09 febbraio, 2014

“Girotondo”, di Arthur Schnitzler. Un classico geniale, una sfida per il futuro. Di Paolo Leone


Teatro dell’Angelo, Roma. Dal 4 al 16 fabbraio 2014

Foto Pierpaolo Redondo
Un turbinìo di storie, un turbinìo di coppie, umanamente e socialmente assortite. Amore? Forse, magari nelle intenzioni, di certo non alla resa dei conti, dove soltanto il sesso, l’opportunismo, il cinismo, svelano la pesante coltre delle ipocrisie, delle convenzioni, del perbenismo di facciata, degli uni e delle altre. Si dice che Schnitzler, scrivendo la sua “scandalosa” opera nel 1900, volle rappresentare, portando alla luce le feroci dinamiche delle coppie nel suo “girotondo”, il decadimento di un’epoca, di un impero. Benvenuto nel 2014, dove ben poco sembra essere cambiato. Un’opera geniale, questa dello scrittore austriaco, che con il suo impianto drammaturgico di altissimo livello (non a caso Sigmund Freud gli chiedeva come avesse potuto conoscere meccanismi che a lui stesso erano costati anni di studi) tratteggia, senza pietà e senza speranze, la triste realtà nascosta nei manierismi dei rapporti di coppia, amarissima. Se è vero che fosse sua intenzione denunciare la falsità e l’insostenibilità delle norme morali dell’Austria dell’epoca, suscitando un impatto emotivo devastante negli spettatori del 1900, è altrettanto vero che un certo disagio alligna in noi spettatori “moderni”, convinti di aver superato certe convenzioni. Non c’è traccia di poesia nei dieci “quadri” rappresentati e quando una certa tenerezza tenta di uscire allo scoperto, subito viene stroncata dall’istinto animalesco, dalla ricerca della mera soddisfazione sessuale. “Mi vuoi bene?” è un mantra inefficace che ricorre spesso, accentuando l’insicurezza di una ricerca che appare patetica di fronte a tutto quel disincanto. Una danza fosca, un girotondo senza vie d’uscita appunto, che rincorre sé stesso a distanza di un secolo. Nell’ultimo quadro, il Conte con la prostituta Leocadia, con cui il girotondo ha termine, sembra profetica l’affermazione di lui che si rammarica di non aver potuto soddisfare il desiderio di un’avventura poetica: “si vede che non era destino”.
Foto Pierpaolo Redondo
Francesco Branchetti, il regista (e straordinario attore) che ha diretto la messa in scena dell’opera, conferma il suo coraggio controcorrente. Proporre oggi, in questo periodo anche culturalmente in crisi, una pièce come Girotondo, lasciandola ambientata nel primo novecento, in costume, seguendo fedelmente il testo tramite la traduzione di Gianni Guardigli, è una sfida vera e propria. Con la sua lucida e bella “follia” decide di non seguire l’onda facile, quella che insegue il grande pubblico, puntando invece sui valori originali di un testo immortale e certamente non facile. Scelta ardita, per la quale si avvale di un cast di prim’ordine. La mattatrice assoluta, in tutte le parti femminili, è una sempre più sorprendente Gaia De Laurentiis, attrice veramente poliedrica, capace di interpretazioni il cui registro varia dal drammatico al brillante mantenendo sempre una forte carica introspettiva. Attori veri si alternano nel vortice del girotondo: Guardiano, Schirru, Lambertini, Paduano e Costa, offrono prestazioni che riconciliano con la recitazione teatrale. Spettacolo nel suo complesso bellissimo e raffinato, grazie anche alle scene di Alessandra Ricci, una garanzia, ai costumi meravigliosi di Clara Surro ed alle musiche sempre suggestive  di Pino Cangialosi. Molto gradevole anche la performance di Federica Ruggero, la danzatrice che precede ogni cambio di scena. Un classico del teatro, magistralmente rappresentato in ogni suo aspetto. La sfida è lanciata, sperando che diventi uno sprone alla ricerca della qualità per chi fà teatro e per il pubblico che lo segue.

Paolo Leone


Teatro dell’Angelo, Roma. Dal 4 al 16 fabbraio.
Girotondo, di Arthur Schnitzler
Traduzione di Gianni Guardigli
Regia: Francesco Branchetti
Con: Gaia De Laurentiis, Lorenzo Costa, Giovanni Guardiano, Vincenzo Schirru, Simone Lambertini, Nicola Paduano. Danzatrice: Federica Ruggero
Musiche: Pino Cangialosi; Scene: Alessandra Ricci; Costumi: Clara Surro

Assistente alla regia: Ilaria Fioravanti; disegno luci: Francesco Branchetti

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