27 giugno, 2012

"I giorni dei giovani leoni" di Gino Pitaro, un romanzo per i giovani che non si scoraggiano



Parlare ai giovani nel linguaggio dei giovani non è cosa facile; ma più difficile, io credo, è interpretare la condizione giovanile oggi e raccontare le difficoltà di una generazione che, come ben sappiamo, non ha prospettive di futuro. Per chi, come me, ha vissuto gli anni degli studi  in un periodo storico molto diverso, anche se poi non così lontano, studiare significava prepararsi alla vita, quella che ognuno di noi sceglieva, consapevole che dopo la scuola c’era il lavoro e non  sarebbero mancate le opportunità per inserirvisi. Oggi sappiamo che la situazione del mondo del lavoro è profondamente cambiata, che la “flessibilità” tanto auspicata negli Anni Ottanta, è diventata strumento di precariato e disoccupazione, che il “cambiamento” che il mondo del lavoro richiedeva alla Scuola era un cambiamento che non  portava l’individuo a modificare certi suoi comportamenti rispetto alle trasformazioni in atto, bensì a una perdita di identità lavorativa e, con essa, del proprio ruolo sociale. Dico questo perché ho molto creduto nell’Orientamento e come molti insegnanti ritenevo che fosse un dovere preparare i giovani all’ingresso nel mondo del lavoro. Oggi, di fronte alle trasformazioni in atto, mi chiedo in che cosa abbiamo sbagliato, anche se sono consapevole che è il “sistema” nel suo insieme che ha generato il paradosso di una generazione “senza futuro”.

Ho voluto premettere tutto questo perché il libro I Giorni dei Giovani Leoni di Gino Pitaro, un giovane autore al suo esordio con il romanzo, mette a fuoco  con chiarezza la situazione delle nuove generazioni, sospese tra il vecchio e il nuovo, senza grandi prospettive  né ambizioni, ma con speranze mai del tutto sopite, anzi, direi, con il desiderio e la capacità di aprirsi a nuovi orizzonti, nel tentativo di creare un mondo nuovo e diverso.
La storia, ambientata tra il decennio trascorso e gli ultimi anni del berlusconismo, si svolge in un momento imprecisato eppure attuale, così come attuali sono i temi trattati e i personaggi nei quali molti possono riconoscere una parte del proprio vissuto. Mario, il protagonista del romanzo, è un giovane studente calabrese che studia architettura a Bologna, ma aspira a iscriversi al DAMS, la facoltà di arte, musica e spettacolo. Vive con altri quattro amici in una casa in affitto e conduce una vita abbastanza ordinata, tra università, lavoro al call center e brevi occasioni di svago, come una serata in discoteca presso un centro sociale o una gita a Saturnia in tenda con Miriam, Kevin, Francesca e Davide, i ragazzi con i quali condivide riflessioni ed esperienze. Dal rapporto con gli  amici s’intravedono alcuni dei problemi che maggiormente coinvolgono i giovani di oggi: la canna fumata in compagnia per evadere dalla solita routine, la noia esistenziale, l’omosessualità dichiarata da parte di uno del gruppo, la mancanza di obiettivi chiari e precisi da raggiungere, fino ad arrivare alle corse clandestine in auto, situazione nella quale Mario rimarrà involontariamente coinvolto.

Ma rispetto agli amici che frequenta Mario è un “diverso”, così come “diverso” apparirà sempre agli occhi dei colleghi di lavoro. Il suo mondo, incentrato sulla costruzione del proprio futuro, è racchiuso tra l’università e il lavoro al call center, attività che svolge con una serietà pensosa e  riflessiva, sempre pronto a non farsi fagocitare dall’ambiente esterno e, pur se rimane disponibile nei confronti degli altri, mantiene una propria linea di condotta e di pensiero che lo rende autonomo e, quindi, diverso agli occhi degli altri. “ Aveva spesso la sensazione – ci dice il narratore nel presentarlo – di essere una persona che fa fatica a farsi ascoltare non tanto a spiegarsi quanto a riuscire nell’intento che ciò che comunica sia recepito come qualcosa di interessante, anche nel senso più modesto del termine, insomma degno di nota”. Così Mario, che svolge il suo lavoro part-time in un call center sarà sempre al centro dell’attenzione dei colleghi proprio per la sua riservatezza, per lo scrupolo con cui svolge un lavoro che altri disprezzano, per il fatto che non aspira a fare carriera alla Beatwind, ma allo stesso tempo perché, nonostante tutto, sembra essere più apprezzato degli altri dalla Dirigenza e, quindi, sistematicamente evitato dai colleghi o messo sotto tiro da Jenny, la team leader della compagnia telefonica.
Gino Pitaro
Dal libro emerge uno spaccato del mondo del lavoro che è sì settoriale, perché teso ad indagare uno dei pochi lavori che oggi sono riservati a giovani diplomati o laureati, ma coerente con il mondo più grande che l’Autore lascia intravedere sullo sfondo, fatto di rivalità, di invidie più o meno esplicite, di frustrazioni e ambizioni mai sopite, con uno scavo psicologico che mette a nudo la realtà dei vari protagonisti che si aggirano in un mondo dove tutto è codificato, dettato da regole e imposizioni e dove le gerarchie sociali rispecchiano quelle che vigono nel mondo esterno. Nei momenti in cui non arrivano telefonate Mario legge dei libri ed è lì, nel call center, che scopre che i libri “fanno paura”, perché “chi legge è pericoloso[…] perché non può essere incasellato in un prospetto, e la cultura è fuori da ogni schema inerte. Chi è colto – dice il narratore – pensa liberamente, non ha condizionamenti, e gli altri credono che possa dire o fare qualcosa che li coinvolga in un modo indesiderato”. E’ questo, a mio avviso, l’emblema della sua diversità, perché in un mondo in cui la scuola non è più un punto di riferimento, avere interessi personali, leggere Pavese o Dostoevskij, è considerata una perdita di tempo, qualcosa che non ha rapporti con il “fare”, cioè con quella operatività che è la premessa del business, del successo, del benessere.

