22 dicembre, 2013

Per la Stagione 2013-2014 del Piccolo Bellini di Napoli, dal 19 al 22 dicembre 2013 in scena Pippo Delbono con “Racconti di giugno”. Di Francesca Saveria Cimmino


Napoli, Piccolo Bellini. Dal 19 al 22 dicembre 2013

Un tavolino tondo cui sopra sono poggiati una bottiglia d’acqua, una birra, un bicchiere in vetro, una sedia e un microfono. Niente più.  C’è Pippo Delbono dinanzi al pubblico: si rapporta agli spettatori senza creare alcuna linea di demarcazione; anzi, in più momenti vi è interazione. Si presenta nella maniera più semplice e genuina: si mostra persona e non attore, in tutti i sensi. Inizia un lungo monologo, un flusso di coscienza pregno di valore. È la sua vita quella raccontata, senza fronzoli e senza giri di parole. Non c’è bisogno di aggiungere nulla di diverso da quel che nella realtà risulta essere; ma è necessario trovare il coraggio di farsi leggere, come un libro, da chi non può comprendere o è abituato a sputare sentenze.  Non c’è nessuna morale e nessun patetismo. <Abbiamo bisogno di preti cattivi, di genitori cattivi per ribellarci ed essere liberi.>.
È la vita di un uomo spiattellata in faccia a chiunque senza timore.  Una triste realtà e una cruda verità: una storia d’amore nascosta a tutti per paura, un sentimento destinato a sopravvivere persino alla morte. Ce lo racconta in prima persona, ma anche attraverso l’intervento di un narratore onnisciente, da egli stesso interpretato. Vittorio, il suo amico, decede dopo due mesi di coma. La causa è stata un incidente con la moto. È questo il motivo che avvicina Delbono al teatro e che lo spinge ad espatriare in Danimarca, consapevole di non poter confessare a nessuno quel rapporto e dunque dover incassare i colpi lasciandosi corrodere silenziosamente dal dolore. <È più difficile superare un dolore se non ne puoi parlare.>. Ne rielabora il lutto, ne simula gli ultimi gesti, come se attraverso quell’imitazione potesse riviverlo per un istante ancora. Poi, nel 1989 la scoperta dell’HIV: una malattia che unisce due anime e che costringe l’uomo che sopravvive a non dimenticare chi è volato via. Un virus lasciato da quell’amico che non appartiene al passato. Un legame che va al di là del tempo e dello spazio: un amore infinito nella sua finitezza.  <Dimmi che mi ami, dimmi che mi amerai per sempre.>. Questa frase è ripetuta ossessivamente: dolcemente, ansiosamente, rabbiosamente, disperatamente. Bisbiglia, parla, urla, strepita con l’unica speranza di esser ascoltato da chi è dentro di sé. Si parla dell’avvicinamento al buddhismo, iniziato ventiquattro anni fa. La necessità diviene scovare qualcosa di positivo anche nelle cose peggiori. Bisogna essere liberi. <Noi non siamo capaci di essere liberi. (…)devi lottare con gioia>. Ed è proprio sul concetto di libertà che l’attore cita “Libertà”, poesia di Paul Eluard e “La Rabbia”, film di Pier Paolo Pasolini e Giovanni Guareschi. "(...) Se non si grida evviva la libertà umilmente. Non si grida evviva la libertà. Se non si grida evviva la libertà ridendo.
Non si grida evviva la libertà. Se non si grida evviva la libertà con amore. Non si grida evviva la libertà.
Voi, figli dei figli gridate con disprezzo, con rabbia, con odio evviva la libertà. Perciò non gridate evviva la libertà.(...)". Delbono ironizza, scherza, sorride.  E poi ancora legge e interpreta il Discorso della Montagna (Vangelo secondo Matteo): “Beati i poveri di spirito; beati quelli che piangono, perché saranno consolati”,  “Psicosi delle 4 e 48” di Sarah Kane e Castaneda. Un continuo susseguirsi di pensieri bui, neri, di morte; intervallati a readings e spezzoni della propria esistenza. Dolori che si fondono a rabbia e delusioni; ma anche una grande voglia di vivere e di aggrapparsi alla gioia. <Non lasciate che questo veleno mi entri nelle vene, mi entri nel cervello, mi entri nel cuore.>. Non c’è nulla da dire in aggiunta. <Sieropositivo, omosessuale e buddhista. Solo tre parole. Grazie.>. Esattamente questa è la chiosa di un discorso pregno di dignità, intensità, spessore, corposità e vita; la stessa per la quale Delbono, ancora oggi, combatte.

Francesca Saveria Cimmino


Compagnia Pippo Delbono
Racconti di giugno
di e con Pippo Delbono

Nessun commento:

Posta un commento