Roma, Fontanone Estate. Lunedì 25 agosto 2014
Non si è mai troppo grandi per la
morte di un padre. A maggior ragione, se quel padre viene spazzato via dalla
violenza spietata della mafia. Il 5 gennaio 1984 Giuseppe Fava, detto Pippo,
bravo e coraggioso giornalista siciliano, fu ucciso nella sua auto con cinque
colpi di pistola. Il motivo, lampante per tutti, tranne che per l’universo
corrotto e colluso che orbitava intorno a lui e di cui lui parlava senza peli
sulla lingua. Parlava, accusava, metteva in luce quello che a quei tempi era
ancora quasi indicibile.
Affronto insopportabile. “Nel nome del padre”, monologo portato in scena con eleganza da Roberto Citran, è la pièce teatrale tratta dall’omonimo libro scritto dal figlio di Pippo, Claudio Fava (edito da Baldini e Castoldi). Un figlio che, dopo trenta anni da quel tragico giorno, cerca di riannodare i fili dei ricordi, forse di liberarsene, ma “le cose ci vengono dietro, come le mosche”. All’inizio, sul telo che fa da scena, insieme a tre sedie, viene proiettata una celebre intervista (Film Dossier – 1983) di Enzo Biagi a Fava. Il suo eloquio semplice, chiaro, disarmante. Chi scrive ricorda bene quell’intervista, il disincanto delle risposte, tanto da citarla ancora, anche io dopo trenta anni, come un esempio di luminosità in una società torbida, chissà se più o meno di oggi. Il dolore di un figlio che cerca di mettere in ordine i pensieri, collezionista di memorie, ormai padre anche lui.
Affronto insopportabile. “Nel nome del padre”, monologo portato in scena con eleganza da Roberto Citran, è la pièce teatrale tratta dall’omonimo libro scritto dal figlio di Pippo, Claudio Fava (edito da Baldini e Castoldi). Un figlio che, dopo trenta anni da quel tragico giorno, cerca di riannodare i fili dei ricordi, forse di liberarsene, ma “le cose ci vengono dietro, come le mosche”. All’inizio, sul telo che fa da scena, insieme a tre sedie, viene proiettata una celebre intervista (Film Dossier – 1983) di Enzo Biagi a Fava. Il suo eloquio semplice, chiaro, disarmante. Chi scrive ricorda bene quell’intervista, il disincanto delle risposte, tanto da citarla ancora, anche io dopo trenta anni, come un esempio di luminosità in una società torbida, chissà se più o meno di oggi. Il dolore di un figlio che cerca di mettere in ordine i pensieri, collezionista di memorie, ormai padre anche lui.

“Nel nome del padre” è un bell’esempio di
teatro civile, interpretato con adeguata sobrietà da un bravo attore come
Citran, un testo lucido e intimista, venato di dolore e tenerezza filiale.
Paolo
Leone
“Nel
nome del padre”,
di Claudio Fava
Interprete:
Roberto Citran
Regia:
Ninni Bruschetta
Scena:
Antonio Panzuto
Si
ringrazia l’ufficio stampa nella persona di Elisabetta Castiglioni
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