15 aprile, 2013

L’Io del filosofo: saggio sull’identità del filosofo. Lucio Battisti: un grande filosofo contemporaneo che ha narrato la persona del filosofo nella canzone dal titolo “Emozione”. Di Giuseppe Sanfilippo



Quando parliamo di un filosofo, siamo soliti indicare una persona di grande pensiero, un intellettuale, ma non ci domandiamo mai “Chi è il filosofo?”. Questo è una persona innanzi tutto che ha un suo Ego o un Io (un proprio essere), è una personalità che ha una forma, che vive come un qualsiasi essere umano, è un essere umano, che nella vita incrocia diverse emozioni (gioia,  momenti di tristezza, dolori, angosce, paure…), ma che però davanti a qualsiasi cosa ha sempre un grande sorriso, non si abbatte mai.
Il filosofo è una persona di gran cuore, è un nobile e una persona semplice, non ricerca il successo, pensa di vivere la vita come il suono di una canzone che passa immediata, ma che è bella da vivere.
Il filosofo è una persona che sa comprendere, sa ascoltare, dialogare, sa trovare una giusta parola sempre. Il filosofo ama la vita, è un uomo etico, morale, ama i suoi simili, sa comprendere di cosa essi hanno bisogno, un po’ come un padre per i suoi figli. Il filosofo è un essere umano, intellettuale che descrive la visione della sua vita, dell’esistenza in generale, attraverso la narrazione, il canto, la scrittura, la pittura, la musica, insomma con tutta l’Arte in generale. Un esempio di questa personalità è stato il grande Lucio Battisti e lo è anche Mogol, come lo sono tanti altri Artisti di ogni categoria; ma prendiamo qui in esame Mogol e Battisti, i quali a mio avviso hanno descritto la personalità del filosofo, nella canzone intitolata “Emozione” del 1970.
Per spiegarla, dobbiamo partire da due considerazioni: primo, descrivere e comprendere l’Arte di Battisti e Mogol non è facile; secondo, è difficile coniare le emozioni, nel senso di comprendere se sono emozioni belle o tristi. In tale canzone degli autori, è difficile comprendere proprio questo.
In ogni modo, si parla di emozioni e nella canzone ci sono effetti negativi, o meglio tristi, ed effetti positivi, o meglio felici. È come se i due autori ci dicano, nel testo, che la vita è fatta di emozioni belle e brutte, ma nonostante questo la vita vale la pena di essere vissuta ugualmente. Ma per comprende questo, andiamo ad analizzare il testo:  


Emozioni
Seguir con gli occhi un airone sopra un fiume e poi
ritrovarsi a volare
e sdraiarsi felice sopra l'erba ad ascoltare
un sottile dispiacere
E di notte passare con lo sguardo la collina per scoprire
dove il sole va a dormire
Domandarsi perché quando cade la tristezza
in fondo al cuore
come la neve non fa rumore
I e guidare come un pazzo a fari spenti nella notte per vedere
se poi è tanto difficile morire
E stringere le mani per fermare
qualcosa che
è dentro me
ma nella mente tua non c'è
Capire tu non puoi
tu chiamale se vuoi
emozioni
tu chiamale se vuoi emozioni.


In questa metafora gli autori ci raccontano che un uomo se ne sta probabilmente in una campagna, là dove vicino c’è un fiume, c’è poi un bel paesaggio, raffigurato anche da un Airone (un uccello), che si trova a volare. Raffigura un uomo solo, triste, che vuole o vorrebbe scappare via da qualcosa, dalla sua tristezza sicuramente. Continua dicendo che questo uomo si sdraia “felice sopra l’erba ad ascoltare un sottile dispiacere…”, raffigura un uomo che ha vissuto o vive qualcosa di bello, e quindi un’emozione bella, ma qualcosa addolora quest’uomo e quindi c’è anche un’emozione negativa.
“Domandarsi”, ponendo lo sguardo verso la collina, per scoprire il sole dove andrà a dominare, significa a mio avviso che si tratta di un uomo che si domanda cosa ne sarà del suo domani, un uomo che si chiede dove è la sua amata, un uomo innamorato che soffre per lei. C’è tristezza, ma cade la neve, che non fa rumore. È un uomo chiuso nella sua tristezza, ma la neve simboleggia anche aspetti piacevoli e fiabeschi: il candore, lo splendore e il paesaggio immacolato, i fiocchi che danzano e riempiono l’aria: ingenuità, romanticismo, aspetti infantili, ricordi e ancora… sentimenti di Amore e di amicizia, virtù e qualità del cuore, generosità e misticismo, nel testo c’è anche questo. È un uomo che evidenzia l’amore, lo splendore del paesaggio che lo circonda. È un uomo che fa della sua tristezza un aspetto positivo, è un uomo che ama la vita.  È un uomo che, nonostante veda la bellezza intorno, vuole morire ed è disposto a far qualsiasi cosa per stringere le mani a qualcuno che ama, che non c’è e che vorrebbe avere. “Chiamale emozioni, capire tu non puoi, chiamale emozioni dicono gli autori”, ma quali emozioni, quelle tristi o quelle belle?
Secondo me si parla di entrambe le emozioni… “capire tu non puoi dicono”,
come se essi ci volessero dire che la vita è bella davanti a una qualsiasi emozione, non importa di che natura sia, la vita è bella ugualmente.    
La personalità del filosofo è racchiusa in quest’uomo che soffre in silenzio, che ama. È un uomo di virtù, di qualità, di nobilita e grande cuore, che vive gioie, che chiama qualsiasi aspetto “emozione”.

