11 luglio, 2013

“La Voce Umana” e “Il Bell’Indifferente”. L’intima disperazione di Adriana Asti. Di Stefano Duranti Poccetti


Festival dei Due Mondi, Spoleto. Teatro Caio Melisso, Venerdì 5 luglio 2013

Foto Fabian Cevallos
Cosa significa soffrire per amore al femminile? Raramente abbiamo trovato una risposta tanto efficace quanto ce la danno i due famosi monologhi di Jean Cocteau “La Voce Umana” e il “Bell’indifferente”, due drammi, spesso e giustamente rappresentati insieme, che ci raccontano scenicamente il significato che ha per una donna essere abbandonata dall’uomo amato; oppure che cosa significa convivere con uomo per cui la donna è soltanto un oggetto non degno di considerazione.
“La voce umana” è un monologo dove la protagonista parla al telefono con l’amante che l’abbandonata. La donna – che non ha nome – si muove disperata tra un tavolino e un letto, unici oggetti scenici. È combattuta tra l’accettazione della situazione e il non capacitarsi di come tutto sia potuto accadere; vorrebbe rialzarsi, ma senza di lui non ce la può fare, “Sono come un pesce senz’acqua”, dice la protagonista. Accetta, si ribella, accetta e ancora si ribella, vorrebbe addirittura suicidarsi, ma non lo farà. La chiamata finisce e le luci si spengono, lasciando la donna nel suo sconforto.
Adriana Asti, al contrario di altre sue colleghe, dà vita a una “Voce Umana” dalla “intima disperazione”; non recita in modo isterico, non corre come un forsennata per il palco, ma sfoga la sua afflizione solo con la voce, con uno sguardo espressivo che cattura il pubblico più di qualunque isterico e rabbioso sforzo gestuale.
Così l’attrice, anche nel secondo monologo “Il bell’indifferente”, continua con la sua intimità, con la sua “turbata tranquillità”, questa volta confrontandosi con una persona in carne e ossa (Mauro Conte); si tratta dell’amato che non la considera, che non appena arriva a casa si butta sul letto per leggersi il giornale. Lei parla per tutta la durata del monologo, mentre lui sta lì, disteso, in silenzio, con la sua faccia coperta dai fogli del quotidiano; lei parla dell’amore che prova per lui, della disperazione in cui cade mentre non è in casa, della disperazione che prova perché lei sa che lui ha un’altra, lei sa che lui la tradisce. Parla e parla del loro rapporto arrivato a una situazione insostenibile e, infine, quando gli toglie il giornale dalle mani, si rende conto che si è addormentato – non ha ascoltato una parola di quanto gli ha detto. Nel finale l’uomo si alza e, senza parlare, apre la porta e se va via, lasciando la donna sola, con il suo sconforto.
Sono due donne senza nome quelle de “La Voce Umana” e de “Il Bell’Indifferente”, due donne unite dal comune denominatore della costernazione per amore; un comune denominatore efficacemente portato in scena dall’intima performance di Adriana Asti e dalla pulita regia di Benoît Jacquot, che insieme a un arredamento scenico asciutto e ridotto, a ragione, ai minimi termini – bastano un tavolino e un letto per entrambe le messe in scena – danno luogo a un insieme organico e soddisfacente.

Stefano Duranti Poccetti



            
Adriana Asti
Benoît Jacquot
LA VOCE UMANA
IL BELL’INDIFFERENTE
di Jean Cocteau
traduzione René de Ceccatty

con Mauro Conte

regia Benoît Jacquot

scene Roberto Platé
costumi Nicoletta Ercole e Christian Gasc
luci Daniele Nannuzzi e Jacques Rouveyrollis

assistente alla regia Geneviève Dufour
assistente alle scene Luisa Paglialunga
assistente alle luci Jessica Duclos
assistente Adriana Asti Chiara Mogavero
costumi realizzati da fbg 22-11 studio de costumes, D’Inzillo Sweet Mode s.r.l., Agnès Dominique Dit Cabannes
scene realizzate dal laboratorio di scenotecnica e pittura del Festival dei 2Mondi di Spoleto

un progetto di Spoleto56 Festival dei 2Mondi

coproduzione Spoleto56 Festival dei 2Mondi, Teatro Metastasio Stabile della Toscana, Mittelfest

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