09 luglio, 2013

“La Trilogie des Iles”. Distruggere la forma e trovare la Magia. Di Stefano Duranti Poccetti



Una Trilogia con il tema del “viaggio magico” quella che Irina Brook ha portato al Festival dei Due Mondi di Spoleto 2013, una Trilogia composta da tre Spettacoli - Une Odyssée, Tempête!, L'Île des esclaves -, ciascuno indipendente dall’altro dal punto di vista della consecuzione narrativa, dipendente invece dal punto di vista tematico, dove la spiaggia di un’isola diventa l’ambientazione delle “Magie” portate in scena dalla bravissima regista, che riesce a portarci un modo di fare Spettacolo veramente unico, che io chiamerei semplicemente “Teatro” (o il “Teatro che ho sempre sognato” o, ancora, il “Vero Teatro”); poi dalle oniriche scenografie di Noëlle Ginefri-Corbel e infine, non per importanza ma per consecuzione, dai suoi straordinari attori - Hovnatan Avedikian, Renato Giuliani, Jeremias Nussbaum, Augustin Ruhabura, Isabelle Townsend, Ysmahane Yaquini, Scott Koehler -, che distruggendo l’esteriore forma attoriale arrivano a un contatto vicino, puro, vero, con il pubblico in un continuo scambio sinergico di “energie materiche” e spirituali.
Presento a seguito le tre recensioni da me scritte sulla Trilogia, che finalmente, potendo ciascuna di loro porre al giusto posto, posso “rilegare” e presentare ensemble.
Ambientazione mistica e suggestiva delle messe in scena è stata San Simone, ex-chiesa che si adatta perfettamente a luogo scenico. Non appena entriamo al suo interno ci accorgiamo che c’è un filo conduttore che collega le tre rappresentazioni: si tratta del “retroscena”, il “dietro le quinte” che non è più una parte invisibile dello Spettacolo, ma ne diventa invece perfettamente individuabile dagli Spettatori; Spettatori che, prima  di sedersi ai loro posti, attraversano un vero e proprio “mercato di attrezzature teatrali”, l’attrezzatura, appunto, gli arredamenti di scena utilizzati per i singoli atti della Trilogia. Camminiamo e ci giriamo intorno, osservando l’elemento “pre-spettacolare”. Infine ci sediamo, ed è qui che inizia la Magia…