Uscir dalla brughiera di mattina dove non si vede ad un passo
per ritrovar se stesso
Parlar del più e del meno con un pescatore per ore ed ore
per non sentir che dentro qualcosa muore
E ricoprir di terra una piantina verde sperando possa
nascere un giorno una rosa rossa
E prendere a pugni un uomo solo perché è stato un po scortese
sapendo che quel che brucia non son le offese
E chiudere gli occhi per fermare
qualcosa che è dentro me
ma nella mente tua non c'è
Capire tu non puoi
tu chiamale se vuoi emozioni
tu chiamale se vuoi emozioni

Uscire, camminare, per trovare se stesso, trovare chi è, la sua autenticità, per dare un senso alla sua vita o al suo dolore; parlare con un pescatore, un uomo che sta sul mare, quindi rivolgere uno sguardo verso il mare, simbolo di tristezza; parlare con il pescatore per ore, dimostra che è un uomo che ha bisogno di raccontare, di sfogarsi, di dialogare e parlare di qualcosa per non sentire che qualcosa dentro di lui muore, trovare qualcosa per non morire, per rialzarsi, per tornare a sorridere; avere nel cuore speranza, avere rabbia e prendere a pugni un uomo scortese. Chiudere gli occhi, il desiderio di cancellare o chiudere qualcosa che sta dentro, ma non in quello della sua lei; fermare un amore non corrisposto, non ricambiato, che non vale più; lei non comprende, nessuno comprende quel dolore, è un’emozione, una tristezza, un “dolore bello”, perché in questo nasce la capacità di amare, nasce quella ricchezza grande, che è l’Amore. L’uomo che scrive questo meraviglioso testo di Battisti è Mogol e non descrive solo la storia di un uomo sofferente, non descrive solo un uomo che osserva, non c’è solo questo, non c’è solo un uomo che vive sensazioni tristi, ma vede anche cose belle grazie alla sua capacità di amare; è un uomo di grande qualità, perché si chiude in se stesso, il suo dolore è il suo e basta e rinchiudendosi in sé parla di emozioni, queste rappresentano ogni cosa. Non si parla solamente di quell’uomo che guida di notte come un pazzo, per sfidare la morte, non c’è solo un uomo che vorrebbe con sé la sua amata: sono emozioni, queste, tristi, ma ci sono anche emozioni belle, come gli aironi, il fiume, la neve, la collina, il pescatore... sono immagini piacevoli quelle che lo circondano.
La canzone di Lucio Battisti e di Mogol quindi descrive un uomo che alle cose negative contrappone le cose positive e che trasforma ogni cosa in sublime, in una bellezza che qualcun altro non prova, “capire tu non puoi”, dicono.
La persona del filosofo, dentro questo c’è tutto questo, c’è in egli, nella sua personalità, in quell’uomo che i due autori descrivono del loro capolavoro. Un’Arte quella di descrivere questa personalità da parte dei due filosofi Battisti e Mogol. Due filosofi che parlano attraverso la musica, perché questa, come ogni Arte, raffigura la vita, quello che accade nel quotidiano, e conoscere questo significa saper curare, saper aiutare l’altro.  Un aspetto che solo la superiore filosofia può possedere, una qualità che solo i filosofi possono possedere. Battisti e Mogol sono filosofi, perché, non solo descrivono un dolore, un uomo, le sue emozioni, ma si guardano intorno, cercano, parlano con un pescatore, sono filosofi come Socrate.
Filosofi nati però, perché filosofi si nasce, come si nasce dottori, cantanti, scrittori… non si diventa, ma si nasce.  Tutto sta nel DNA, se non si trova dentro il proprio talento non si è niente; possiamo avere infiniti titoli di studio, ma un uomo che non ha trovato il suo talento è nullo, destinato alla frustrazione, a prendere a botte un uomo perché è stato un po’ scortese, perché magari possiede qualcosa che non si ha. 
Filosofi si nasce, non si diventa, i veri filosofi sono individui che amano la vita e i suoi simili, sono pronti a regalare sempre una bella parola, un bell’aforisma, una bella poesia, una bella opera, è per questo che non vengono mai dimenticati, rimangono, vivono per l’eternità. Ad esempio il filosofo Schopenhauer è stato quello che ha detto: “Se un uomo ricco camminando trova un portafoglio per strada pieno di soldi, lo raccoglie da terra, prenderà i soldi e lo consegnerà al suo legittimo proprietario, mentre se a trovare il portafoglio è un poveraccio, raccoglierà quel portafoglio e lo consegnerà al suo proprietario senza toccare nulla”. È un aforisma che mi ricordo che da bambino tante volte sentivo dire. Sono parole rimaste eterne, che vivono e sono di un filosofo e così potremmo anche parlare di altri aforismi, tutti viventi, al contrario delle teorie degli psicologi, per riallacciarmi al mio articolo precedente, le quali rimangono solamente nel mondo accademico e nei loro allievi ed eredi.   

Giuseppe Sanfilippo   

1 commento:

  1. è meraviglioso perché ho scritto su un grande numero uno della musica, che rimane ed è rimasto nei cuori di tutti, viva l'arte, la filosofia e Lucio Battisti e Mogol. Giuseppe

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