01 luglio, 2013

“L'Île des esclaves”. Quando dire “perfetto” basta! Di Stefano Duranti Poccetti



Festival dei Due Mondi, Spoleto. San Simone, 30 giugno 2013

Foto Andrea Kim Mariani
Due televisori che mandano immagini di mare; una superficie sabbiosa in cui sono disposte poltrone da aereo, una cassa in scena, un dj che mette dischi in una parte del luogo scenico – delimitato da un cerchio. All’arrivo siamo accolti da uno stuart che ci saluta, come se ci stessimo per imbarcare per un viaggio.
Questi sono pochi ma efficaci elementi, che ci portano nel mondo de “L'Île des esclaves”, ultimo capitolo de “La Trilogie des Îles” di Irina Brook, una fiaba che ci insegna come guarire dalla superbia e dall’arroganza.
Gli attori giungono in scena, si svestono e si rivestono: sono agitati perché stanno per affrontare un viaggio. Si tratta di Iphicrate e di Euphrosine e dei loro rispettivi schiavi Arlequin e Cléanthis. S’imbarcano, ma, poco dopo, c’è un incidente e i protagonisti si ritrovano in un’isola straordinaria e “patafisica”, L’Ile des Esclaves appunto, regno di Trivelin (prima stuart dell’aereo, ora Re, sciamano, mago), che obbliga i nuovi arrivati a seguire la Giustizia della sua Repubblica. L’Isola degli Schiavi è un luogo in cui gli schiavi possono, in qualche modo, vendicarsi dei propri padroni arroganti e dove così può avvenire uno scambio di ruoli in cui è lo schiavo a diventare padrone e il padrone schiavo. Ciò avviene con un vero e proprio cambiamento esteriore e fisico: i personaggi in scena si scambiano nomi e vesti e a cominciare da questo momento può iniziare la vendetta di Arlechin e di Cléanthis, una vendetta giocosa, intenta a mettere in ridicolo i rispettivi padroni; una vendetta, che, però, come spiega Trivelin, non deve essere una vendetta per la vendetta, ma una vendetta finalizzata al fare scoprire ai padroni i propri errori e la propria arroganza, cosa che alla fine in effetti accade – anche grazie agli interrogatori di Trivelin -, ma questo non prima che anche Arlechin e Cléanthis, trovatosi nella parte dei signori, siano tentati di comportarsi con la loro stessa crudeltà e con la loro stessa attitudine a fare dell’apparenza il proprio stile di vita. Ma per fortuna, nonostante stiano per cadere nello stesso errore, alla fine sono presi dalla pietà per loro e comprendono che l’arroganza e la crudeltà non sono sani modi di vivere. Sano è confrontarsi con le persone alla pari, senza farsi influenzare dal ceto sociale. Nel finale troviamo i quattro personaggi a fare un picnic sulla sabbia: sono spogliati delle loro vesti e sono in perfetta sintonia tra di loro; sono armonici, parlano, si abbracciano: hanno scoperto la parità, il sano modo di vivere.
Irina Brook ci porta davanti agli occhi uno spettacolo vitale e fresco, capace di fare uso in modo nuovo della Commedia dell’Arte e capace di fare uso in modo veramente suggestivo dell’elemento, che il padre chiamerebbe “popolare” o “teatro ruvido”, del circo, del varietà, del “comico”; è il comico in effetti a portare avanti tutta la vicenda, è il teatro ruvido a trascendere la tragicità tramite il ridicolo. Quello del teatro ruvido – scusate la ripetizione – è un tema forte, materico e sostanzioso, che dimostra come la Commedia possa essere una parola da scriversi con la “C” maiuscola. Materico è anche il modo di recitare degli attori, “Commedia dell’Arte senza maschere”, ritmi scenici e rapidi perfettamente collaudati, emozioni che arrivano al pubblico in modo sostanzioso, forte, concreto.
È una grande prova quella degli attori in scena, sempre espressivi, paradossalmente immedesimati in quei ruoli estranianti della Commedia dell’Arte, così veri in quel mondo straordinariamente patafisico. Sono guidati da una regia perfetta e organica, da un eccellente testo di Pierre Marivaux e da un particolare personaggio sulla scena, Trivelin: deus ex machina, Aedo, narratore omnisciente; poi sciamano, stregone; allo stesso tempo umano e non umano, mortale e immortale: Trivelin è un semidio, il semidio paladino della Giustizia.

Stefano Duranti Poccetti




Irina Brook
LA TRILOGIE DES ILES

Tre storie di vendetta, perdono, amore e libertà


un progetto ideato, adattato e diretto da Irina Brook

L’Ile des Esclaves
di Pierre Marivaux
(nuova produzione)
personaggi e interpreti
Iphicrate Hovnatan Avedikian
Arlecchino Jeremias Nussbaum
Trivelin Augustin Ruhabura
Euphrosine Isabelle Townsend
Cléanthis Ysmahane Yaquini

Tempête!
tratto da William Shakespeare
personaggi e interpreti
Caliban Hovnatan Avedikian
Prospero, Stefano Renato Giuliani
Ariel Scott Koehler
Ferdinand, Trinculo Jeremias Nussbaum
Miranda Ysmahane Yaquini

Une Odyssée
tratto da Omero
personaggi e interpreti
Professore, Tiresia, Marinaio, più ruoli  Renato Giuliani
Marinaio, Poseidone, Hermes, più ruoli Scott Koehler
Ulisse, Telemaco Jeremias Nussbaum
Penelope, Polifemo, Circe, Lotofaga Ysmahane Yaquini

aiuto regia Geoffrey Carey
responsabile di compagnia Renato Giuliani
scenografie Noëlle Ginefri-Corbel
ingegnere suono Samuel Serandour
ingegnere luci/direttore tecnico Thibault Ducros
costumista/assistente scenografo Philippe Jasko
segretario di produzione Angelo Nonelli

coordinamento di produzione Virginia Forlani

produzione CRT Artificio Milano
in coproduzione con Irina’s DreamTheatre Parigi
in collaborazione con Spoleto56 Festival dei 2Mondi

in lingua francese con sottotitoli in italiano

lo spettacolo Une Odyssée è particolarmente consigliato alle famiglie e ai ragazzi.


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