Atto I

“Une Odyssée”. Magia del telo azzurro, magia di Attore

Festival dei Due Mondi di Spoleto. San Simone, domenica 7 luglio 2013

Foto Patrick Lazic
Basta un telo azzurro sullo sfondo – mare, cielo, universo fantastico e mitologico – per creare le scene di “Une Odyssée”, ultimo tassello (in realtà primo) de “La Trilogie des Iles”, unico atto mancante di una magia teatrale che giunge così alla conclusione; questo dopo averci meravigliato e dopo averci fatto comprendere che cos’è il “Teatro” e che cosa può il Teatro. Irina Brook in effetti ci dimostra che si può “inventare” il “Teatro che abbiamo sempre sognato”, il Teatro che stupisce gli operatori non meno degli spettatori insoliti o appassionati, il Teatro che si pone vicino al cuore, alla carne, alla pelle dello Spettatore. Irina Brook ci sta dicendo: “Il Teatro è per tutti e non per pochi” e se il Teatro tiene conto di questa capacità di poter comunicare con la stessa forza al ragazzo alle prime armi, a un pubblico semplicemente incuriosito o a un critico esperto, può arrivare a livelli magici e immensi.
Dopo “L’Ile des Esclaves” e “Tempête!” assistiamo allora a quest’altra pièce di genio della Compagnia “Irina’s DreamTheatre”, dove lo spettacolo si apre su un’immaginaria aula scolastica (gli attori-studenti sono in mezzo a noi, tra il pubblico), mentre il professore sta recitando dei passi della “Odissea” di Omero. Inizialmente gli studenti sono molto annoiati dalla lezione e si prendono gioco del professore, tantoché si decide di mettere fine alla lettura accademica, a favore di una rappresentazione vera e propria dell’Opera; una rappresentazione che non è solo una rappresentazione, ma un “vivere” realmente da parte degli attori le vicende che si susseguono: è la magia del Teatro che trasforma l’intrasformabile, che rende concreto il sogno e che distrugge i noiosi luoghi comuni di una lezione in classe a favore di un vero e proprio viaggio verso Itaca.
Insieme allo scenario del telo azzurro sullo sfondo, esiste un solo altro elemento nell’oggettistica di scena: un pancale, la “nave” utilizzata dai personaggi per passare da un’avventura all’altra, da un’isola all’altra, guidati dalla furia di Poseidone. Il dramma viene trasformato in una vera e propria farsa, luogo di comicità e di divertimento instancabile, composto da ritmi scenici impeccabili, dove sono gli attori – Renato Giuliani, Scott Koehler, Jeremias Nussbaum e Ysmahane Yaquini, creatori ciascuno di diversi personaggi - gli elementi fondamentali e vitali della mise en scène. Il particolare Teatro di Irina Brook, infatti, può essere considerato allo stesso tempo Teatro di Attore e Teatro di Regia, proprio per l’importanza che entrambi questi aspetti rivestono nel suo particolare universo teatrale, un universo in cui, come negli altri due atti della Trilogie, sussiste quell’elemento del Varietà e del gioco di prestigio, con tanto di occhi di bue puntati sul prestigiatore, che sembra volerci ricordare che il Teatro non è altro che un gioco che debba allietare lo Spettatore, accanto alle sue possibilità di “trasformarlo”, ponendolo davanti a un “atto totale” da parte degli Attori, che creano con il Pubblico un dialogo energetico vicino e ipnotico.
Lo Spettacolo ci propose una serie di episodi scelti dall’avventura di Ulisse, un Ulisse che per fuggire dal ciclope Polifemo si nasconde, per le risa del pubblico, sotto una piccola pecora pelouche; un Ulisse atteso da Penelope e dai suoi “stravaganti pretendenti” – dall’altezzoso stilista di moda al “suonato” chitarrista Rock; un Ulisse che incontra nel suo cammino Ermes, Messaggero degli Dei (dove Irina Brook s’inventa uno straordinario deus ex machina comico, dove il Dio, arrampicato al di sopra del telo azzurro, cade rovinosamente, uscendo dal luogo scenico con pentole e vari arnesi appesi per tutto il corpo).
Il tutto si conclude con il trionfale rimpatrio di Odisseo e con l’uccisione dei proci e con il successivo ritorno alla dimensione scolastica, a questo punto neanche più accettata dal professore; dimensione scolastica però “trasformata” e che non può più scrollarsi di dosso interamente quella meravigliosa aura di magia.


