Ex
Macelli, Montepulciano, Cantiere Internazionale d’Arte. Domenica 22 luglio 2012
Il
direttore Roland Böer e il pianista Markus Bellheim
con
l’Orchestra del Royal Northern College of Music di Manchester
Il concerto sinfonico
si apre sulle note de “L’Idillio di Sigfrido” di Wagner, dove l’orchestra di
Manchester, guidata dal direttore Böer, dimostra di essere pienamente
all’altezza di un brano così intenso, carico di forte emotività. “L’Idillio”,
com’è tipico nella musica wagneriana, è caratterizzato da una grande liricità,
una liricità che si trasforma sovente in forza, forza d’intensità, un’intensità
trasmessa attraverso le “melodie lunghe”, portando gli strumenti al massimo
della loro estensione. Tutto questo è stato sviluppato ottimamente
dall’orchestra, veramente calda, pulita, tecnicamente abilissima nel fare
ascoltare in sala un “vero Wagner”, un Wagner che arriva direttamente al cuore
dell’astante.
La serata musicale
continua con il “Concerto per pianoforte ed orchestra n. 1 op. 27” di Detlev
Glanert, composto nel 1994. Anche in
questo nulla si può dire sull’orchestra e sul punto di vista del direttore,
come niente si può dire sull’eccellente interpretazione pianistica di Markus
Bellheim, che riesce a dare un senso a uno spartito pianistico a cui il senso è
difficile da trovare. La composizione di Glanert è infatti veramente pesante:
troppo lunga, troppe false chiusure, una composizione faticosa sia da suonare
che da ascoltare. La prima parte del brano non è neanche male, almeno finché
non si comincia a giocare con esagerazione con gli effetti orchestrali –l’uso
troppo variegato delle percussioni ne è forse il più palese esempio-, che
rendono il tutto troppo appesantito e caotico. Altre caratteristiche del brano
–che a mio avviso diventano un limite- sono i suoi passaggi da scale atonali a
scale tonali, dove questi passaggi si attuano in modo anche rocambolesco e
casuale. Non mi sembra insomma che il compositore abbia voluto attribuire un ruolo
preciso alle singole parti della sua creazione, ma, anzi, sembra che abbia
attaccato le diverse parti “ad libitum”, casualmente, perdendo così la sostanza
del brano.
Nel secondo tempo
s’inizia con la “Serenata Italiana in Sol Maggiore” di Hugo Wolf, un bel pezzo,
in cui emergono i caldi toni italiani, delle volte lirici, delle volte
danzanti, anche in questo caso resi con accuratezza dai musicisti.
Ultima composizione
in programma è la “Sinfonia n. 45 in Fa# minore Hob.L:45”, di Franz Joseph
Haydn, meglio conosciuta come la “Sinfonia degli addii”, dove Roland Böer,
dimostrando anche le sue eccellenti doti da clavicembalista, propone di questa un’interpretazione
in linea con la tradizione, con i musicisti che, nel quarto e ultimo movimento,
si alzano dalle sedie spegnendo le candele dei loro leggii, andando via dal
palcoscenico. Sono solo due violiniste che rimangono a suonare nel finale e la
composizione termina sulle loro note in sordina.
Siamo a Eszterhaza,
nel 1772, alla corte del principe Nikolaus Esterházy, quando Haydn scrive
questa sinfonia attribuendole un significato ben preciso. Ai musicisti era
infatti stato vietato di lasciare la città per rivedere le proprie famiglie,
così il compositore austriaco, unito da un legame, oltreché professionale,
affettivo con i suoi musicisti, scrive una sinfonia di protesta, che mette in
evidenza l’eccessiva rigidezza del principe, proprio facendo sì che i membri
dell’orchestra escano dal palcoscenico, come simbolo del ritorno a casa dalle
famiglie.
Una serata musicale
piacevolissima, in tutti i suoi aspetti, e il loro “addio” i musicisti ce lo hanno
dato proprio nel migliore dei modi.
Stefano Duranti
Poccetti
Nessun commento:
Posta un commento