14 dicembre, 2012

Dall’Inferno Dantesco. Il canto IX: la città di Dite ovvero Taranto


La questione di Taranto è un problema innanzitutto di attualità, ma non per questo un giornale di Spettacolo non può trattarlo. È così che il Corriere ne parla tramite un articolo di Simona Mariucci, che elegantemente fa un parallelo con l’Inferno Dantesco.

A chi arrivi di lontano la città si mostra per le sue alte torri, rosse come il fuoco, o come il fuoco spiranti fumo ininterrottamente. Costruzioni di ferro cingono quella terra sconsolata e non un segno arriva della popolazione. Il fumo denso e nero crea una nebbia impenetrabile che avvolge tutto nell’oscurità. Furie infernali ne sono le custodi e fanno ricchi gli abitanti dei doni a loro propri, rabbia e dolore. Ma il dono più grande è quello dell’immobilità: Gorgoni tremende pietrificano la gente in una situazione di perenne stasi e il giorno del riscatto pare inarrivabile. Al dileguarsi della nebbia la dubbiosa visione diviene atroce: la città è un immenso campo di tombe, di uomini morti in quell’aria pestilenziale. Il tributo che le Erinni chiedono è quello del sangue e da quando le torri sono state costruite gli uomini immolati sono stati circa novanta ogni anno. Altri seicentoquarontotto sono stati fatti ammalare ogni anno, mediamente. I più vicini alle divinità sono coloro che trovano lavoro nelle grandi torri. A loro le Erinni destinano morti per tumori allo stomaco, alla pleura, alla prostata, alla vescica e al cervello, per malattie neurologiche e cardiache. Intanto, anche la natura si ribella alle infernali torri con trombe d’aria che scuotono la città e fanno volare gli uomini fin sul mare.
Decreti legge, provvedimenti della magistratura, dubbi di incostituzionalità e conflitti di attribuzione, i proprietari intoccabili. Questa città di Dite sulla terra, costruita dagli uomini ancor più mostruosamente di quanto Plutone abbia saputo fare, sembra impossibile da mutare. E’ un Inferno che è stato autorizzato e che adesso sembra incancellabile. Il dubbio che viene è che  queste Furie in realtà non siano altro che uomini, miserabili uomini che chiedono il sacrificio di altri. E che gli uomini che dovrebbe salvare la città siano posseduti da altri mostri, diversi ma ugualmente temibili: avidità, corruzione, paura.
Ma Taranto non può essere abbandonata così. Taranto è una questione nazionale, di tutti. Per sabato 15 i tarantini organizzano una manifestazione nella loro città e il loro monito –più che slogan- è questo: “I morti, i malati e i lavoratori continuamente ricattati grazie alla mancanza di alternative occupazionali sono una questione locale, ma la salvaguardia dei diritti, la democrazia ed il rispetto della Costituzione riguardano l'intera nazione”.
Tra le possibilità di informazione che internet offre sulla situazione, segnalo il Comitato dei Cittadini e Lavoratori Liberi e Pensanti, presente anche su Facebook digitando “cittadini e lavoratori liberi e pensanti”. E’ costituito da un gruppo di tarantini e impiegati dell’Ilva che autonomamente informano sulla realtà della situazione.

Simona Mariucci







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