08 ottobre, 2013

“Antiteatre”, ma forse Morin voleva chiamarlo “Théâtre”! Di Stefano Duranti Poccetti


Parigi, Théâtre de la Bastille. Dal 18 septembre al 13 octobre 2013

Si chiama “Antiteatre”, ma in realtà non si tratta di un solo spettacolo; infatti “Antiteatre” fa, per così dire, da “copertina” a una serie di quattro pièce, che Gwenaël Morin porta in scena rielaborando in modo originale le drammaturgie dello scrittore tedesco Rainer Werner Fassbinder (1945 - 1982). Le opere rappresentate in questione sono, per ordine di messa in scena: “Anarchie en Bavière”, “Liberté à Brême”, “Gouttes dans l’océan” e “Le Village en flammes”.


"Anarchie en Bavière", foto di Marc Domage
In “Anarchie en Bavière” (Anarchia in Baviera) troviamo un palco praticamente vuoto, dove bastano un tavolo e qualche sedia, unici elementi scenici utili agli attori per raccontare una vicenda che vede una famiglia proclamare “L’anarchia”. “Abolire i soldi, abolire la Chiesa, abolire il matrimonio, abolire il lavoro…”, recita il testo: più niente di niente di niente, l’inizio dell’anarchia coincide con la fine delle istituzioni e con la nascita di quella che i personaggi della scena chiamano “Libertà”. Libertà cosa significa secondo loro? Semplicemente due cose: facoltà di non lavorare e possibilità di fare ciò che si vuole. È proprio questo che accade, ma è anche proprio per questo che mano a mano che si andrà avanti con l’opera ci renderà conto che l’anarchia al suo stato completo è, non solo nociva, ma peggio di una democrazia. Sulla scena si assiste a scene di violenza che possono essere attuate in nome dell’ “Anarchia e della Libertà”; si assiste poi a storie di Amore che finiscono a causa di questo stile di vita, che in fin dei conti diventa veramente una dittatura vera e propria.
La pièce è rappresentata come uno spettacolo da circo, visto che un’attrice armata di tamburo (Virginie Colemyn), a bordo scena, detta le vere e proprie azioni che i personaggi devono svolgere e chiama queste azioni “numeri”, proprio come i numeri da circo. In effetti l’elemento circense e comico è molto forte in questo spettacolo di Morin, dove temi profondi vengono trattati con una spensieratezza veramente divertente, senza che questa spensieratezza faccia perdere di spessore allo spettacolo. I personaggi si ritrovano volentieri attorno al tavolo per discorrere dello statuto dell’anarchia con al naso delle palline rosse: veri e propri clown in scena dunque, che riescono a infondere al dramma questo elemento circense, senza che quest’ultimo invada il decorso meramente drammaturgico e teatrale del dramma.

Liberté à Brême”, foto di Marc Domage
Liberté à Brême” (Libertà a Brema) è invece la storia di una donna alla ricerca della sua libertà. Per tutta la vita è costretta a subire i consigli o gli ordini degli altri (partner, mamma, sorella, figli) e la ragazza non trova modo migliore, per uscire da queste situazioni di sottomissione, di uccidere chiunque cerchi in qualche modo di ostacolare la sua indipendenza e lo fa con il veleno. Sarà una serie continua di omicidi (ucciderà anche la madre e i figli) e di confessioni – la ragazza infatti è religiosa e va sovente a pregare sotto la statua di una ipotetica Madonna, interpretata con un ché d’ironia da Virginie Colemyn, che vediamo dunque in questo spettacolo sotto altri panni. Tutto questo però non porterà niente alla ragazza, costretta all’infelicità eterna, proprio perché la libertà non si ottiene cambiando ciò che ci circonda, ma cambiando sé stessi.
Anche in questo caso troviamo una scena pulita: un tavolino, due sedie, un quadro (che può valere anche come finestra) sullo sfondo, dove però viene anche sfruttato il fuori scena; per rappresentare infatti la sottomissione della ragazza ai suoi uomini è stato creato un “percorso” che va dal palcoscenico fino all’inizio della platea – che ha valore di cucina –, dove la protagonista va a prendere da bere o da mangiare per soddisfare la fame o la sete di chi l’attende sul palco. Anche in questo caso l’autore non rinuncia a un registro comico per raccontarci in modo grottesco una storia dai valori in realtà così importanti.

