08 gennaio, 2015

“La Verità” scritto e diretto da Daniele Finzi Pasca. Poema acrobatico e surrealistico con 13 artisti e un vero Dalí in scena. Di Daria D.


Piccolo Teatro Strehler, Milano.Dal 27 dicembre 2014 all'11 gennaio 2015

Il “fondale ritrovato” sembra il titolo di una fiaba invece è quello di una storia vera, anche se intrisa di magia e di fortuna. Stiamo parlando di un fondale dipinto da Dalì che, dopo essere stato dimenticato in una cassa di legno, nel deposito di un teatro di New York, viene finalmente ritrovato. È un pezzo unico, dipinto dal grande pittore surrealista negli anni Quaranta per la scenografia del balletto Tristan fou, la sua versione “surrealista” dell’opera Tristano e Isotta di Richard Wagner.

Danzato dalla compagnia ‘International Ballet du Marquis Georges de Cuevas’, il “Tristano pazzo” va in scena per la prima volta il 15 dicembre 1944 all’International Theater di New York. Per questo balletto - storia di “amore nella morte e morte nell’amore” - Dalí crea due fondali: La Forêt des idylles au printemps (La foresta degli idilli in primavera), che rappresenta due grandi figure umane in forma d’albero; L’Île de la mort en automne (L’isola della morte in autunno) ispirata al quadro L’isola dei morti di Böcklin con, al centro, tre enormi teste di cavallo, riferimento al quadro I cavalli del faraone di Herring. Il primo fondale (quello di La Verità) è la scena di apertura di Tristan fou: un’immagine impressionante, folgorante. Per i critici di allora, “troppo imponente”.

Il modellino del fondale e gli schizzi originali del paesaggio, realizzati da Dalí nel 1938 e rubati dai nazisti, dopo la guerra vengono ritrovati e affidati alla Fondazione Dalí Figueras (Spagna). Il fondale ha invece una storia diversa: terminate le repliche di Tristan fou, scompare fino al Natale del 2010, quando la fondazione europea che ne ha acquisito la proprietà contatta Finzi Pasca, proponendogli di creare uno spettacolo in cui il fondale sia parte e ispirazione. La sola condizione è che l’identità del committente resti anonima. In giacenza per 60 anni negli scantinati del MET di New York, il fondale era appartenuto a un’erede del Marchese Georges de Cuevas, peraltro moglie di un Rockfeller, finanziatore della produzione originale di Tristan fou.

Trovarsi di fronte il gigantesco fondale, dove due figure misteriose, una velata e ammantata di azzurro e l’altra con il capo coperto da un soffione a mò di cappellino e radici di albero come tatuaggi sulla pelle, si guardano sullo sfondo di un paesaggio rinascimentale costellato di stampelle rosse e un carretto solitario, è una grande emozione, cui nient’ altro si potrebbe aggiungere. Di una potenza impressionante, cerchiamo di carpirne il significato e più ci sforziamo e meno lo troviamo, allora, ecco che entrano in scena acrobati e ballerini, imbonitori e giocolieri, trapezisti e musicisti, per cercare di spigarci l’inspiegabile.
Lo spettacolo è forse la storia dell’amore folle di Tristano per Isotta? E’ forse un vaudeville che cerca di far colpo a forza di luccichii e piume, ballerini vestiti da donne e ragazze che si contorcono attorno ad un palo come nei locali di strip-tease? O forse un circo itinerante, una corrida con un torero che si muove sulle stampelle e un toro legato a un carretto, che non fa più paura a nessuno? Forse un balletto ispirato a quelli di Djagilev? Forse è tutte queste cose insieme. Troppe? Probabilmente sì, la verità ha bisogno di meno.
Il fondale, per la bellezza, il surrealismo e la magia che emana, è senz’altro il protagonista dello spettacolo, anche se gli interpreti sono eccellenti in tutto quello che fanno, divertenti e simpatici.

La musica è bella ma a tratti monotona e i numeri e le esibizioni, se fossero meno lunghi, avrebbero più impatto, anche perché tendono a ripetere figure e contorsioni già viste.
Insomma, quando il fondale scompare, ne sentiamo la mancanza, e, anche se la scenografia di Finzi Pasca è immaginifica e suggestiva, ci sembra che la verità continui ad rimanere un enigma senza spiegazione. Come del resto, lo è la bellezza.

Daria D.



co-design luci e coreografie Daniele Finzi Pasca
direttrice di creazione, produttrice e partecipazione alla scrittura Julie Hamelin Finzi
musiche sound design e co-design coreografie Maria Bonzanigo
scenografia, accessori e ideazione Hugojo e L’hugo Hugo Gargiulo
produttore esecutivo e consulente artistico Antonio Vergamini
costumi Giovanna Buzzi
co-design luci Alexis Bowles
video designer Roberto Vitalini -
assistente alla regia Geneviève Dupéré
make-up designer e hairstyle designer Chiqui Barbé
direttore di produzione Marc Laliberté
consulente artistico Fabrizio Arigoni
ricercatore Facundo Ponce de León
creatore di sculture coreografiche Toni Vighetto
ideatrice Carré Mariève Hémond
ideatore ruota Cyr Daniel Cyr
con Moira Albertalli, Jean-Philippe Cuerrier, Annie-Kim Déry, Stéphane Gentilini,
Andrée-Anne Gingras-Roy, Catherine Girard, James Kingsford-Smith, Evelyne Laforest,

Francesco Lanciotti, David Menes, Marco Paoletti, Felix Salas, Beatriz Sayad, Rolando Tarquini
produzione Compagnia Finzi Pasca
con il supporto di Cornercard; Grand Hotel Villa Castagnola; OSI; RSI; La Place des Arts; Maison de la Culture de Nevers et de la Nièvre; Scène Nationale de Bayonne – Sud Aquitain; Citta di Lugano; Cantone Ticino; Pro Helvetia; Caffè Chicco d’Oro; Fidinam; Ernst Göhner Stiftung
in collaborazione con ATER - Associazione Teatrale Emilia Romagna
© Salvador Dalí, Fundación Gala-Salvador Dalí

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