si sa come”, dramma in tre anni del 1934,mentre la  frase di Romeo Daddi “Addio coscienza! Si naviga, si naviga e il più delle volte si dorme”  le risuonava nella mente.  Ora mi auguro che la signora non abbia dormito, perché lo spettacolo è molto piacevole, elegante, raffinato, dalla scenografia, ai costumi, alla recitazione, alla regia. Il regista Federico Tiezzi  con quelle tinte feroci,  passionali, il rosso, il viola,il  blu dei fondali, delle pareti, dei vestiti, dei pensieri,  ci ha messo in guardia, però, che  sotto la  patina “leggera”, Pirandello nasconde problemi profondi e paurosi, che prima o poi vengono in superficie.
La prima scena si apre su un quartetto d’archi, due uomini e due donne che, al chiaro di luna, suonano lo struggente pezzo di Schubert “La morte e la fanciulla”. Niente di strano se non fosse che i musicisti indossano enormi teste di alligatori. Poi il sipario si chiude e noi rimaniamo in attesa…
La scena seguente è una conversazione da salotto tra quegli stessi personaggi, uniti da un legame di amicizia ma anche da segreti e “stordimenti”, la stessa parola che usa Schnitzler in “Girotondo”. Tutto procede tra parole dette e non dette, allusioni e piccole schermaglie, pianti e accuse ma sempre nello stile adatto a signore e signori, attenti a non portare in superficie la coscienza e le cose che non si vogliono vedere.
 Poi, come un pugno nello stomaco, quasi un risveglio da un sogno, Romeo Daddi interpretato con peso e levità da Sandro Lombardi, confessa un delitto commesso trent’anni prima, di cui ricorda però i più scioccanti particolari come la testa del ragazzino sfracellata da una pietra, la lucertolina morta che giaceva “con il bianco della pancia rivolta alla luna”, la luna in cielo, la solitudine eterna.  Ma allora quelle teste giganti di alligatori non sono forse il riaffiorare alla coscienza di quel ricordo sepolto come un “sogno lasciato sotto la luna?” Non rappresentano forse l’altra faccia del perbenismo, delle apparenze?  Mostri che si celano dentro di ognuno di noi e che sono pronti a strisciare fuori quando la realtà si sovrappone al sogno  e torniamo in noi stessi?
Daddi parla di quel fatto come un “delitto innocente”, avvenuto per via “dell’incoscienza del corpo, la luna, il caldo… certe cose avvengono non si sa come”. Quando l’istinto prevale, non siamo coscienti delle nostre azioni, commettiamo “delitti innocenti”  che sappiamo tenere nascosti, e di cui non ci sentiamo colpevoli.
Nel momento in cui Daddi “commette” la verità, è creduto pazzo da tutti, eppure la sua “pazzia”, magicamente apre il coperchio al vaso di Pandora colmo di segreti, scavando nelle coscienze, e alla fine nessuno sarà innocente, né colpevole.  Perché “chi può comandare i sogni” dove siamo liberi di commettere  tutti i delitti possibili immaginabili?
Pirandello mette il dito sul “marcio” che abbiamo dentro, sul “ buio che si è aperto e poi richiuso”, e lo fa con spietata lucidità usando prima di tutto questo titolo criptico, quasi senza senso, un pezzo strappato a una conversazione, una frase udita in un salotto per bene, che l’Artista ci butta lì, come si butta un osso al cane, per attirarci nella sua logica illogica, nel suo bianco che è anche nero, il male che è anche bene, il sogno che è anche realtà.
Daddi non si sente colpevole del male che ha fatto, quasi fosse stato un altro a compierlo, ma la sua coscienza cerca la punizione, per ripulirsi da quell’atto istintivo e allora farà in modo che anche l’amico Giorgio, “non si sa come”, si macchi di un delitto.
Non si sa come… ma i testi di Pirandello continuano con successo a coinvolgerci nelle sue dissertazioni sull’uomo,  con una leggerezza formale che fa bene ai nostri istinti e una profondità che fa paura alle nostre coscienze.
Pirandello è sempre Pirandello.

Daria D.


Personaggi e interpreti:
Romeo Daddi: Sandro Lombardi
Bice Daddi: Pia Lanciotti
Giorgio Vanzi: Francesco Colella
Ginevra Vanzi: Elena Ghiaurov

Nicola Respi: Marco Brinzi

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