25 febbraio, 2012

VIAGGIO ATTRAVERSO L'IMPOSSIBILE - sogni di cinema, a cura di Francesco Vignaroli. Prima puntata: "I sette Samurai"


Comincia così la nuova rubrica di cinema curata da Francesco Vignaroli "VIAGGIO ATTRAVERSO L'IMPOSSIBILE - sogni di cinema", con la recensione del film "I sette Samurai" di Akira Kurosawa ...


I SETTE SAMURAI (shichinin no samurai) GIAPPONE, 1954, 192'  B/N


REGIA: AKIRA KUROSAWA

INTERPRETI: TAKASHI SHIMURA,TOSHIRO MIFUNE, MINORU CHIAKI, DAISUKE KATO, KO KIMURA

EDIZIONE DVD : Sì, distribuito da MONDO HOME ENTERTAINMENT


Giappone del '500, epoca Sengoku: il paese è nel caos, stravolto dalle guerre civili tra i vari clan per la conquista del potere politico vacante. In un contesto simile, le campagne sono oggetto dei continui assalti perpetrati da sbandati e delinquenti di ogni sorta. Stanchi di questa situazione, i contadini di uno sperduto villaggio montano decidono di assoldare dei ronin-samurai senza padrone-per scacciare i banditi e salvare il raccolto. La ricerca si rivela inizialmente difficoltosa dato che, o per orgoglio vista la modestia dell'impresa che li attende, o per via della misera ricompensa proposta (solo vitto e alloggio), i vari samurai contattati declinano l'invito e non sempre con gentilezza. Il primo a rispondere all'appello è il veterano Kambei, cui spetterà il compito di scegliere gli altri compagni d'avventura, sei in tutto, tra cui il contadino Kikuchiyo (Mifune), desideroso di conquistarsi sul campo il titolo di samurai. Superate le reciproche diffidenze iniziali, contadini e guerrieri riusciranno a solidarizzare e a respingere l'assalto dei predoni, al termine di una durissima battaglia lunga tre giorni e tre notti.

Uno dei film più importanti dell'intera storia del cinema e forse il punto più alto della carriera di Kurosawa che, dopo il pluripremiato "RASHOMON"-Leone d'oro a Venezia 1951 e Oscar come miglior film straniero-impone definitivamente se stesso e il cinema giapponese all'attenzione del resto del mondo (non a caso Hollywood ne girerà un celebre - ancorché decisamente inferiore - remake in chiave western, "I MAGNIFICI SETTE",regia di John Sturges); a tutt'oggi, rimane il film giapponese che ha riscosso maggior successo all'estero...