Atto II

“Tempête!”. Magie reali sul palcoscenico

Festival dei Due Mondi, Spoleto. San Simone, sabato 6 luglio 2013

Foto Forster
Ancora una straordinaria prova della Compagnia “Dream Theater” di Irina Brook. Avevo avuto già il piacere di seguire “L’Ile des Esclaves” (terzo atto della “Trilogie des Iles”), che aveva avuto su di me un impatto magico e meraviglioso; ieri ho avuto la conferma che quella magia sprigionata con tanta energia non era solo un caso.
“Tempête!” (secondo atto), da William Shakespeare, è un testo fin troppo conosciuto per soffermarsi sulla trama. Mi basterà dire che in questo determinato ambito Prospero diventa uno chef ristoratore, che, per invidia del fratello – che s’impossessa del ristorante – viene esiliato in un’isola sperduta e magica. Il regno viene quindi trasformato in ristorante e questo conferisce al testo shakespeariano una comicità fresca e vivace. Come abbiamo visto nella “Ile des Esclaves”, anche qui l’elemento ludico e circense è molto forte, ancora più forte forse, visto e considerato che La Tempesta è un testo, appunto, sulla magia; un testo di spiriti – Ariel – e di creature fuori dalla norma – Calibano. Inoltre il tema della magia non viene toccato solo passivamente, ma viene esteriorizzato fino a mostrare veri e propri numeri da circo sul palcoscenico. Ariel, per esempio, a un certo punto dello spettacolo, diventa nel vero senso della parola un prestidigitatore, anche volutamente un po’ imbranato, che diverte il pubblico con i suoi giochi di prestigio.
L’arredamento scenico è veramente suggestivo: l’isola di Prospero si è trasformata in un vero e proprio ristorante – fornelli, alimenti, pentole, strumenti da cucina… convivono insieme numerosissimi e alla rinfusa. Altro elemento fondamentale dell’oggettistica è un attaccapanni, che funge, in qualche modo, da sipario di entrata e di uscita dei personaggi, anche luogo della loro trasformazione esteriore e interiore; in effetti il “travestimento” ha un ruolo importantissimo, visto e considerato che basta indossare un mantello da re per diventare anche interiormente e oggettivamente sovrano e basta indossare una giacca magica per diventare mago.
Nonostante la trasformazione drammaturgica della regista, la pièce non perde niente dei suoi profondi significati e anche i personaggi, seppur ancora più caricati rispetto all’originale, rispecchiano, per quanto riguarda il contenuto scenico, quelli tradizionali. S’indaga così quella domanda a cui ancora oggi sappiamo rispondere solo per metà: “Che cosa è la libertà?”. Una delle tante risposte possibili ce la dà Calibano, prima intenzionato a uccidere suo “padre”, poi pentito del suo pensiero, poi perdonato e lasciato libero da Prospero di seguire Miranda e il suo amato a Napoli, dove finalmente potrebbe scoprire il mondo; Infine, proprio ultimo atto del dramma, tornato dal suo padrone, senza il coraggio di abbandonare l’isola. Che cosa è la libertà? Libertà è scoperta della novità o libertà è fedeltà verso i propri affetti? Libertà è girare il mondo o trovare un equilibrio con il mondo e con se stessi? Lasciamo la risposta in sospeso.
Per quanto riguarda gli attori – racchiusi all’interno di un particolare universo plurilinguistico, un universo in cui si parla francese, inglese e italiano -, alla loro straordinaria, vera, “concreta” interpretazione, alla loro capacità di raccontarci l’ “invisibile” attraverso un “atto totale”, rimando alla recensione su “L’Ile des Esclaves” (http://www.corrieredellospettacolo.com/2013/07/lile-des-esclaves-quando-dire-perfetto.html), dove già avevo potuto ammirare il loro valore e la loro “verità” scenica. Gli attori di Irina Brook sono come Re Mida, quello che toccano lo trasformano in oro, in magia.


Atto III

“L'Île des esclaves”. Quando dire “perfetto” basta!

