23 maggio, 2014

“Mangiare, bere, dormire. Storie di badanti e di badati”. Preziose occasioni di riflessione. Di Paolo Leone


Teatro Golden, Roma. 20 e 21 maggio 2014

Ci sono spettacoli belli, interessanti, che lasciano sensazioni profonde. Spesso occupano la scena nei teatri per pochi giorni, ospiti di un cartellone a fine stagione. E quello visto al Teatro Golden di Roma nelle due serate del 20 e 21 maggio, scritto e interpretato da Daniela Morozzi, “Mangiare, bere, dormire. Storie di badanti e di badati”, appartiene senz’altro a questa categoria. Classe, poesia, divertimento, allestimento suggestivo, eleganza, riflessione. Un canto dolente apre la serata, con la bellissima voce di Maria Grazia Campus, sentori di terre lontane, lamento di un’umanità prossima eppure sconosciuta, ignorata. Persone, innanzi tutto persone, con i propri vissuti difficili, fardelli pesanti e muti, a cui la vita non regala nulla. Sei donne, sei mondi, mirabilmente raccontati dalla Morozzi con grande efficacia e naturalezza. Dalla Romania, dall’Africa, dal Venezuela, dall’Albania, dalla Bulgaria, dall’Ucraina. Qualcuna torna nel proprio Paese, quasi tutte restano. “E’ una trappola migrare, non si torna più indietro”, alle condizioni da cui si è fuggiti.
Il sacrificio, l’amore negato o atteso, i figli, i mariti scappati. L’uomo è sempre il più debole, si sa. Universi che vengono in contatto, con le nostre famiglie, con noi, coi nostri affetti e i nostri sospetti di benestanti viziati. Racconti, poesie (tratte da “Ricordi di Alzheimer” di Alberto Bertoni) recitate da voci fuori scena, intrecciano le vite delle badanti con quelle dei badati, i nostri, che iniziano insieme a loro la fine dei propri giorni. Le avventure spesso dolorose di chi lascia le proprie radici vengono srotolate sulla bellissima scenografia, drappeggiata di lunghi teli color sabbia, anch’essa srotolata fino a lambire le prime poltrone, a ricordarci forse l’origine comune di tutti, badanti e badati, un’ unica madre terra. 

Con l’ausilio di Leonardo Brizzi al pianoforte, prezioso supporto alle parti recitate, nonché protagonista nella prima scena dello spettacolo in veste di spocchioso richiedente di assistenza per i genitori anziani, lo spettacolo prende corpo e ritmo sempre più sostanzioso, con momenti di drammaticità  e poesia notevoli, insieme ad altri opportunamente più divertenti, ma senza mai perdere quel senso di verità che trasuda in ogni parola e in ogni personaggio. Merito di una bravissima attrice come la Morozzi, che fà del calore umano la sua forza prorompente. Uno spaccato delle realtà che ospitiamo nelle nostre case, uno spettacolo che ha il merito di far riflettere, con  eleganza e incisività, sulla grande opportunità, per gli uni e per gli altri, per chi assiste e per chi è assistito, di conoscersi senza paure, di operare davvero la tanto sbandierata integrazione (spesso solo sulla carta) di culture diverse. La lettera con cui si chiude lo spettacolo, di un’emblematica “badante straniera”, colpisce in particolar modo chi ha avuto modo di venire in contatto con la necessità di un aiuto per un suo caro bisognoso di assistenza continua e suggella la bellezza e la grazia di questa pièce… “Sono la badante straniera, quella che improvvisamente entra nella vostra casa, nella vostra vita per sostituirvi o affiancarvi nella cura dei vostri cari… Io porto con me la mia differenza: il suono della mia lingua, il colore della mia pelle, le abitudini e le tradizioni della mia terra… Badare non è solo lavorare.”
Ci sono spettacoli belli, interessanti, che lasciano sensazioni profonde.

Paolo Leone


“Mangiare, bere, dormire. Storie di badanti e di badati” di Daniela Morozzi e Leonardo Brizzi.
Con: Daniela Morozzi, Leonardo Brizzi, Maria Grazia Campus.
Poesie tratte da “Ricordi di Alzheimer”, di Alberto Bertoni
Voci registrate: Riccardo Sottili e Marco Zannoni.
Regia: Riccardo Sottili; Collaborazione ai testi: Valerio Nardoni; Immagini fotografiche di Monique Erba Robin.

Scene e luci: Beatrice Ficalbi

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