02 aprile, 2013

Come pietra paziente: confidarsi con chi sia capace di ascoltare. Di Francesca Saveria Cimmino



Il regista afgano Atiq Rahimi propone un film tratto dal suo omonimo libro.
La protagonista, il cui complesso ruolo è stato affidato all’attrice Golshifteh Farahani, interprete di film quali Pollo alle prugne (2011) e Just like a Woman (2012), è una donna, moglie e madre di due bambine.
Suo marito è in coma: gli resta conficcata una pallottola nel collo, a causa di una rissa in uno scontro armato . Lei lo cura e lo assiste.
C’è la guerra fuori: il rumore assordante delle bombe e delle sparatorie sembra non dar tregua.
Nonostante sia visibilmente impaurita all’idea di dover affrontare una situazione tanto complessa da sola, la donna si fa forza: porta le figlie da sua zia e si dedica totalmente al marito, restando in sua compagnia in una casa abbandonata e un paese invaso da macerie.
Scopre che per la prima volta può osare: può parlare liberamente, denudarsi di peccati, di segreti, di ciò che non avrebbe mai potuto svelare per non correre il rischio della morte.




Non è un caso, infatti, che il titolo originale del film e del libro sia 'syngué sabour'. L’espressione, nella tradizione popolare afghana, significa la 'pietra paziente': un sasso magico al quale è possibile raccontare e confessare tutto. L’oggetto ha la caratteristica di assorbire tutte le rivelazioni fino a quando, divenendone colmo, non si sgretola.
La metafora del macigno, significativa e simbolica, rende perfettamente la condizione a cui questa donna è sottoposta: indifferenza, silenzio, sottomissione, omertà. Non c’è amore né comprensione; non c’è la voglia di ascoltare né il tempo da dedicare.
La donna resta un essere inferiore, costretta a nascondere se stessa sotto un velo, segno di protezione e di occultamento. Nessun diritto di esprimere se stessa, i propri dolori o le fragilità. Un oggetto da usare, se sterile da buttare. Una merce di scambio, che fin quando è sposata porta su di sé il cartello “proprietà privata”.
La necessità di approfittare di questo momento favorevole per farsi conoscere diventa la priorità: c’è il bisogno di auto-analizzarsi quotidianamente e di ripulire un’anima pregna di misteri, consapevole però, di non dover essere giudicata né condannata da nessuno al di fuori di se stessa e di quel dio più volte invocato.
In un mondo la cui cultura risulta essere divergente, (se non addirittura incompatibile), rispetto a quella occidentale, la figura femminile viene mostrata come un esempio di forza e coraggio.
L’audacia e il desiderio di emergere dalla propria condizione e di essere ripagata dopo tanta sofferenza fa sì che la protagonista senta di lottare con il corpo, per il corpo e per i sentimenti utilizzando ogni mezzo: sporcando le proprie mani per lavare e depurare la propria dignità.

Francesca Saveria Cimmino

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