Festival dei Due Mondi, Spoleto. San Simone, 30 giugno 2013

Foto Andrea Kim Mariani
Due televisori che mandano immagini di mare; una superficie sabbiosa in cui sono disposte poltrone da aereo, una cassa in scena, un dj che mette dischi in una parte del luogo scenico – delimitato da un cerchio. All’arrivo siamo accolti da uno stuart che ci saluta, come se ci stessimo per imbarcare per un viaggio.
Questi sono pochi ma efficaci elementi, che ci portano nel mondo de “L'Île des esclaves”, ultimo capitolo de “La Trilogie des Îles” di Irina Brook, una fiaba che ci insegna come guarire dalla superbia e dall’arroganza.
Gli attori giungono in scena, si svestono e si rivestono: sono agitati perché stanno per affrontare un viaggio. Si tratta di Iphicrate e di Euphrosine e dei loro rispettivi schiavi Arlequin e Cléanthis. S’imbarcano, ma, poco dopo, c’è un incidente e i protagonisti si ritrovano in un’isola straordinaria e “patafisica”, L’Ile des Esclaves appunto, regno di Trivelin (prima stuart dell’aereo, ora Re, sciamano, mago), che obbliga i nuovi arrivati a seguire la Giustizia della sua Repubblica. L’Isola degli Schiavi è un luogo in cui gli schiavi possono, in qualche modo, vendicarsi dei propri padroni arroganti e dove così può avvenire uno scambio di ruoli in cui è lo schiavo a diventare padrone e il padrone schiavo. Ciò avviene con un vero e proprio cambiamento esteriore e fisico: i personaggi in scena si scambiano nomi e vesti e a cominciare da questo momento può iniziare la vendetta di Arlechin e di Cléanthis, una vendetta giocosa, intenta a mettere in ridicolo i rispettivi padroni; una vendetta, che, però, come spiega Trivelin, non deve essere una vendetta per la vendetta, ma una vendetta finalizzata al fare scoprire ai padroni i propri errori e la propria arroganza, cosa che alla fine in effetti accade – anche grazie agli interrogatori di Trivelin -, ma questo non prima che anche Arlechin e Cléanthis, trovatosi nella parte dei signori, siano tentati di comportarsi con la loro stessa crudeltà e con la loro stessa attitudine a fare dell’apparenza il proprio stile di vita. Ma per fortuna, nonostante stiano per cadere nello stesso errore, alla fine sono presi dalla pietà per loro e comprendono che l’arroganza e la crudeltà non sono sani modi di vivere. Sano è confrontarsi con le persone alla pari, senza farsi influenzare dal ceto sociale. Nel finale troviamo i quattro personaggi a fare un picnic sulla sabbia: sono spogliati delle loro vesti e sono in perfetta sintonia tra di loro; sono armonici, parlano, si abbracciano: hanno scoperto la parità, il sano modo di vivere.
Irina Brook ci porta davanti agli occhi uno spettacolo vitale e fresco, capace di fare uso in modo nuovo della Commedia dell’Arte e capace di fare uso in modo veramente suggestivo dell’elemento, che il padre chiamerebbe “popolare” o “teatro ruvido”, del circo, del varietà, del “comico”; è il comico in effetti a portare avanti tutta la vicenda, è il teatro ruvido a trascendere la tragicità tramite il ridicolo. Quello del teatro ruvido – scusate la ripetizione – è un tema forte, materico e sostanzioso, che dimostra come la Commedia possa essere una parola da scriversi con la “C” maiuscola. Materico è anche il modo di recitare degli attori, “Commedia dell’Arte senza maschere”, ritmi scenici e rapidi perfettamente collaudati, emozioni che arrivano al pubblico in modo sostanzioso, forte, concreto.
È una grande prova quella degli attori in scena, sempre espressivi, paradossalmente immedesimati in quei ruoli estranianti della Commedia dell’Arte, così veri in quel mondo straordinariamente patafisico. Sono guidati da una regia perfetta e organica, da un eccellente testo di Pierre Marivaux e da un particolare personaggio sulla scena, Trivelin: deus ex machina, Aedo, narratore omnisciente; poi sciamano, stregone; allo stesso tempo umano e non umano, mortale e immortale: Trivelin è un semidio, il semidio paladino della Giustizia.

Stefano Duranti Poccetti



Dal programma del Festival dei Due Mondi di Spoleto 2013

Irina Brook
LA TRILOGIE DES ILES

Tre storie di vendetta, perdono, amore e libertà


un progetto ideato, adattato e diretto da Irina Brook

L’Ile des Esclaves
di Pierre Marivaux
(nuova produzione)
personaggi e interpreti
Iphicrate Hovnatan Avedikian
Arlecchino Jeremias Nussbaum
Trivelin Augustin Ruhabura
Euphrosine Isabelle Townsend
Cléanthis Ysmahane Yaquini

Tempête !
tratto da William Shakespeare
personaggi e interpreti
Caliban Hovnatan Avedikian
Prospero, Stefano Renato Giuliani
Ariel Scott Koehler
Ferdinand, Trinculo Jeremias Nussbaum
Miranda Ysmahane Yaquini

Une Odyssée
tratto da Omero
personaggi e interpreti
Professore, Tiresia, Marinaio, più ruoli  Renato Giuliani
Marinaio, Poseidone, Hermes, più ruoli Scott Koehler
Ulisse, Telemaco Jeremias Nussbaum
Penelope, Polifemo, Circe, Lotofaga Ysmahane Yaquini

aiuto regia Geoffrey Carey
responsabile di compagnia Renato Giuliani
scenografie Noëlle Ginefri-Corbel
ingegnere suono Samuel Serandour
ingegnere luci/direttore tecnico Thibault Ducros
costumista/assistente scenografo Philippe Jasko
segretario di produzione Angelo Nonelli

coordinamento di produzione Virginia Forlani

produzione CRT Artificio Milano
in coproduzione con Irina’s DreamTheatre Parigi
in collaborazione con Spoleto56 Festival dei 2Mondi

in lingua francese con sottotitoli in italiano

lo spettacolo Une Odyssée è particolarmente consigliato alle famiglie e ai ragazzi.



