25 aprile, 2013

I Concorsi Pianistici. Di Francesco Attesti


Josef Danhauser, Liszt improvvisa al pianoforte

Dall'avvento del primo concorso pianistico internazionale, svoltosi nel 1890 e intitolato al leggendario virtuoso russo, amico e allievo di Franz Liszt, Anton Rubinstein, sono ormai passati ben 123 anni. Mentre nei primi decenni del 1900 le competizioni pianistiche si potevano contare sulle dita di due mani, dal dopoguerra in poi si è assistito ad una crescita esponenziale che ha interessato tutti i paesi occidentali e quelli emergenti, soprattutto dell'Oriente, raggiungendo dimensioni importanti.
Il notevole numero di concorsi ha comportato certamente una crescita del livello tecnico e la creazione di veri e propri talenti da palcoscenico. Le scuole nazionali, così bene definite e riconoscibili degli anni 1950 - 1980, grazie all'avvento della globalizzazione e alla facilità negli spostamenti degli insegnanti e degli stessi allievi, sono lentamente scomparse e hanno diffuso in tutto il mondo dei tratti comuni nella tecnica pianistica; velocità e precisione nell'esecuzione, interpretazione e sonorità "moderne" hanno invaso le sale da concerto e di rimando anche i concorsi pianistici, lasciando alle giurie un compito sempre più arduo nella scelta dei vincitori.
Molti affermano che, negli ultimi anni, l'espressività esecutiva abbia dovuto soccombere alla tecnica, ma questo è un punto davvero controverso, che merita un'attenta disamina. Come in passato, troppo spesso erroneamente considerato alla stregua di "un'età mitica dell'oro", anche oggi ci sono pianisti che uniscono le due cose, sicurezza e musicalità al limite delle possibilità umane. Si è quindi assistito all'innalzamento qualitativo del livello dei pianisti, capaci di assorbire e integrare le peculiarità delle varie scuole diffuse nel mondo.
Ogni anno un grande numero di concorrenti con aspettative di protagonismo prendono parte a concorsi sparsi in tutto il mondo, alcuni vengono premiati e molti respinti. La massiccia partecipazione a questi eventi rende comunque fondamentale il confronto nei concorsi. I vincitori hanno a disposizione borse di studio, premi in denaro e, soprattutto, concerti in grandi istituzioni. Tuttavia, sono solo una decina circa i concorsi pianistici che riescono a dare una svolta significativa alla carriera. Di solito non sono a cadenza annuale, proprio per dare modo ai vincitori di essere i protagonisti emergenti delle sale da concerto per gli anni successivi.
A causa della frenesia e della velocità della società moderna, anche in questo caso si assiste ad una sorta di veloce fagocitazione dei concorrenti e degli stessi vincitori. Se guardiamo i nomi classificati ai primi posti dei più importanti concorsi, solo circa una metà ha poi saputo costruirsi una carriera stabile e duratura. Ciò è dovuto a predisposizioni naturali, la capacità di essere "animali da palcoscenico", l'attitudine di saper digerire lo stress, la disposizione a viaggiare e organizzare la propria vita in maniera inconsueta ma, soprattutto, ad avere un manager che sia in grado di pianificare le tappe fondamentali della propria vita artistica.     
Esistono anche artisti che hanno saputo arrivare ai vertici senza vincere competizioni importanti, ma sono pochi. Inoltre, i manager preferiscono attingere ai nomi dei vincitori dei concorsi "top, sia per non rischiare di investire in musicisti che possono rivelarsi delle incognite, sia per comodità. Come dicevo, i premi sono spesso elargiti includendo un consistente numero di concerti tali da assicurare visibilità di cui l'agente saprà far buon uso.
Ha quindi ancora senso partecipare ai Concorsi? Sì, nella misura in cui si capisca che la musica é ben altro rispetto all'ostentazione dei muscoli nelle competizioni e che rispetto al numero di musicisti presenti nel mondo il numero dei vincitori é davvero esiguo.
Tenendo bene in mente tutto questo, auspicherei una maggiore attenzione da parte degli operatori dello spettacolo nel saper attingere alle enormi risorse di giovani talenti, avendo il coraggio di investire nella qualità e non sui facili guadagni.

Francesco Attesti 

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