08 febbraio, 2014

“La coscienza di Zeno” Confessioni su un palcoscenico: mi chiamo Zeno. memorie dell’Uomo, dal Novecento al 2014. Di Flavia Severin


Teatro Carcano, Milano. Domenica 26 gennaio 2014

h. 15:30, buio, un sipario rosso si apre.
Inizia lo spettacolo con una scenografia essenziale ma allo stesso tempo elegante e minuziosa: un tavolino, una poltrona e uno sfondo di pareti scorrevoli fa da supporto alla prima scena.
Zeno Cosini, nato nel 1857, sposato da 23 anni, 2 figli Antonia e Alfio si confessa dallo psicologo.
E’ così che con estrema fedeltà alla versione de La Coscienza di Zeno del 1964 di Tullio Kezich, grande sceneggiatore e cinematografo, che il regista Maurizio Scaparro indaga l’uomo e le sue frustrazioni attraverso l’atmosfera del business triestino, tra borsa ed esperti commercianti e malintesi amorosi che fomentano imbarazzi e insuccessi del protagonista.

Il segreto è proprio un ambiente essenziale che permette di concentrarsi sulla recitazione impeccabile e coinvolgente di attori talentuosi come il protagonista Giuseppe Pambieri, che si fonde totalmente con Zeno, iniziando a coinvolgerci nella sua storia che parte dalla morte del padre, e dal suo comportamento in fin di vita che lo ha profondamente turbato.

Durante tutto lo spettacolo sembra che il protagonista si confidi con il pubblico: siamo il suo taccuino su cui appunta le sue memorie e le sue paure, siamo il suo diario. E’ così coinvolgente e pieno di quesiti e situazioni che non sa risolvere che ci sentiamo immedesimati nella sua impotenza e perenne insoddisfazione tanto da fare il tifo per lui!
Ci svela perché ha iniziato la terapia, perché ha sempre avuto dei vizi nati da traumi passati e che in realtà sta ripetendo il suo modus operandi e non sa come uscirne. 
Nel confessarsi a cuore aperto con noi, si percepisce la sua inquietudine e divergenza tra ciò che vuole e ciò che davvero riesce a ottenere. In termini moderni la chiameremmo dissonanza cognitiva, concetto introdotto nel 1957 da Leon Festinger, che definisce quella persona che è incoerente tra idee e azioni.
Infatti tutti i suoi sforzi nel far coincidere convinzioni e comportamenti sono vani fin dall’inizio: primo tra tutti avviene quando, innamorato di Ada, la sorella più bella della famiglia Malfenti, finisce invece col sposare Augusta, la più bruttina e ancor prima quando tenta di aprire un’impresa commerciale nella Triste dell’epoca dove vive, non avendo nemmeno idea di come fare, attirando le prese in giro del suocero e delle cognate.
Ma egli è pieno di queste contraddizioni, e si sente malato anche perché si sente diverso dagli altri che invece sono sani e che restano statici nel loro mondo e nel loro modo di essere. E Zeno decide proprio di spezzare la catena del vizio, dell’inutile e controproducente malcontento, prendendo consapevolezza di sè e dei suoi limiti, accentadoli.  Ed è qui che insieme a lui, riemergiamo da questa sensazione di prigionia in una vita che non ci appartiene ma ci è praticamente imposta. E’ con l’accettazione del sé e della propria natura umana e in quanto tale fallibile, difettosa e complicata che si ribaltano le sorti e Zeno, da perdente, diventa un vincente soddisfatto. Dal sentirsi impotente, come vittima sacrificale degli eventi che si susseguono e che lo rendono irrequieto e perennemente frustrato, si sente finalmente un vincitore e di conseguenza è guarito. La sua coscienza che ci disegna lui stesso attraverso il suo ricordo si scioglie in una vittoria con se stesso e con la conclusione che la vita non è bella e non è brutta, è originale!

Quasi due ore di full immersion del male di vivere dell’uomo moderno, perché la lungimiranza del personaggio sveviano prende vita e si anima come se fosse l’uomo di oggi, quello segnato dalla crisi, quello che dopo il sarcasmo iniziale e dopo la sua inettitudine, vince con la consapevolezza e la rassegnazione. Oltre a tutto ciò, si respira colui che vede quello che ha “scampato”: una moglie “sfiorita”, ovvero Ada caduta in depressione e un tracollo economico, quello del cognato che tenta il suicidio per questo, riuscendoci davvero, lasciando l’intera famiglia in lutto.
Alla fine si rivela essere tutto a favore di Zeno, tanto da essere considerato l’uomo migliore della famiglia, anche nonostante il suo tradimento con Carla Gerco, l’aspirante cantante e mantenuta.

Lo Zeno di fine Ottocento è estremamente contemporaneo nel descriversi, nel descrivere la sua malattia che accomuna l’Uomo del Novecento e quello di oggi, che si ritrova ad affrontare una crisi economica e la crisi della società stessa, che ribalta i cardini di ciò che è bene e ciò che è male, del concetto di famiglia, di educazione, di politica e così di tutti i massimi sistemi che si sono persi totalmente, lasciandoci in balìa dell’anarchia e del disordine che persino i nostri nonni avevano dimenticato dal boom economico post bellico.

Sotto certezze apparenti, in realtà si cela il nulla, l’angoscia più recondita e l’impotenza di non poter agire. E se nello spettacolo Zeno si sente libero dal peso della sua frustrazione iniziale, e si sente guarito e sereno grazie anche al fatto di essere riuscito a realizzare il suo obiettivo di diventare un commerciante, contrariamente alle aspettative di tutti, l’Uomo di oggi ancora non lo è, ancora non è pronto, sta ancora scrivendo la sua moderna coscienza, vivendola giorno per giorno.

E’ infine nell’ultima scena in cui il regista crea l’atmosfera più intima e riservata tra il protagonista rinato e saggio e il pubblico, tanto da renderla davvero epica. Zeno è seduto su una sedia, con alle spalle un orologio molto grande disegnato sullo sfondo, probabilmente simbolo del tempo che passa e spazza via tutto, luci abbassate a cerchio intorno a lui, ci rivela la sua profezia: la fine del mondo sarà provocata dall’uomo stesso, e la sua natura autodistruttiva verrà fuori toccando l’apice della sua potenza.

Flavia Severin


LA COSCIENZA DI ZENO

di:
Tullio Kezich dal romanzo di Italo Svevo
regia:
Maurizio Scaparro
interpreti principali:
Giuseppe Pambieri (Zeno Cosini)
Nino Bignamini (il dott. S. / Giovanni Malfenti)
Giancarlo Conde' (il dott. Coprosich / Enrico Copler)

e con (in ordine alfabetico)

Silvia Altrui (Anna Malfenti)
Margherita Mannino (Alberta Malfenti)
Guenda Goria (Ada Malfenti)
Marta Ossoli (Carla Gerco)
Antonia Renzella (Augusta Malfenti)
Raffaele Sinkovic (Luciano)
Anna Paola Vellaccio (La signora Malfenti)
Francesco Wolf (Guido Speier)

Produzione Compagnia del Teatro Carcano

scene di Lorenzo Cutuli
costumi di Carla Ricotti
musiche di Giancarlo Chiaramello


Lo spettacolo è inserito in INVITO A TEATRO

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