Gouttes dans l’océan, foto di Marc Domage
In “Gouttes dans l’océan” (Gocce nell’oceano) viene rappresentata una storia di promiscuità sessuale. S’inizia con la storia dei due protagonisti - Léopold e il giovane Franz -, della loro conoscenza e del loro innamoramento omosessuale; si passa per i problemi della loro relazione, per arrivare infine al ritorno delle rispettive ex-fidanzate. La vicenda si conclude tragicamente, con la scoperta da parte di Franz del tradimento di Anna (la sua ragazza) con Léopold. È per questo che il ragazzo decide di suicidarsi con il veleno.
Per questa pièce Morin fa uso di un registro più tragico, non rinunciando comunque alla comicità, per uno spettacolo sul “disorientamento sessuale”, dove i protagonisti della scena sembrano veramente spaesati davanti alle loro scelte relazionali.
In quest’ambito rimane il gioco del fuori scena (così com’era stato per “Liberté à Brême”), ma appare un nuovo elemento scenografico: un sipario chiuso sullo sfondo, che prende spesso e volentieri la valenza di alcova amorosa da dove i protagonisti escono, spesso seminudi, dopo l’ipotetica effusione. La nudità esibita, come in altri spettacoli di “Antiteatre”, è un elemento forte in Morin; nudità che prende diverse forme e si carica di diversi contenuti: nudità in quanto godimento sessuale (“Gouttes dans l’océan”), nudità in quanto ricerca di libertà (“Anarchie en Bavière”)… Si tratta di una nudità che può assumere dunque un aspetto libidico,  come del resto può assumere benissimo un valore comico e delle volte extradiegetico al testo.

Le Village en flammes”, foto di Marc Domage
Le Village en flammes” (Il Villaggio in fiamme), ultimo atto di questa “tetralogia”, è il racconto di una cittadina spagnola, il cui nome è Fuente Ovejúna. Qui il popolo vive in una situazione di povertà, mentre il comandante e il suo esercito vivono in una condizione di lusso, sottomettendo con il loro potere il villaggio. Alla fine il popolo deciderà di vendicarsi di tutto questo e lo farà uccidendo il comandante. Quando i giudici chiederanno agli abitanti del villaggio chi è stato a fare ciò tutti risponderanno insieme: “Fuente Ovejúna!”.
Sullo sfondo dei quadri, in secondo piano una fila di teste di manichini che guardano gli spettatori, in primo piano gli attori stessi, perfettamente allineati orizzontalmente e che a turno si alzano dalla loro sedia per recitare la propria parte. Si tratta di una grande prova di concentrazione da parte dei personaggi, una prova per raccontarci la classica storia del boia e della vittima, del carnefice e dello sfruttato. È la storia poi degli abitanti di un villaggio (vicenda realmente accaduta e ripresa da Lope De Vega - 1562-1635 - per la sua pièce “Fuenteovejuna”) capaci di rimanere uniti e di reagire insieme e non individualmente davanti a un oltraggio.

