24 novembre, 2011

Pulmino fiat Theatre dei Semivolanti: un pulmino pieno di sogni


Anghiari e un parcheggio che siamo soliti immaginare e vedere assiepato di macchine: stasera no, un vecchio pulmino Fiat ne occupa lo spazio, solitario. Sono i “SemiVolanti” che presentano “Pulmino Fiat Theatre”, in cui brevi, diverse, piccole scene, quasi corti cinematografici, si susseguono di fronte a cinque spettatori per volta, stretti in uno spazio angusto. Il pulmino diviene, allora, raffigurazione di un mondo che, fra giochi marionettistici e performance, concerta momenti di sospensione dalla quotidianità. Una lavagnetta posta su un cavalletto riporta il menù della serata: “La fiaba araba”, “ Telemomò”, “Ordine e caos”, “Il nonno e la bambina”. “La fiaba araba” è la storia di un fringuello e una tartaruga chiamati da Dio, per portare un messaggio che veicola la ciclicità del mondo: gli uomini non muoiono, ma si rincarnano. A causa di una tartaruga dimentica e un fringuello menzognero, gli uomini capiscono il contrario, e la morte diviene la nostra più grande paura. “Telemomò”, è invece presentato da Andrea Cosentino, ospite dei “Semivolanti”. L’involucro di una vecchia televisione, una faccia che buca realmente lo schermo inesistente e saluta gli spettatori che, abituati alla passività cerebrale imposta dalla bidimensionalità televisiva, non rispondono. “Buonasera” insiste Andrea Cosentino, in attesa. Scatta l’imbarazzo, una risata generale, un timido “buonasera” di risposta e siamo dentro lo spettacolo. Nella sua comicità, Cosentino racchiude un messaggio velato: il non conoscere il senso della vita, ed il Papa stesso, dopo aver finalmente trovato il foglio giusto con scritto la verità delle verità, se lo lascia scivolare dalle mani. Silenzio, un’imbarazzata benedizione, il congedo della marionetta. In “Ordine e caos” il pulmino, invaso da bianche cartacce, si trasforma in un luogo in cui la danzatrice-attrice si muove fino a esplodere violentemente, enfatizzando il rumore della carta smossa: tensione corporale di forte impatto. Nel momento finale trova spazio anche la vocalità: “Sapete chi è un pessimista? È una persona che pensa che tutti gli altri siano carogne come lui. Per questo li odia”. Ne “Il nonno e la bambina” due marionette sono manovrate in un cesto, teatro nel teatro-pulmino. La voce ingenua e infantile della bimba investe il nonno di domande, che rassicurante risponde con estrema dolcezza: “Nonno cos’è la verità?”. Così prendono avvio i perché della piccola, che si muovono su tematiche molto forti e attuali, viste dalla prospettiva dell’infanzia. Le risposte, le classiche di ogni nonno, non donano assiomi inattaccabili, lasciando la libertà di dare nome e forma ai dubbi che lo spettacolo suscita. Un teatro che esce fuori dai suoi schemi e dai luoghi convenzionali, alla ricerca di un pubblico direttamente coinvolto nell’azione. Niente palco e platea distinti e lontani, ma un contatto prossimo e informale fra incontro e scontro. Uno spettacolo che non avviene davanti ma intorno allo spettatore, che sfrutta in toto la spazialità concessa, accarezzando tematiche attuali in momenti di sogno, immagine e parola.

Caterina Meniconi e Stefano Duranti Poccetti (dal giornale del Kilowatt Festival, 26 luglio 2009)

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