IrinasDreamTheatre vi invita ad unirvi a noi in un viaggio iniziatico di isola in isola: un’avventura piena d’azione alla ricerca di sé stessi.
Ogni isola ci trasporta in un mondo e un’atmosfera differenti, ma al di là delle apparenze, della sabbia, del mare e del cielo, ci troviamo, in ciascuno di questi universi, a confronto con interrogativi profondi sulla nostra condizione umana, sulle nostre emozioni, e sul nostro agire.
Seguiamo poi Ulisse nelle sue avventure mitiche, nella ricerca del cammino di ritorno alla sua terra natia. Un cammino irto di prove, dove lo vediamo sfuggire all’inebriamento dei Lotofagi, vincere in astuzia il sanguinario Ciclope, resistere ai richiami delle Sirene, o ancora quasi soccombere al fascino ammaliante della maga Circe prima di riuscire infine a ritrovare la sua beneamata famiglia a Itaca. Una giornata di astuzie, di prove, di passioni e di sensualità. E un finale senza alcuna pietà per i pretendenti di Penelope. Ulisse non perdona: per lui c’è solo la vendetta.

… Andiamo poi a naufragare sull’isola di Prospero: un luogo all’apparenza magico, dove regnano musica e incantesimi. Ma vi si può intuire un lato oscuro: l’isola è sotto il potere di un potente tiranno: l’esoterico mago-chef Prospero. Gli unici abitanti di questo reame sono sua figlia Miranda, il mostro Calibano ed uno spirito dell’isola, Ariel, giovani che condividono, ciascuno a suo modo, un unico sogno: sfuggire al potere patriarcale di Prospero, per conquistare infine l’indipendenza e la libertà.
Quest’isola suscita degli interrogativi sugli aspetti più reconditi del cuore dell’uomo: come può accettare che le persone che amiamo siano libere? Lasciare che siano sé stesse? Come si può controllare il proprio ascendente e potere per non abusare degli altri? Ed in ultimo, come riuscire a perdonare?

Per finire, dopo un atterraggio di fortuna, ci troviamo sull’Isola degli Schiavi. Un’isola chiaramente utopica dove regnano i principi di giustizia ideale e di uguaglianza, ispirati al pensiero e agli scritti del Rinascimento e dell’epoca dei Lumi. Questo è il luogo dove si sperimenta un nuovo modello di società impostato sul bene comune, sotto lo sguardo attento del misterioso "governatore" Trivelin, un ex schiavo. Questi, quando dei padroni e dei servitori capitano sull’isola, ne inverte i ruoli sociali e ne osserva il comportamento sperando che apprendano la compassione, guarendoli dal loro egoismo. In quest’isola possiamo realizzare il sogno di un mondo di gentilezza, generosità, dove compassione e perdono contano più d’ogni altra cosa.

programma

29 giugno ore 19.00 L’île des esclaves
30 giugno ore 18.00 L’île des esclaves
5 luglio ore 19.00 Tempête!
6 luglio ore 17.00 Tempête!
7 luglio ore 15.00 Une Odyssée
7 luglio ore 19.30 L’île des esclaves
10 luglio ore 20.30 Tempête!
11 luglio ore 20.00 Tempête!
12 luglio ore 14.00 Une Odyssée
12 luglio ore 19.00 L’île des esclaves
13 luglio ore 15.00 Une Odyssée
13 luglio ore 20.00 Tempête!
14 luglio ore 16.00 L’île des esclaves


