26 marzo, 2013

La vita è il vento, la vita è il mare, la vita è il fuoco: LA TRAPPOLA nell’interpretazione e regia di Gabriele Lavia, in un Teatro Argentina in Sciopero! Di Mario di Calo


Roma, Teatro Argentina. Dal 9 al 24 marzo 2013

Il presentimento che fosse una serata speciale è stato entrare in un Teatro Argentina senza personale, ci accomodiamo ognuno al nostro posto da soli e non accompagnati dalle solite gentili maschere, il palcoscenico è spalancato sul vuoto e in un religioso silenzio, si nota solo una candela accesa su di una scrivania che fa parte della scenografia, alle diciannove in punto avanza timido in proscenio Gabriele Lavia e ci avverte appunto che il personale di sala e di palcoscenico, per agitazioni sindacali, è in sciopero per ragioni a lui sconosciute e che per non rimandarci a casa scontenti, ed anche un po’ infastiditi dall’esito negativo della serata, lo spettacolo si farà lo stesso ma senza luci e senza musica, solo quella candela in scena accesa fin dall’inizio scandirà il passaggio temporale - luce fisica o metafisica: la luce del pensiero? - dell’azione scenica, le luci di sala resteranno accese, e l’attore, portandoci per mano senza accorgercene, ci accompagna nell’universo pirandelliano di questa filosofica novella del drammaturgo argentino, scritta nel 1912, adattata per il teatro dallo stesso Lavia e prodotta dal Teatro di Roma. Il grande attore ci fa dimenticare di tutto il resto, quasi non ci si accorge durante l’oretta scarsa della durata dello spettacolo di guardarci in faccia, di ridere, di commuoverci, di commentare ad alta voce - qualche cellulare che squilla -, tutto è perfettamente integrato con quanto accade in palcoscenico.
E così, immaginando di ascoltare “La donna è mobile” di Enrico Caruso, quest’uomo, che scopriremo essere il Signor Fabrizio, che assomiglia più ad un topo che ad un uomo, che da anni si è rintanato fra i suoi libri, che accudisce questo padre, oramai solo un relitto di un’esistenza alla deriva, e a cui nulla serve esortarlo ripetutamente a non piangere. I libri, la filosofia, sono le uniche cose che gli restano, le uniche cose a cui aggrapparsi, e allora, partendo da Schopenhauer e passando per quel filosofo con i baffoni (Nietzsche), a nulla si approda. “Anche il buio è un sole”, ma noi disponiamo solo di una candela, si scopre con amarezza che la Trappola è la vita, quella vita che è come una marsina, un po’ stretta, che, indossandola, si corre il rischio che si strappi sulla schiena, certo indossandola ci saremmo preparati all’aldilà dove è gradito l’abito nero, ma non c’è soluzione, la marsina resta lì, gli armadi sono pieni di marsine e tutte uguali, si comincia a morire nel momento in cui si genera la vita e tutti allo stesso modo.
Gli specchi disseminati per la scena, mai come in questa occasione, in questa eccezionale serata, ci riflettono, ci rifrangono, ci mettono tutti nella stessa condizione, non si scappa, il problema è esistenziale più che metafisico, siamo tutti presi nella trappola della morte, che per comodità chiamiamo vita, tutto è speculare.
Essere o non essere” ci ricorda il problematico Amleto, la famosa questio, tutti dobbiamo scontare o patire la questio, quanto può durare la vita: 70, 80, 90, 100, 110, al massimo 120 anni? Ed è per questo che, nonostante il Signor Fabrizio odi e identifichi nelle donne il principio e il genio del male, genererà, grazie alle cure ed alle attenzioni della vicina di casa Rosalba Sciaramè, che sta alla vita come alla morte perfetta equazione, colui che porterà avanti la sua stirpe e la trappola che è la vita. A nulla vale mostrarci quell’imbelle del padre oramai ridotto solo a dormire e a piangere, che, con quegli occhialetti neri e quella palandrana che indossa, somiglia un po’ ad Hamm di beckettiana memoria (Riccardo Montillo), questo ultimo finale di partita si gioca fra loro due, fra padre e figlio, fra vita e morte, anche se la vita è osservata da un cannocchiale al rovescio… il desiderio di farla finita è in embrione fin dall’inizio di questa amara e tragica storia.
Gabriele Lavia, dopo il bellissimo allestimento di TUTTO PER BENE, qui è al pieno della sua forma e si agita, farnetica, ragiona, canta e suona al piano, scandisce, sillaba tutti i ragionamenti pirandelliani, è il vero signore della scena, abita l’intero palcoscenico dell’Argentina con la sua sapienza attoriale e lo riempie dei suoi umori, emozioni, palpitazioni - la pantomima, come un film muto sull’accoppiamento uomo/donna, è esilarante. Bellissima e magica serata!
Tormentata e macerata dall’esistenza, portando tutto il fardello di quel gravoso impegno di responsabilità esistenziale, in scena col protagonista, anche la brava Giovanna Guida.

Mario di Calo


LA TRAPPOLA
da Luigi Pirandello
adattamento e regia Gabriele Lavia
con Gabriele Lavia, Giovanna Guida, Riccardo Montillo
scene di Alessandro Camera
costumi Andrea Viotti
musiche Giordano Corapi
luci Giovanni Santolamazza
Produzione Teatro di Roma
Dal 9 al 24 marzo 2013, poi in tournée

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