28 giugno, 2015

Marie-Louise. Circo coreografico. Di Daria D.


Piccolo Teatro Strehler, Milano. Dal 26 al 28 giugno 2015

Florence Caillon ha saputo trasformare in danza, teatro, circo, quelle sensazioni, impressioni, palpitazioni che solo la grande pittura può comunicarci. Davanti a Bosch del Giardino delle delizie, all’Annunciazione del Botticelli, a una donna di Schiele, ai naufraghi della Zattera della Medusa dipinta da Géricault, Caillon ne avverte il potenziale drammatico, emotivo, spettacolare e lo fa suo, lei che è coreografa e regista e che nel 1999 utilizza il termine “circo coreografico” per Polar Cirque che segna l’inizio di una ricerca di movimento che mette insieme acrobati, giocolieri, danzatori classici e contemporanei.
Caillon sceglie per questo spettacolo la parola marie-louise che significa passe-partout, cioè quel bordo di cartone o tela che racchiude il soggetto, raffigurato in un quadro o in una fotografia, separandolo dalla cornice e in questo spazio, come una terra di nessuno, lei entra con le sue invenzioni coreografiche e registiche, raccontate e manifestate magicamente, da un gruppo di validissimi ballerini, acrobati e attori che formano la compagnia L' Éolienne.
Sullo sfondo di pannelli giganteschi che rappresentano le tele di noti pittori, con sottofondi musicali spesso classici, gli artisti entrano ed escono da “quadri alternativi” ricreati con molta libertà, mettendone in risalto i conflitti, i drammi, i colori, i significati, le luci, i movimenti.
Alcuni “quadri” sono particolarmente interessanti come le due ragazze che interpretano Le vecchie di Goya, pur essendone anagraficamente e fisicamente ben lontane. Caillon ha scavato dentro la tela, andando di là dall’apparenza, cogliendo negli sguardi grifagni e avvizziti delle due vecchie, il desiderio di essere ancora giovani e piacenti. Anche l’interpretazione della solitudine e della depressione dei quadri di Hopper è ben resa dalla ballerina che assomiglia a un manichino sensuale, affascinante, usato e abusato da un uomo.

E Gli amanti di Magritte è senza’ altro motivo d’ispirazione per una danza tra un uomo e una donna che si cercano nel buio, come una prova di fiducia tra due esseri umani che non si vedono, ma si toccano, si fiutano, si respirano. Un lasciarsi e un ritrovarsi, come nell’amore.
Una metafora della vita è il flamenco che si trasforma in lotta rituale, in corrida, in corteggiamento tra due uomini vestiti con sottoveste nera e rossa, ispirata dal quadro La partita a scacchi di Maria Helena Vieira De Silva.
Bello il finale con i ballerini acrobati che sembrano uscire dalla zattera di Gericault, appesi alle sartie, volteggiano tra i marosi, avvinghiati, intrappolati, disperati in cerca di salvezza.
Uno spettacolo piacevole, ben interpretato e diretto, cui lo spettatore si lascia andare senza fatica, impazientemente aspettando di vedere come Florence Caillon ha ricreato quei quadri a lui ben noti e se invece non lo fossero, nel foyer è allestita una piccola mostra con le foto e le spiegazioni di tutti i dipinti.
Alla fine, possiamo ritenerci soddisfatti e contenti per quello che abbiamo visto, sentito e provato.

Daria D.


Marie-Louise. Circo coreografico

ideazione e coreografia Florence Caillon
musiche originali Xavier Demerliac, Florence Caillon
luci Dominique Maréchal, Gilles Mogis, costumi Flora Loyau
con Victoria Belen-Martinez, Laura Collin, Arnaud Jamin, Sébastien Jolly, Marion Soyer, Guillaume Varin
produzione Compagnia L’Éolienne

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