08 ottobre, 2013

“Anche tu meridionale?”, “No, napoletano…” WEEK END di Annibale Ruccello. Di Mario Di Calo


Roma Teatro della Cometa. Fino al 20 ottobre 2013

Cavallo di battaglia di Barbara Valmorin che ne è stata interprete per ben tre volte con la regia di Marco Gagliardo al Teatro dell’Orologio di Roma nel 1983, con la regia dell’autore stesso Annibale Ruccello nel 1986 al Teatro Nuovo di Napoli e con la regia di Daniele Segre al Teatro Politecnico di Roma nel 1995, WEEK END viene finalmente messo in scena nel 2013 al Teatro della Cometa in una fortunata edizione con la regia di Luca De Bei.
…ci steva na vota in un paese vicino al mio una signora ricca. Ma ricca assai, che non si era voluta sposare. Che ne faceva di tutti i suoi soldi? Amanti? Viaggi? Divertimenti? E chi lo sa. Questa signora, che era molto ricca e che non si era voluta sposare, era zoppa alla coscia sinistra. E tutti i suoi soldi erano diventati una scarpa d’oro che essa teneva al piede sinistro…” (terzo quadro/primo tempo). In questa battuta che enuncia la protagonista Ida è da riassumere la similitudine tra il personaggio della mitologia popolare e se stessa, claudicante per “una cattiva ingessatura”, trasferitasi dal suo paese dell’entroterra campano nella periferia della capitale per insegnare inglese e francese, ma all’occorrenza anche per ripetizioni di italiano; vive la sua “diversità” in maniera traumatica, mai integrata va avanti fra immaginazione e realtà, il suo mondo è sospeso in bilico in un fiabesco sogno irreale di cui non si sa mai quali conseguenze ne scaturiranno - quello che in psicanalisi si diagnosticherebbe come una persona borderline.
Qui viene narrato un lungo weekend in cui la nostra mieterà due delle sue giovani vittime, uno svogliato studentello ed un avvenente idraulico, ma sono solo due delle tante “vittime” che cadranno nella sua accurata e complicata ragnatela.
Annibale Ruccello si conferma, nonostante scomparso prematuramente nel settembre del 1986, uno dei maggiori drammaturghi attualmente in circolazione; nonostante il testo sia lievemente datato, riesce in una sapiente e straordinaria maestria a mescolare sempre, fino al bellissimo finale in crescendo, le carte, giocando costantemente fra immaginazione e realtà; la sua professoressa Ida ci porta immediatamente in un’atmosfera da giallo con una suspense al vetriolo e il suo coltello da macellaio innalzato, assestato sulle sue vittime, rimane in sospeso fino alla fine, non sapremo mai se queste altre due vittime andranno a rimpinguare quello “sgabuzzino pieno dei corpi dei suoi amanti”; l’autore riesce inoltre anche a farci ridere della sua eroina… insomma questo piccolo capolavoro dovrebbe entrare di diritto nel repertorio nazionale.
E ben fa Luca De Bei a riportarcelo alla memoria, virgolettando la sua regia; quei favolosi anni Ottanta sono perfettamente rappresentati nelle intenzioni come nella raffigurazione, si va da una colonna sonora tutta en francais a Novantesimo minuto di Paolo Valenti, da un interno ricavato in un’asfissiante sottotangenziale, con una sopraelevata che attraversa trasversalmente tutta la scena, ad un mobile bar che all’occorrenza si illumina mostrando il  mosaico di specchietti, ad un profluvio di liquore Strega ai parati tipici di quegli anni… insomma, in accordo con il fantasioso quanto geniale scenografo Francesco Ghisu, il regista ci racconta molto di più di un’epoca, ci racconta più di quanto non sia stato detto dall’autore stesso, essendo lui medesimo un autore notevole, e sono riuscitissimi quei momenti di lunghissimi silenzi riempiti da azioni quotidiane, da quotidiana solitudine, da tutto quello che non sia stato già detto.
Margherita Di Rauso, una sigaretta via l’altra, legata al filo del telefono come la sua parente stretta Jennifer, ha la giusta età, ha il giusto spessore emotivo per raccontare la sua: intenzioni sottintese, ossessioni maniacali, manie reiterate, abissi incolmabili. È una corda tesa dall’inizio fino alla fine, un percorso dritto e preciso senza dare allo spettatore un attimo di tregua; un’ora e quaranta sempre al massimo, il sesso vissuto come malessere esistenziale può essere in questo caso sia immaginario che esercitato in un’occasionale weekend; le sono accanto in maniera diversa, ma altrettanto efficace, Brenno Placido, che delinea il suo Marco con romanesca strafottenza per poi mostrare la sua fragilità quando tocca anche a lui “diventare uomo” e  Giulio Forges Davanzati, che ha la giusta spavalderia e la giusta strafottenza tipica dell’estrazione sociale da cui proviene, ma anche derivante dalla tracotanza dell’avvenenza fisica. Il suo Narciso napoletano di nascita ma romano di adozione, nudo per un buon quadro dello spettacolo, non mostra imbarazzi, riscatta il suo personaggio in un finale dalle aperte prospettive.

Mario Di Calo


I MAGI s.rl. e MADIRA s.r.l.
presentano
WEEK END di Annibale Ruccello
con Margherita Di Rauso, Giulio Forges Davanzati, Brenno Placido
regia Luca De Bei
scene Francesco Ghisu
costumi Lucia Mariani

in scena fino al 20 ottobre

Teatro della Cometa, Roma

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