In definitiva dirò che “Antiteatre” è un paradosso, proprio perché niente di questo spettacolo ha dell’antiteatro, ma invece possiede tutto del Teatro. Del Teatro ha soprattutto la bravura attoriale, in tutte le sue componenti: azione, gesto, mimo, parola, per una serie di spettacoli in cui ritmo e timing sono veramente perfetti. Gli attori (tutti eccellenti) riescono, supportati da un grandioso testo drammaturgico, a tenerci incollati alle poltrone per circa cinque e ore e mezzo di Teatro, recitando in degli spazi praticamente poveri di scenografia, costretti dunque loro stessi a ricreare l’intera complessità delle azioni e delle scene attraverso i loro stessi strumenti. Vogliamo trovare degli antenati per questo genere di Teatro di Morin? Certo, come non pensare al “Teatro povero” di Jerzy Grotowski (1933 - 1999), dove era l’attore che creava lo spettacolo (supportato da pochissimi elementi scenici), tramite la sua abilità e la sua concretezza e creava tramite un gesto di Amore. Ecco: Concretezza e Amore, su questi due elementi potremmo dedicare qualche riga anche parlando del Teatro di Morin. Concretezza intesa come “verità” dell’attore, che riesce ad andare oltre la forma e a portare così il “suo” personaggio interiore verso il pubblico, e lo fa veramente, concretamente, in un atto di Amore, aprendosi agli spettatori e non chiudendosi dentro una finta forma. D’altra parte, se vogliamo parlare di altre personalità del Teatro francese contemporaneo, non fa una cosa molto diversa la sua collega Irina Brook, per la quale, certo, il Teatro è anche un luogo favoloso di elementi scenici e di colori, ma senza rinunciare mai alla concretezza e alla verità attoriale.
Altro antenato di Morin? Forse direi la Commedia dell’Arte, proprio per la capacità di questi attori, seppur senza maschera, di saper reagire da maschere, da maschere vere e concrete, dove è la personalità dell’uomo (non solo dell’attore) a fondersi armonicamente con la maschera portata in scena, che non è una maschera scenografica da carnevale, ma una maschera così pura da sembrare umana. Della Commedia dell’Arte c’è anche la velocità, il ritmo, il timing perfetto, il rapporto scambievole di conflitto e di accordo tra i personaggi, così rapido, improvviso e repentino.

Morin ha sicuramente degli antenati, ma la cosa più importante è che Morin è Morin e basta e che questo “Antiteatre” non è antiteatro, ma Teatro.

Stefano Duranti Poccetti



Antiteatre
d’après Rainer Werner Fassbinder
mise en scène Gwenaël Morin

Anarchie en Bavière suivi deLiberté à Brême (3 h)
les 18, 19, 20, 25, 26, 27 septembre et
les 2, 3, 4, 9, 10, 11 octobre à 21 h
Anarchie en Bavière (1969)
avec
Renaud Béchet,
Mélanie Bourgeois,
Virginie Colemyn,
Julian Eggerickx,
Barbara Jung,
Ulysse Pujo,
Natalie Royer,
Brahim Tekfa
Liberté à Brême (1971)
avec
Renaud Béchet,
Mélanie Bourgeois,
Virginie Colemyn,
Kathleen Dol,
Julian Eggerickx,
Pierre Germain,
François Gorrissen,
Barbara Jung,
Ulysse Pujo,
Natalie Royer,
Brahim Tekfa
L’intégrale (6 h) :
Anarchie en Bavière,
Liberté à Brême,
Gouttes dans l’océan,
Le Village en flammes
les samedis 21, 28 septembre et 5, 12 octobre à 17 h
Le Village en flammes (1970)
avec
Renaud Béchet,
Mélanie Bourgeois,
Kathleen Dol,
Julian Eggerickx,
Pierre Germain,
François Gorrissen,
Barbara Jung,
Ulysse Pujo,
Virginie Colemyn,
Natalie Royer,
Brahim Tekfa
Gouttes dans l’océan (1965) (1 h 40)
les dimanches 22, 29 septembre et
6, 13 octobre à 15 h
avec
Mélanie Bourgeois,
Pierre Germain,
Ulysse Pujo,
Natalie Royer
assistante à la mise en scène et dramaturge
Elsa Rooke
Production Théâtre du Point du Jour/compagnie
Gwenaël Morin. Coréalisation Théâtre de la Bastille,
Festival d’Automne à Paris. Avec le soutien du
DIESE#Rhône-Alpes. Avec le soutien de l’Adami.
Le Théâtre du Point du Jour est conventionné par le
Ministère de la Culture/DRAC Rhône-Alpes, la Région
Rhône-Alpes et la Ville de Lyon.
site du Théâtre du Point du jour
L’Arche est éditeur et agent théâtral du texte représenté.

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