"The Artist" è stato il film più premiato della Notte degli Oscar: vince come miglior film, la migliore regia di Michel
Hazanavicius, il migliore attore, con il protagonista con Jean Dujardin (primo francese a conquistare tale riconoscimento), la
migliore colonna sonora e i migliori costumi.
Il nostro critico di Cinema Antonio Castaldo aveva scritto tempo fa una recensione del film, che mi permetto di riproporre, come già avevo fatto per "Cesare deve Morire", vincitore a Berlino.
"The Artist": la crisi ci fa sognare
In un momento in cui il cinema contemporaneo sembra aver
trovato nella tridimensionalità posticcia l’unica via di scampo per uscire
dalla crisi, non solo economica, ma soprattutto di idee e di linguaggio, ecco
arrivare in Italia The Artist, del regista francese Michel Hazanavicius. Un
film muto, proprio come se ne facevano una volta, rigorosamente in bianco e
nero, con inquadrature e tecnicismi dettagliatamente da cinema anni ‘20. È
stato adottato persino il formato dell’epoca, l’originario 1:1,33. Qualcuno
potrebbe pensare, cosa ci fa nel 2012 un film muto, prodotto in Francia nelle
sale italiane? Per capirlo basta dare un’occhiata alla pagina che Wikipedia
dedica al film: praticamente è per metà occupata dalla trama e da altre
comunicazioni di rito, mentre l’altra metà rende conto dei numerosissimi premi.
Si parte dal premio decisamente meritato per la migliore interpretazione
maschile a Jean Dujardin all’ultimo Festival di Cannes, per finire ad una serie
interminabile di riconoscimenti e nomination nei tanti, diversi e oramai
variegati festival in giro per il mondo. Cosa succede? I critici di tutto il
mondo soffrono di nostalgia? Ricordano con candore quando infanti venivano
accompagnati al cinema dalle casalinghe madri divoratrici di fotoromanzi? O
forse come succede spesso quando ci sono grossi cambiamenti in atto ricorriamo
alle origini? Sinceramente non lo so, ne tanto meno vorrei azzardare una tesi
al riguardo. Se però, ricercando nelle classifiche dei film premiati nei
maggiori festival d’Europa degli ultimi anni, mi accorgo che tanti film sono in
bianco e in nero, come Il Nastro Bianco 2009 di Michael Haneke, o film quasi senza dialoghi, come Bal del regista turco Semih Kaplanoglu, premiato
con l’Orso d’oro a Berlino nel 2010, allora mi viene da pensare che The
Artist non è solo un film muto in bianco
e nero francese,The Artist non è una scommessa del regista o del produttore
folle che investe soldi di tasca sua per realizzarlo. The Artist arriva da un
percorso che si sta consolidando da un po’ di tempo nel cinema d’autore. Autori
raffinati che considerano il cinema muto la forma più pura per una narrazione,
in quanto un film fatto di sole immagini, oltre ad essere più difficile da
realizzare, richiede davvero grande intelligenza e conoscenza, ma soprattutto
grande sensibilità visiva. Quante infinite possibilità ci sono per realizzare
una scena muta? Si devono inventare le atmosfere, bisogna avere grande cura dei
dettagli, si deve ricorrere alla gestualità, alla fisicità degli attori. E l’ espressione
del viso? Quanto può essere forte un sorriso, un pianto, una carezza o uno
sguardo? Ecco, per chi fa questo mestiere e crede nella potenza visiva
dell’immagine fare un film senza le parole che spiegano tutto è il massimo.
Voler raggiungere il cuore degli spettatori senza che nessuno apra bocca
significa comunicare universalmente senza dover tradurre ogni gesto, ogni
situazione o atteggiamento. E poi chi vede un film di sole immagini deve
inventarsi i dialoghi e quindi è costretto a fare uso della propria
immaginazione, deve pensare, deve partecipare alla creazione. Ecco, The Artist
non solo ci parla, The Artist ci fa sognare e, come dicevo all’inizio, nei
momenti di crisi più intensi l’uomo ha sempre avuto bisogno dei sogni!
Antonio Castaldo
Nessun commento:
Posta un commento