25 luglio, 2012

Tra Wagner, Glanert, Wolf e Haydn, le candele si spengono, gli applausi si accendono



Ex Macelli, Montepulciano, Cantiere Internazionale d’Arte. Domenica 22 luglio 2012
Il direttore Roland Böer e il pianista Markus Bellheim
con l’Orchestra del Royal Northern College of Music di Manchester

Il concerto sinfonico si apre sulle note de “L’Idillio di Sigfrido” di Wagner, dove l’orchestra di Manchester, guidata dal direttore Böer, dimostra di essere pienamente all’altezza di un brano così intenso, carico di forte emotività. “L’Idillio”, com’è tipico nella musica wagneriana, è caratterizzato da una grande liricità, una liricità che si trasforma sovente in forza, forza d’intensità, un’intensità trasmessa attraverso le “melodie lunghe”, portando gli strumenti al massimo della loro estensione. Tutto questo è stato sviluppato ottimamente dall’orchestra, veramente calda, pulita, tecnicamente abilissima nel fare ascoltare in sala un “vero Wagner”, un Wagner che arriva direttamente al cuore dell’astante.
La serata musicale continua con il “Concerto per pianoforte ed orchestra n. 1 op. 27” di Detlev Glanert,  composto nel 1994. Anche in questo nulla si può dire sull’orchestra e sul punto di vista del direttore, come niente si può dire sull’eccellente interpretazione pianistica di Markus Bellheim, che riesce a dare un senso a uno spartito pianistico a cui il senso è difficile da trovare. La composizione di Glanert è infatti veramente pesante: troppo lunga, troppe false chiusure, una composizione faticosa sia da suonare che da ascoltare. La prima parte del brano non è neanche male, almeno finché non si comincia a giocare con esagerazione con gli effetti orchestrali –l’uso troppo variegato delle percussioni ne è forse il più palese esempio-, che rendono il tutto troppo appesantito e caotico. Altre caratteristiche del brano –che a mio avviso diventano un limite- sono i suoi passaggi da scale atonali a scale tonali, dove questi passaggi si attuano in modo anche rocambolesco e casuale. Non mi sembra insomma che il compositore abbia voluto attribuire un ruolo preciso alle singole parti della sua creazione, ma, anzi, sembra che abbia attaccato le diverse parti “ad libitum”, casualmente, perdendo così la sostanza del brano.
Nel secondo tempo s’inizia con la “Serenata Italiana in Sol Maggiore” di Hugo Wolf, un bel pezzo, in cui emergono i caldi toni italiani, delle volte lirici, delle volte danzanti, anche in questo caso resi con accuratezza dai musicisti.
Ultima composizione in programma è la “Sinfonia n. 45 in Fa# minore Hob.L:45”, di Franz Joseph Haydn, meglio conosciuta come la “Sinfonia degli addii”, dove Roland Böer, dimostrando anche le sue eccellenti doti da clavicembalista, propone di questa un’interpretazione in linea con la tradizione, con i musicisti che, nel quarto e ultimo movimento, si alzano dalle sedie spegnendo le candele dei loro leggii, andando via dal palcoscenico. Sono solo due violiniste che rimangono a suonare nel finale e la composizione termina sulle loro note in sordina.
Siamo a Eszterhaza, nel 1772, alla corte del principe Nikolaus Esterházy, quando Haydn scrive questa sinfonia attribuendole un significato ben preciso. Ai musicisti era infatti stato vietato di lasciare la città per rivedere le proprie famiglie, così il compositore austriaco, unito da un legame, oltreché professionale, affettivo con i suoi musicisti, scrive una sinfonia di protesta, che mette in evidenza l’eccessiva rigidezza del principe, proprio facendo sì che i membri dell’orchestra escano dal palcoscenico, come simbolo del ritorno a casa dalle famiglie.
Una serata musicale piacevolissima, in tutti i suoi aspetti, e il loro “addio” i musicisti ce lo hanno dato proprio nel migliore dei modi.

Stefano Duranti Poccetti




Nessun commento:

Posta un commento