IRINA BROOK
Figlia d’arte (il padre è il regista Peter Brook e la madre l’attrice Natasha Parry), Irina Brook nasce a Parigi e cresce tra l’Inghilterra e la Francia. A diciotto anni si trasferisce a New York per studiare recitazione con Stella Adler e comincia a recitare in produzioni Off-off-Broadway. Recita poi a Parigi e a Londra in diversi film, produzioni televisive e numerosi spettacoli teatrali, fino a realizzare che la sua vera vocazione è la regia. Moltissime sono le produzioni teatrali da lei dirette in Europa e nel mondo fin dalla sua prima creazione a Londra nel 1996, A Beast On The Moon di Richard Kalinoski, la cui versione francese del 1998, prodotta dal Théâtre de Vidy-Lausanne, presentata poi in una tournée internazionale, e infine al Théâtre de l’Oeuvre a Parigi, riceve cinque premi Molière (compreso Miglior Regia e Miglior Spettacolo). In seguito ai numerosi successi, decide di creare "La Compagnie Irina Brook" grazie alla collaborazione di Olivier Peyronnaud e della Maison de la Culture de Nevers et de la Nièvre. Nel 2013 la compagnia diviene Irina’s DreamTheatre, avviando una collaborazione con i produttori e agenti letterari parigini Marie Cècile Renauld e Marie-Astrid Perimony. Irina Brook ha realizzato anche diverse regie d’opera. Nell’aprile 2014 dirigerà, di Donizetti, L’Elisir D’Amore per il Berlin Deutschesopera, e nell’aprile 2015 il Don Pasquale all’Opera di Vienna. Oltre ad aver ricevuto diversi premi internazionali, nel 2002, Irina Brook è stata nominata Chevalier des Arts et des Lettres dal Ministro della Cultura francese. Con il progetto della Trilogia al Festival di Spoleto prende avvio una collaborazione produttiva anche con CRT Artificio e Change Performing Arts di Milano.

NÖELLE GINEFRI
Diplomata alla Ecole Nationale des Arts Décoratifs di Nizza con Alain Fleischer, ho cominciato la mia carriera prima come decoratrice e poi come assistente scenografa e costumista, al fianco di Patrice Cauchetier per Jean Louis Thamin, di Emilio Carcano per Alfredo Arias, di Chloé Obolinski per Peter Brook. Nel 1985 ho firmato la mia prima scenografia con Claude Régis al TGP de Saint Denis per Intérieur di Maeterlinck e in seguito per il teatro e per l’opera con numerosi registi: Dominique Feret, Alain Olivier, Irina Brook, Simon Abkarian, Guy-Pierre Couleau, Nicole Aubry, Patrick Sommier, Anne Dimitiadis, Loïc Corbery, Olivier Broda... Ho lavoraro inoltre per allestimenti in diversi musei.

THIBAULT DUCROS
Nato nel 1961, ho lavorato come ispettore di produzione presso il Consiglio Generale del dipartimento dell’Essonne, occupandomi del materiale di scena e dell’accoglienza delle compagnie teatrali in tournée all’interno del dipartimento. Direttore tecnico della Festa della Scienza dell’Essonne, ho frequentato corsi di specializzazione nel campo della direzione tecnica e della sicurezza negli spettacoli. Sono responsabile luci dei concerti che si tengono periodicamente nei vari comuni dell’Essonne. Dal 2004 sono l’organizzatore generale della compagnia di Irina Brook.

PHILIPPE JASKO
Sono nato a Parigi qualche anno fa… mi piace disegnare, ed ho svolto degli studi di grafica ed informatica. Dopo diverse esperienze nel campo, ho collaborato come ingegnere informatico a grandi progetti europei (Bibliothèque de France, Technocentre Renault…) entrando a far parte di un noto studio di architetti. Alla ricerca della mia vena artistica, ho preso un diploma all’Institut d’Etudes Supérieures des Arts di Parigi. Cosí ho cominciato la mia carriera come creatore di accessori, oggetti e scene per il teatro ed il cinema, tanto in piccole produzioni che in grosse creazioni internazionali (Carmina Burana au Cirque d’Hiver, Jeanne au Bûcher à l’Eglise de la Trinité, Musica Sacra…). Dal 2008 ho raggiunto Irina per una ricca e fedele collaborazione sui suoi spettacoli teatrali e le opere liriche.

HOVNATAN AVEDIKIAN
Sono cresciuto in una numerosa famiglia armena di operai, artisti e medici.
I pasti, le riunioni e le feste svolgevano un ruolo molto importante. Recitare è diventato presto un modo per esprimermi. Un linguaggio.
Il mio viaggio è fatto di incontri eccezionali e fiducia reciproca con una serie di registi di teatro e di cinema. La prima è stata Irina Brook, con la quale continuo a lavorare e ho stretto naturalmente un forte legame...
Sul palcoscenico e sul set mi sento a casa (più che nella mia vera casa).
Ciò che rimane di noi stessi è ciò che diamo agli altri. Il mio sogno è continuare a credere che tutto possa ancora cambiare.

