23 febbraio, 2014

"Nell’anno del Signore", di Luigi Magni. La protervia del potere, modi diversi di combatterla. Di Paolo Leone


“Che fai nun me risponni me canti 'no stornello
lo vedi chi è er padrone insorgi, pia er cortello
Vojo canta così fiorin fiorello...”

Teatro dell’Angelo, Roma. Dal 20 febbraio al 23 marzo 2014

Roma,1825. Il potere temporale di Leone XII è particolarmente repressivo, caratterizzato dalla volontà di voler schiacciare ogni forma di libertà individuale, per timore di trame rivoluzionarie. E’ il periodo dei primi moti carbonari, di un popolo (come sempre) rassegnato e di Pasquino, la voce temutissima della satira, dello sberleffo al potere, forse ancor più pericolosa delle azioni violente dei rivoltosi. Nel 1969 il maestro Gigi Magni realizzò il suo bellissimo film, “Nell’anno del Signore”,  appunto, il primo di una fortunatissima trilogia, a cui seguirono “In nome del Papa Re” nel 1977 e “In nome del popolo sovrano” nel 1990.
Grandi film, con grandissimi interpreti. Antonello Avallone, nel suo Teatro dell’Angelo, conclude il suo personale  omaggio all’amico Magni con la sua terza opera. Dopo “In nome del Papa Re” e “Secondo Ponzio Pilato”, mette in scena questa fedelissima riproposizione teatrale. Gli piace, lo sente suo il romanzo storico, si percepisce, ed è a suo agio nelle atmosfere tipiche della Roma papalina. Questa volta interpreta il ciabattino Cornacchia (Pasquino),  che contesta i metodi carbonari ma che combatte a suo modo il governo opprimente, con la penna anziché con le armi.  Un uomo apparentemente codardo, ma con una sua filosofia pragmatica, di gran cuore, tanto da offrirsi in sacrificio nel tentativo di salvare la vita al carbonaro Leonida Montanari, di cui la sua compagna si era innamorata. Le cose non andranno come si era proposto e la ghigliottina porrà fine alla vita di Leonida e del suo amico Angelo Targhini, i cui nomi rimarranno celebri a Roma fino ai nostri giorni.
Una delle caratteristiche degli spettacoli di Avallone è quella di seguire fedelmente la sceneggiatura dei film di Magni. Se nei due precedenti il risultato era stato più che ottimo, in questo si avverte una certa macchinosità, soprattutto in qualche cambio scena che porta via troppo tempo, prolungando oltremodo la durata della pièce. Sia chiaro che tutto lo spettacolo è magistralmente recitato e diretto, la regia in particolare è sorprendente e ben pensata. Tutti gli spazi a disposizione sono utilizzati, anche quelli tra le poltrone, donando alle vicissitudini dei protagonisti la suggestione di essere vissute dagli spettatori stessi, in un tourbillon di apparizioni a destra e manca, di agguati, coltelli in mano, nei corridoi  tra i blocchi delle sedute del teatro. Una menzione particolare per l’interprete di Giuditta, la concubina di Cornacchia/Pasquino, Silvia Maria Vitale e a Tonino Tosto, che dà vita ai due personaggi simbolo del potere, il colonnello Nardoni e il Cardinale Rivarola. La prima è la donna che ci si aspetta in un ruolo simile: bella, intensa, semplice, assolutamente convincente nel suo ruolo. Il secondo è un fedelissimo di Avallone e in questa opera interpreta alla grande due ruoli da “cattivo”,  uno  ironico (Nardoni), l’altro spietato (Rivarola). 

Tutto il cast offre una prestazione molto affascinante, nei costumi bellissimi di Red Bodò, trasformando il teatro in uno scorcio di Roma nel buio periodo della repressione papalina. La storia, amarissima, sarcastica, cinica e in qualche modo sempre attuale, tocca i suoi momenti più significativi in due frangenti. Il popolo in tumulto sotto la prigione di Castel Sant’Angelo non è lì per protestare contro il loro arresto ma per chiedere “lo spettacolo” della loro esecuzione. D’altro canto, il feroce cardinale Rivarola, rivolto al povero frate che tenta invano di far pentire i due carbonari (nel film interpretato da uno strepitoso Alberto Sordi), chiosa affermando che “Siamo sempre dalla parte della ragione, anche quando sbagliamo. Questo è il dramma di chi detiene il potere”. A distanza di quasi due secoli…siamo sicuri che sia cambiata molto la situazione? Grazie a chi perpetua, ancora oggi, in teatro, opere come questa.

“E’ inutile che provochi a me nun me ce freghi
La gatta presciolosa fece li fiji ciechi
Sei troppo sbaraglione co te nun me ce metto
Io batto n’artra strada io ciò pazienza aspetto
Vojo canta così fior de rughetto...”

Paolo Leone


“Nell’anno del Signore” di Luigi Magni.
Con: Antonello Avallone, Nanni Candelari, Giordano Cappellazzo, Roberto Celestini, Pietro Clementi, Daniele Di Matteo, Francesco Marioni, Federico Mastroianni, Claudio Morici, Valerio Palozza, Salvatore Rivoli, Tonino Tosto, Silvia Maria Vitale.

Regia: Antonella Avallone; Scene e costumi: Red Bodò; Aiuto regia: Marilì Conti; Arrangiamenti e musiche: Aurelio Rizzuti; Luci: Erika Barresi.

Nessun commento:

Posta un commento