11 novembre, 2015

“Racconti triestini” di Giorgio Pressburger, dove realtà, verità e fantasia giocano a nascondersi. Di Paola Pini


Antico Caffè San Marco, Trieste. Novembre 2015

I “Racconti triestini” di Giorgio Pressburger(Marsilio, 2015) sono sette, o piuttosto sei più uno, come ha voluto precisare egli stesso durante l’affollatissimo incontro all’Antico Caffè San Marco, nel corso del quale Elvio Guagnini, saggista e critico letterario, ha presentato questa nuova raccolta. In che cosa si distingue l’ultimo da tutti gli altri? Ne racchiude tre, fra loro indipendenti, quasi volesse restare sospeso nel tempo, durare un po’ di più.
Tutti e sette hanno in comune la presenza di uno specifico luogo della città e un diverso protagonista, che assieme ad altri comprimari in esso si muove o nel quale si presenta in principio. Ecco che ci appaiono via Brunner, via Milano, Opicina, il Caffè Tommaseo, Borgo Teresiano, via Rismondo e, nel gran finale, Ponte Rosso, Via Belpoggio e Città Vecia-Via delle Beccherie, a far da sfondo alle vicende di un ingegnere, un’anziana insegnante di musica, un vivaista appassionato d’arte, una donna misteriosa e molto appariscente, un’altra che sembra uscita da un quadro fiammingo, una terza in lotta con vita e morte e, infine, un insegnante di filosofia, un avvocato ed un vecchio ebreo.
 

Personaggi reali? Potrebbero esserlo.Verità, realtà e fantasia si alternano e si confondono in un magico gioco di specchi che forse deforma o forse permette di cogliere meglio l’essenza del tutto, togliendo quanto sembra essere significativo, ma che in realtà è ridondante. Alcuni sembrano essere chiaramente riconoscibili, tutti perfettamente inseriti in questo contesto multiforme, nel quale le lingue si mescolano e a volte si usano pure assieme, senza che qui tutto ciò risulti bizzarro e che, come ogni Babele, arricchisce e permette di comprendere la realtà attraverso suoni diversi. Elvio Guagnini pone con acutezza l’accento sulla grandissima attenzione verso il fatto linguistico. Nel suo intervento l’Autore loconferma approfondendo ulteriormente il discorso e ponendo l’accento su tanti scrittori che non usarono la propria lingua madre nella creazione narrativa, soprattutto nell’area dell’Europa centrale,Franz Kafka o SándorMárai, per citarne solo alcuni, ma anche in Italia, nazione dagli infiniti dialetti.

L’italiano di Giorgio Pressburger, nato in Ungheria, che di lingue ne parla almeno sette e che con apparente semplicità esprime pensieri molto complessi ed eticamente pregni, è cristallina, lieve e precisissima. La sottile vena umoristica che percorre tutto il volume nasconde la commozione di chi comprende fino in fondo complessità e fragilità umane, osservandole e descrivendole in modo partecipe e amorevole. Non si tratta di semplici narrazioni e dalla lettura di ogni suo libro si esce sempre un po’ cambiati. L’Autore ha voluto collegare quest’ultima pubblicazione, ideata però più di dieci anni fa, alle “Storie dell’Ottavo Distretto”, scritte con il fratello gemello Nicola e ambientate in un quartiere di Budapest, loro città natale. Dal luogo di nascita a quello di adozione: Trieste, “dalla popolazione assolutamente atipica rispetto al resto d’Italia, in cui è ancora più vario questo insieme di gruppi umani”. 
Città “inventata”, come afferma uno dei personaggi? Potrebbe anche esserlo, oppure, come scrive l’Autore, a chiusura della sua premessa, che Guagnini invita a leggere con molta attenzione e alla quale si è portati più volte a ritornare, “È proprio qui uno degli aspetti più affascinanti di Trieste: è
essa stessa un monumento alla discreta, pigra, stravolta, dolente e gioiosa umanità.”

Paola Pini



Giorgio Pressburger – narratore, autore e regista teatrale, saggista – è nato a Budapest nel 1937. Si è rifugiato in Italia dopo l’invasione sovietica dell’Ungheria. Figura importante nel panorama culturale italiano e internazionale, è stato assessore alla cultura a Spoleto – sede del festival dei Due Mondi – e direttore dell’Istituto Italiano di Cultura a Budapest. Tra le sue opere: “Storie dell’Ottavo Distretto” (Marietti 1986, poi Einaudi) e “L’elefante verde” (Marietti 1988, poi Einaudi) scritti con il fratello Nicola; “La neve e la colpa” (Einaudi 1988, Premio Viareggio), “L’orologio di Monaco” (Einaudi 2003, Premio Mondello), “Nel regno oscuro” (Bompiani 2008), “Storia umana e inumana” (Bompiani 2013) [dal risvolto di copertina] 

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