09 febbraio, 2016

Romolo Valli, il fascino della parola. Di Maria Laura Loiacono


Quando si pensa a Romolo Valli non lo si può non immaginare nella maestosa figura del (solo apparentemente) freddo “raisonneur” Leone Gala, che distrugge la propria realtà per poi ricostruirla, fedele all’idea che nella vita, come dice egli stesso,  bisogna “sapersi difendere”.
Ma Romolo Valli era certamente molto di più. Come dimenticare il meraviglioso volto angosciato dalla gelosia di Franco Venzi ne “L’amica delle mogli”, oppure l’incredibile personaggio del Padre ne “Il giardino dei Finzi Contini”, emblema del patimento consapevole di una situazione ormai giunta all’estremo.
Di Valli possiamo certamente ricordare tutto ciò, grazie alle registrazioni televisive ed ai film che vedono la sua partecipazione. Sicuramente di tutto il resto oggi non rimane traccia, se non attraverso gli articoli di giornale e le foto che lo ritraggono.
Tutto questo rischiava di restare nelle nebbie dell’ oblio, fino alla pubblicazione di un volume “Romolo Valli, l’attore che parla” di Maria Laura Loiacono, la biografia completa di Romolo Valli, pubblicato lo scorso anno dalla AG Book Publishing.  
Dopo tanti anni di silenzio su quest’attore, si era reso necessario ripercorrere la sua vita, ed è questo ciò è stato fatto, attraverso le sue stesse parole e le parole di chi lo ha conosciuto, insieme a commenti, riflessioni, analisi e descrizioni delle varie interpretazioni che offrono l’ immagine di chi è stato Valli.
Attraverso le parole delle recensioni e i vari commenti agli spettacoli, poi, il volume fornisce  una descrizione completa dello spettacolo e del lavoro d’attore di Valli al suo interno, e tratteggia l’immagine dei personaggi di quegli spettacoli che, ahimè, non avremo mai la fortuna di poter vedere in video, ma che resteranno per sempre impressi nella memoria di chi ha avuto la fortuna di assistervi. 
Di Valli ciò che colpisce, oltre alla sua figura sempre perfettamente inserita nel contesto scenico, è la parola. Ed è proprio la parola il centro focale di tutto il suo lavoro.
Estremamente convinto che la parola fosse importante per potersi raccontare, per poter parlare di sé, per potersi finanche ritrasmettere, egli sottolineava i pregi della parola e sulla  parola Valli concentrava il proprio lavoro teatrale  e la propria attenzione nella vita privata. Valli parlava, discuteva, e da grande affabulatore qual era, affascinava i propri interlocutori.
Ma il genio di Valli non si fermava qui: certamente vi era in lui una capacità di guardare oltre i contemporanei orizzonti teatrali ed artistici, e prova ne è la sua decisione di proporre De Lullo alla regia di Gigi (spettacolo che ebbe il proprio trionfo nella stagione 1954-55). Il trasformismo, l’essenza multi sfaccettata  di questo grande artista si ravvisa non solo a teatro (era capace, sul palco, di enormi trasformazioni)  ma anche nella vita reale. Attore, giornalista, scrittore, regista, cronista, critico teatrale, Valli riusciva ad essere tutto questo, oltre ad essere amico, confidente, presenza costante e sempre attiva. Senza dimenticarsi, però,  di imperversare ironicamente su tutto.  Perché  Valli amava l’ironia e non solo ne faceva una delle sue migliori armi di “seduzione”, ma questa era una qualità che amava molto trovare nei propri amici e conoscenti.
E certamente di Valli non dobbiamo dimenticare la vena polemica, quella volta ad essere sempre costruttiva e mai distruttiva. Quella vena polemica che si riaffacciava ogni qualvolta Valli vedeva tradito, sminuito il proprio lavoro o i propri ideali. Attento e partecipe della vita sociale, formidabile talent scout dal fiuto eccezionale, attento a tutto e a tutti , sapeva essere anche distaccato quando ravvisava furbizia.
La sua voce calma e morbida,  che diventava a tratti vibrante, a tratti più marcata, era ammaliatrice del pubblico che  trascinava in un turbinio di emozioni tali da portare quasi la platea sul palco per vivere in prima persona insieme a lui lo spettacolo .
Egli era sempre pronto a mettersi al servizio del regista perché secondo la sua visione era proprio la figura del regista a guidare l’intera opera, ad avere la visione d’insieme e quindi le capacità per poter mandare avanti l’intero impianto dello spettacolo. Senza protagonismi, senza alcun timore di confrontarsi con grandi nomi dello spettacolo, ben conscio delle proprie enormi capacità,  ma con il desiderio invece, di favorire la collaborazione ed il lavoro di gruppo.
E poi il percorso più personale che lo vede protagonista dal 1974 in poi con una propria compagnia (che porta il suo nome) e che lo eleva ai gradini più alti della bravura. Ciò fa sì che Valli diventi  uno dei più grandi, se non il più grande attore della storia del Teatro italiano. Grande parte del merito va anche a De Lullo, che seppe portare Valli su un percorso sempre più volto al suo perfezionamento. Unico rammarico, resta quello di non aver visto Valli protagonista di grandi produzione cinematografiche. Restano a noi, però, piccoli ma meravigliosi ruoli da lui interpretati, come il padre de “Il giardino dei Finzi Contini” o il capo sezione di “Un borghese piccolo piccolo”. Valli ci manca, manca a tutti noi, manca il suo estro e la sua straordinaria e multisfaccettata figura. La sua assenza è un vuoto che resterà per sempre incolmabile.

Maria Laura Loiacono

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