SCOTT KOEHLER
Sono nato ai confini del pianeta e sarei caduto giù se non avessi trovato un piccolo posto sul palcoscenico del mondo. Appena ho potuto, ho lasciato l’Australia e ho viaggiato in Europa, Asia e Stati Uniti, incontrando diversi artisti di teatro, danzatori e burattinai. Per me il teatro ha sempre significato conoscersi, condividere lo stesso tempo e spazio e stabilire un contatto diretto tra persone, indipendentemente dal tipo di performance e dal luogo di provenienza.

JEREMIAS NUSSBAUM
Come la maggior parte delle persone, sono nato. Appena uscito dal grembo materno, invece di piangere, ho fatto la pipì. Ho capito subito che dovevo far ridere le persone, soprattutto nell’ambiente borghese provinciale della Germania degli anni ’80. Sono sempre stato sul palcoscenico, anche se a volte il "palcoscenico" era solo un angolo del salotto. Da adolescente ho iniziato a girare cortometraggi. A 19 anni mi sono trasferito a Parigi. Qui ho avuto la fortuna di recitare in alcuni emozionanti progetti cinematografici, mentre continuavo i miei progetti teatrali e cortometraggi. Recito, scrivo e faccio film. Mi piace camminare, osservare la vita. Il mio sogno è così realistico... che per ora non voglio svegliarmi!

ISABELLE TOWNSEND
Sono stata attratta dal palcoscenico perché ho cominciato a lavorare come modella in giovane età, viaggiando da un capo all’altro del mondo, finché un giorno non mi sono ritrovata sul set di un film. Recitare è stata una tale rivelazione che è diventata una necessità e una parte fondamentale della mia vita. Che sensazione nuova e liberatoria potermi esprimere attraverso il corpo e la voce! Inoltre, ho capito che attraverso il teatro potevo trasmettere questa sensazione ai giovani portando i miei spettacoli nelle scuole, per condividere un’esperienza così intensa attraverso un’avventura artistica e poter fare la differenza nelle loro vite. Ora parto con l’Irina’s Dream Theatre.
Sembra il titolo di un film, un gioco o un libro. Ma non lo è... è la mia vita... oppure sto sognando?

AUGUSTIN RUHABURA
"Papà, vorrei fare il cantante".
"Neanche per sogno: niente intrattenitori nella nostra famiglia".
Così abbandonai tutto. Poi, a 30 anni, giusto per avere una vita un po’ meno noiosa, entrai in una compagnia teatrale da qualche parte laggiù, nella lontana Africa, nella mia patria in Ruanda, per recitare in una commedia leggera. E in quel preciso istante, finalmente, la vita è diventata stupenda; la pozione miracolosa del palcoscenico mi è entrata nelle vene e non mi
ha mai lasciato. Ho vissuto momenti difficili ma soprattutto meravigliosi, avendo la fortuna di incontrare Irina e di poter lavorare con lei dopo così tanti anni. Il mio sogno è divertirmi, essere felice, condividere la gioia, per sempre.

YSMAHANE YAQINI
Sono nata a Parigi da una famiglia marocchina, all’inizio degli anni ’70, senza né libri, né teatro, né cinema... Potete immaginare la reazione quando ho annunciato alla mia famiglia che volevo fare il clown. Nonostante tutto, sono rimasta fedele al mio ideale... e da allora qualcosa è cambiato nello spirito della mia famiglia. Il mio ideale mi ha spinto verso il teatro, il desiderio di condividere la complessità del mondo e degli esseri umani...
E così si sono aperte delle porte e ho fatto bellissimi incontri artistici, ma soprattutto degli incontri tra esseri umani, perché per me le due cose si equivalgono. Quello con Irina è stato uno di questi splendidi incontri…
13 anni fa, e da allora, questa famiglia così originale e unica fa parte della mia vita. Il mio sogno è che essa continui a crescere per sempre.

RENATO GIULIANI
Frequentando il palcoscenico dalla più tenera età, ho esplorato vari stili teatrali come artista classico, clown, mimo... Durante

questo lungo viaggio ho conosciuto persone fantastiche e grandi maestri. Il teatro è sempre stato per me un impegno sociale, umano, culturale e spirituale. Oltre al mio lavoro di attore, ho creato numerose opere teatrali, liriche e dei cortometraggi. Il mio sogno è che la mia vita e il mio lavoro proseguano il loro cammino verso la luce.

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