11 dicembre, 2011

Elisabetta di Terlizzi,Francesco Manenti e Riccardo Palmieri parlano de "La menta sul pavimento"


È questo un prezioso documento in cui i membri della compagnia “Progetto Brockenhaus” spiegano cosa significhi per loro il proprio spettacolo “La menta sul pavimento”. Lo scritto è firmato da Elisabetta di Terlizzi, Francesco Manenti e Riccardo Palmieri.


La menta sul pavimento

DESCRIZIONE
Si abbassa lo sguardo e si entra in un luogo deturpato, abbandonato, bombardato, lasciato alle intemperie.
La sensazione, inizialmente, è quella di violare l’accesso di una struttura fragile e friabile che potrebbe crollare da un momento all’altro.
All'ingresso ci sono due marionette in carne ed ossa con le giunture arrugginite e difficoltà di movimento. Nel petto un cuore di bambino. Con loro una cassa. Forse il peso della vita e della memoria che ci portiamo sulle spalle: si può provare a scordarla e dire che non c'è mai stata oppure giocare con le deformazioni dei nostri ricordi.
Le marionette-bambino assistono ad una trasmissione televisiva popolare in cui un uomo di potere, il Presidente, vacilla, non sa dare una risposta ad una domanda molto importante:
“Quale sarà il futuro dei nostri bambini?”
Il suo silenzio non concede via d’uscita. I due rimangono intrappolati nella mente dell'anziano uomo politico, in quel luogo silenzioso dove le parole si sgretolano.
Tutto sembra travisare la realtà in modo falso e grottesco.
Corpi capovolti, gambe sospese in aria, movimenti lenti come in un liquido amniotico: sono corpi ambigui, senza un dritto ed un rovescio, che si mescolano e si confondono nella lentezza, nella fragilità e nella mancanza di gravità. E’ un corpo individuale ed al tempo stesso sono due identità che si fondono. Identità parallele che riveleranno due destini distinti e troveranno la via d’uscita - la vera uscita - unicamente verso l'alto.

Un immaginario in cui il potere trasforma gli individui in oggetti. Immagini in bilico tra il ricordo del passato ed un futuro posticcio che non vivono solo nella memoria intima e soggettiva del sogno ma abitano una più ampia dimensione, quella della memoria collettiva, che a sua volta muta, si trasforma in stanza/contenitore del pensiero e delle sue molteplici, infinite forme.

La menta sul pavimento, il titolo che da subito è stato scelto per lo spettacolo, è un infantile gioco di parole che al suo interno nasconde più ambiguità: il lamento di una donna, il mentire dei bambini, la mente che tenta di razionalizzare e la freschezza rigenerante della menta.

Come raccontare il rapporto tra il pensiero politico e la dualità della natura umana. Come raccontare il dramma dei corpi costretti alla cecità da una cultura contemporanea che non trova risposta alle sue contraddizioni e si fa massificante e totalitaria.
Il conflitto sociale del nostro tempo, alimentato dalla natura oramai perversa di una politica distante e alle volte ridicolmente misera, è mausoleo per spiriti innocenti.
La crisi che tormenta il primo decennio è una crisi di spirito, una crisi d'anima, prima che essere una crisi economica. Ma qualcosa confonde. Disturba un livello comprensivo ampio e libero.
Non c'è risposta a nulla anche perché non ci sono domande giuste. Sono soltanto le macerie, i simulacri delle domande.

L'immaginario che si apre nella ricerca scorre tra Pier Paolo Pasolini, Carlo Collodi e Federico Fellini, indugia su Dusan Makavejev, con attenzione particolare al personaggio interpretato dall’artista Ana Prucnal nel film “Sweet Movie”.
Strumento del linguaggio proposto è il gesto danzato, il movimento coreografato che dalla azione concreta strappa suggestioni all'astrazione.
Nello spazio il corpo che si muove e si trasforma, disegna la storia narrata esulando dalla descrittività ed indaga le diafane atmosfere dell'infanzia ricordata da una memoria provocata, indotta.

NOTE

Dopo il primo lavoro si è sviluppata la necessità di dar vita ad uno spettacolo svincolato dall'atto performativo e la necessità di approfondire ciò che separa ed unisce mondi differenti: il mondo degli adulti e quello dell' infanzia, il mondo della politica e quello dell'estetica, il mondo del conformismo e quello comunista, il mondo del teatro e quello della danza.
Il primo studio, che non esaurisce il desiderio di ricerca delle tematiche, crea i presupposti per la collaborazione con il regista teatrale Riccardo Palmieri che entra nel progetto in veste di "occhio esterno" del lavoro. Riccardo Palmieri porta con sé una visione liturgica del teatro, nel quale particolare attenzione è data al pensiero, alla metafisica , alla composizione strutturale del lavoro. Con il suo aiuto, in una seconda trance di prove, abbiamo approfondito il materiale già presente, cercando di dare una strutturazione più coerente ed unitaria allo spettacolo.
La necessità della contaminazione artistica come strumento ed allo stesso tempo come obiettivo non è solo sfida concettuale della contemporaneità ma è contenuto, materiale della ricerca metodologica delle arti sceniche contemporanee.
Contaminarsi, con il preciso scopo di ibridare linguaggi per estrapolare chiavi e metodologie nuove: ed in fine aprire una rinnovata espressione del linguaggio performativo e dell'arte scenica. Danza e Teatro si confrontano impegnati in un immaginifico dialogo che, da un territorio comune si snoda prima verso l'una poi verso l'altro, per attraversare, alla fine, entrambi e poter giungere in territori che si affrancano dalle etichette e dalle definizioni. In questo territorio comune il teatro, nella sua accezione più ampia, torna ad essere unità espressiva dove le sue derivazioni e le sue infinite e possibili varianti trovano forma e contenuto aprendosi ad un pensiero più forte.
La menta sul pavimento nella struttura scenica appartiene a questa categoria di ricerca che trova nello sviluppo e nella commistione dei linguaggi scenici linfa e stimolo espressivo, versando su un’onda libertaria - ma al tempo stesso codificata e strutturata in un pensiero consapevole - il proprio potenziale creativo.

L'incontro artistico tra danza, pittura, teatro e video riserva le sorprese e le aperture di molti campi di indagine le cui esplorazioni lasciano ancora margine di innovazione. Nella trappola delle parole, nell'usare ricerca, nuovo, innovativo, è facile cadere nella retorica ambiziosa della sopravvalutazione del proprio progetto, del proprio spettacolo riferendosi ad esso come risultato di nuove forme espressive.
Ricercare e innovare significa invece esplorare con maggiore cura il processo creativo, il percorso artistico che tende ad un risultato nuovo, cioè differente, da quello che il canone solitamente può indicare.
Nella costruzione de La menta sul pavimento la commistione  danza-pittura-teatro cerca l'esposizione e la traslazione delle tematiche prese in esame attraverso l'unione di poetiche differenti - alle volte in conflitto tra loro - con l'obiettivo di creare uno spettacolo dove esse, riunite ed esplorate, possano generarne una nuova che ne sia paradossalmente matrice.



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