In realtà Mario non coltiva solo gli interessi legati alla sua formazione, ma è aperto come tutti i giovani al “nuovo” e, come loro, convive con il web, condividendone esperienze e suggestioni. Ama la musica, perché essa è un tramite fra l’uomo e il mondo (“la musica – si legge a pag.89 – compie il grande miracolo di farci guardare il mondo con occhi diversi, e ad ogni ascolto si esce rinnovati e ricettivi alle voci di amore, gioia, rabbia, disagio e dolore che provengono dal nostro pianeta. Le note trasformano gli esseri viventi, e cambiando la realtà generano in modo nuovo il mondo intorno”); ma si interessa anche di ufologia e proprio su Facebook farà amicizia con Erika, una ragazza che condividerà con lui esperienze ed interessi. Anche l’amore ha importanza nella vita di Mario, e sia con Miriam che con Erika proverà, come tutti, le emozioni che questo sentimento può suscitare, aprendosi gradatamente alla vita e avviandosi verso una maturità emotiva e comportamentale che avrà bisogno di molte altre prove prima di essere consolidata.
L’altro versante della vita di Mario è rappresentato dall’Università. Studente-lavoratore, egli guarda al futuro inserendosi oltre che nei meccanismi di un mondo del lavoro alienato, in quelli, altrettanto straniati di un’università vissuta come un “rito”, come un mondo a sé, che è necessario affrontare se si aspira a qualcosa di diverso nella vita, ma che certamente non risponde più a quel bisogno di sapere e di crescita culturale che era alla base del suo statuto primario.

Se questo è il suo vissuto quotidiano, fatto di piccole o grandi esperienze, di sogni e di lavoro, di studio e riflessioni, sullo sfondo si affaccia, nitida e ricorrente, l’immagine della sua terra, la Calabria, “luogo di ritorno – come afferma l’Autore – che diviene metafora di un rimando esistenziale, oltre che luogo di appartenenza dell’anima”. E’ la Calabria, quella che il giovane studente si porta dentro, una terra forte e radicata nelle sue tradizioni, ma anche capace di lottare per il suo riscatto (si vedano i moti di Reggio, qui rievocati). E’ la sua saggezza atavica, intrisa di sofferenza e di coraggio, di antiche culture e di accoglienza dove convivono ancora etnie diverse quella che emerge, a mio avviso, nelle continue riflessioni del protagonista sulla vita, sul “chi siamo”, sul senso del divino che è in noi. Ed è proprio qui, nel ritorno alla sua terra e nel contatto con la stupenda bellezza dei suoi paesaggi che Mario percepisce la sua appartenenza ad un mondo diverso. Nell’ultima pagina del romanzo si legge infatti: “Si approssimò sul parapetto del lungomare, respirò profondamente ed ebbe la percezione intensa e sottile che le esperienze che aveva già vissuto e quelle del futuro avrebbero fatto di lui un uomo di un mondo nuovo, con altre donne e uomini nuovi. Non sapeva perché, ma era così”.

E’ stato giustamente osservato che il romanzo può essere considerato “come un romanzo di formazione giovanile del nuovo millennio, secondo il concetto di cosa è giovane oggi”, in quanto dalla lettura emerge con chiarezza l’idea che essere giovani non è più legato allo stato anagrafico di una persona, bensì è un modo di essere e di rapportarsi con se stessi e con gli altri. Oggi è giovane chi sa sintonizzarsi sui temi di fondo che riguardano l’uomo e l’ambiente, chi si batte per un’economia sostenibile, chi si oppone alla globalizzazione selvaggia in nome di un’individualità che rifiuta di essere annullata e calpestata, chi aspira a un mondo rinnovato e a una spiritualità capace di infondere speranza e ridare certezza ai valori, siano essi quelli ereditati da una tradizione millenaria, o quelli nuovi che lentamente stanno emergendo. Per questo, come afferma l’Autore, “Il libro intende rivolgersi a una generazione trasversale, in una realtà sociale dove ‘essere o non essere giovani’ è diventato qualcosa di diverso rispetto al passato, di dilatato e che si nutre di aspetti esistenziali che una volta erano parametri rigidi”.

Un libro per tutti, dunque, per giovani e meno giovani, perché come afferma Mario nel corso di una conversazione con Miriam, esiste per alcuni una sorta di “gioventù matura” che concede loro il grande privilegio di non invecchiare e, insieme, “il dramma di morire giovani”. E questo, a mio avviso, è oggi sempre più possibile, solo che si abbia la forza o la capacità di porsi in ascolto, sforzandosi di decodificare i messaggi che dal web si diffondono nella rete globale e uniscono gli uomini in forme di pensiero e di convivenza nuove e, mi auguro, portatrici di pace e di speranza per l’umanità.


Fernanda Caprilli



Link utili per saperne di più:







4 commenti:

  1. Non male, non male... mi è piaciuto... anche divertente... @Werther89

    RispondiElimina
  2. Blue blood......electrical brain storming. VampirellaMonella92

    RispondiElimina
  3. Il libro è ambientato nell'università di Bologna e ^I giovani leoni^ era ed è il gruppo dei goliardi universitari, chissà se l'autore si è voluto riferire anche a questo, coincidenza comunque interessante. Marco Zioni.

    RispondiElimina
  4. Gruppo Atesia, E-care e Almaviva solidali!!! Il romanzo che parla anche di noi, non come nei libri finti ma come in quelli veri! Giulia C.

    RispondiElimina