Definire "I SETTE SAMURAI" un film d'avventura sarebbe davvero riduttivo,vista l'incredibile ricchezza e varietà di stili narrativi, tematiche sociali e riflessioni sull'uomo che fanno da contrappunto ideale ad una narrazione fluida e  comprensibile.
C'è ovviamente l'azione, caratterizzata da un respiro epico ed eroico, splendidamente filmata e coreografata in ogni sequenza di un film esteticamente perfetto dal primo all'ultimo minuto(innumerevoli le scene da antologia,su tutte il lunghissimo assedio finale al villaggio, che dura 45', un vero e proprio esempio da manuale di cinema d'azione; menzione particolare anche per il duello con i bambù tra Kyuzo e un altro samurai); ci sono però anche i contenuti, che il regista è riuscito ad inserire felicemente nel generale clima battagliero del film; durante i non rari momenti di pausa dall'azione, Kurosawa approfitta per approfondire le psicologie dei personaggi , arricchendoli di sfumature che conferiscono loro spessore e umanità, attraverso la narrazione di  significative microstorie (la folgorante presentazione di Kambei, il quale non esita a sacrificare la propria capigliatura-gesto inaudito per un samurai- pur di salvare un bambino dal suo rapitore; la scoperta dell'amore da parte di Katsushiro nel bosco fiorito; il passato di Kikuchiyo che, pur di spacciarsi per samurai, non esita ad esibire dei titoli fasulli; la generosità e l'umanità dell'apparentemente glaciale Kyuzo...). Non mancano inoltre spunti umoristici e picareschi,soprattutto grazie al fondamentale personaggio del contadino- samurai interpretato dall'istrionico e bravissimo Toshiro Mifune e ad alcuni personaggi di contorno( il pavidoYohei su tutti).
Il cuore del film è costituito dall' analisi del rapporto (un incontro/scontro) tra due classi sociali e quindi due culture-quella dei contadini e quella dei samurai- apparentemente inconciliabili tra loro e separate da rancori atavici. Se la prima ci viene mostrata attraverso una prospettiva collettiva, la seconda è affrontata in maniera molto più approfondita, dato che ciascuno dei 7 simboleggia  un particolare aspetto dell'etica dei samurai ma più che altro dell'etica nipponica tout court:Kambei rappresenta la saggezza e la maturità disincantata, Katsushiro la giovinezza e l'igenuità,Kyuzo l'ascetismo,Heihachi l'ottimismo e l'allegria, Gorobei la gentilezza e il buon senso, Shichiroji la fedeltà e l'abnegazione... fino ad arrivare a Kikuchiyo,figura centrale della storia, colui il quale, grazie alla propria trascinante esuberanza e al suo essere un "contadino dal cuore di samurai", riuscirà a far da tramite tra i poveri contadini e i valorosi guerrieri compiendo il miracolo dell'unione. È facile leggere tra le righe di questo tema centrale del film tutta una serie di convinzioni e valori tipici dell'umanesimo commosso e partecipe del regista. In primis, un appello accorato e toccante alla solidarietà tra gli uomini, unico argine di fronte alle avversità della vita; questa unione tra due categorie di individui tanto differenti tra loro potrà  compiersi però solo in virtù di uno sforzo reciproco di tolleranza e comprensione. In una delle scene più emozionanti e significative del film, Kikuchiyo  invita i sei  a recitare un salutare mea culpa nei confronti dei contadini, la classe sociale tradizionalmente oppressa da tutti, samurai compresi. La predica sortisce l'effetto desiderato: i samurai hanno ormai definitivamente preso atto che anche i miseri hanno le proprie ragioni e meritano rispetto-convinzione che Kurosawa veicola nei molti suoi film in cui si occupa degli "ultimi" - e decidono liberamente di rischiare la pelle per una giusta causa,senz'altra ricompensa in cambio che il seguire le proprie idee in piena libertà; dal canto loro,e qui veniamo ad un altro dei messaggi fondamentali del film ,i contadini mutueranno da Kambei e compagni un atteggiamento nuovo nei confronti della vita, non più passivo e rassegnato,bensì caparbio e coraggioso. La rassegnazione è, per Kurosawa, uno dei grandi mali dell'uomo, condizione esistenziale paralizzante che rende la vita insostenibile.
Altro tema di discussione sollevato dal film è l'interessante opera di  smitizzazione della figura del guerriero, spogliato di ogni attributo superomistico e mostrato come uomo in tutte le sue debolezze (anche i samurai hanno fame, freddo, paura, rabbia). Questa restituzione di una dimensione umana al samurai,se da un lato ne stempera l'aura eroica,dall'altro finisce per nobilitarlo come uomo. C'è quasi un processo di revisione del codice cavalleresco -il bushido-dei samurai, che rimanda metaforicamente ad una più ampia rimessa in discussione della rigida e sclerotizzata morale giapponese: i samurai di questo film violano in continuazione precetti comportamentali ritenuti insindacabili, a partire dalla già citata rasatura di Kambei, quando si accorgono che tali precetti confliggono con ideali ben più importanti, che sono quelli della giustizia,della pietà e della solidarietà verso il prossimo. E'in nome di questa "illuminazione" che permettono pure  ai contadini di utilizzare armi sottratte a samurai precedentemente uccisi, cosa che solitamente dovrebbe risultare sacrilega agli occhi di un guerriero; è sempre per lo stesso motivo che, nonostante venga proposta loro una missione non retribuita e per giunta degradante da un punto di vista professionale, i 7-o meglio, i 6+1, come indicato nello spiritoso striscione dipinto da Heihachi-decidono di mettere in gioco le proprie vite.Tutto ciò inoltre, pur nella piena consapevolezza della loro transitorietà e impotenza di fondo nei confronti della realtà e dell'inesorabile scorrere del tempo. È, questa, un'altra riflessione esistenziale che Kurosawa esprime più volte nel corso del film per bocca dell'affascinante figura del saggio e ormai disilluso Kambei (che sia l'alter-ego del regista?), interpretato dal grande Takashi Shimura : all'inizio, quando per cercare di dissuadere il giovane Katsushiro a diventare  suo discepolo afferma "HO FATTO ESPERIENZA COMBATTENDO IN TANTE BATTAGLIE,PERDENDOLE TUTTE"; più avanti, sempre rivolto a Katsushiro, quando gli offre una laconica sintesi della sua vita da guerriero: "DA GIOVANE,CERCHI DI MIGLIORARTI IN BATTAGLIA PER DIVENTARE UN GIORNO IL SIGNORE DI UN CASTELLO . INTANTO,IL TEMPO PASSA,I CAPELLI DIVENTANO BIANCHI,I FAMILIARI SONO MORTI E GLI AMICI SCOMPARSI..."sembra quasi di sentir parlare il tenente Drogo ne "Il deserto dei tartari"; nello splendido finale del film, quando, rivolto ai due compagni superstiti,riflette :"ANCHE STAVOLTA NOI SAMURAI ABBIAMO PERSO. I VERI VINCITORI SONO I CONTADINI". Non c'è qui rammarico per l'ingratitudine dei loro protetti -che, mentre i samurai commemorano silenziosamente in disparte i tumuli dei compagni caduti, festeggiano con canti e danze la vittoria lavorando nei campi-ma solo un'amara constatazione della caducità e provvisorietà della vita, acquisizioni tipiche dell'uomo maturo. Cionostante,l'aver agito secondo coscienza ha probabilmente fatto sentire Kambei e gli altri , profondamente vivi. Ne vale sempre la pena, insomma, sembra volerci rassicurare Kurosawa. Il senso del limite non può né deve impedirci di vivere il tempo che abbiamo a disposizione, con la massima intensità possibile. È quindi l'utopia il vero motore di questo film, malgrado questa chiusura malinconica e un po' pessimista, stemperata solo dal fatto che, in fondo, uno dei tre sopravvissuti è proprio Katsushiro,ovvero colui che rappresenta il futuro. Un film profondamente umano dunque, un film sull'uomo e per l'uomo da un grande umanista che regala ai suoi simili un caleidoscopico poema d'azione e sentimenti,semplice, profondo, emozionante, come avviene solo nei capolavori.


Da vedere assolutamente nella versione integrale di 3 ore e 12 minuti  e in giapponese sottotitolato(pessimo il ri-doppiaggio italiano realizzato appositamente per l'edizione digitale), se si vuole apprezzare davvero fino in fondo la grandezza del film. L' edizione approntata all'epoca per l'estero -riproposta peraltro tra i  contenuti bonus dell'edizione speciale a 2 dischi del film, unitamente ad un interessante documentario con interviste a Kurosawa e collaboratori - dura soltanto un paio d'ore ; un vero e proprio scempio del film, che in questa veste perde tantissimo sia a livello estetico che tematico, provare per credere!

Francesco Vignaroli

1 commento: