15 dicembre, 2015

"The Bassarids”, intensità nella distorsione. Di Stefano Duranti Poccetti


Teatro dell’Opera, Roma. Giovedì 10 dicembre 2015

Quest’anno Il Teatro dell’Opera ha fatto una scelta coraggiosa, ospitando l’opera “The Bassarids”, scritta tra il 1965 e 1966 dal compositore tedesco Hans Werner Henze. Si tratta di un allestimento che vede la regia di Mario Martone, con la direzione musicale di Stefan Soltesz. L’argomento è ripreso da “Le Baccanti” di Euripide e per la trama dettagliata mi permetto di citare interamente quella proposta dal programma dell’Opera di Roma:


Primo movimento – Dopo l’abdicazione del vecchio re Cadmo a favore di suo nipote Penteo, il coro acclama il nuovo sovrano di Tebe; una voce annuncia allora l’arrivo in Beozia di Dioniso e il coro si prepara ad andare sul Citerone a festeggiarlo.  I protagonisti della tragedia, Penteo escluso, discutono sulla natura divina di Dioniso nato da Zeus e da Semele: Agave ed Autonoe la negano mentre Cadmo è perplesso e Tiresia è propenso ad ammetterla; il capitano della guardia, un bell’uomo attraente per le due donne ma insensibile al loro fascino, legge un decreto di Penteo che proibisce il culto di Dioniso. Arriva allora Penteo che col suo mantello spegne la fiamma che brucia sulla tomba di Semele e ribadisce il suo ordine. Agave ed Autonoe approvano ma quando sentono la voce del dio, se ne vanno verso il monte Citerone.
Secondo movimento – Cadmo, pieno di cautela verso il nuovo dio, è esterrefatto quando sente Penteo ordinare al capitano di arrestare quanti si trovano sul Citerone; il re confessa a Beroe che ha scelto un sistema di vita austero, senza vino e senza carne, e per giunta casto. Nella sala d’udienza del palazzo, il capitano arriva con i prigionieri del Citerone fra i quali figurano Agave, Autonoe, Tiresia ed uno Straniero. Penteo condanna al supplizio alcuni prigionieri, tenta di strappare Agave, sua madre, al suo delirio dionisiaco, poi la fa rinchiudere con Autonoe e ordina la distruzione della casa di Tiresia; benché Beroe l’abbia avvertito che lo Straniero è Dioniso, Penteo tratta rudemente quest’ultimo, che canta la vendetta di Dioniso a Nasso.
Terzo movimento – Esasperato, Penteo vuol mandare lo Straniero al supplizio quando si producono fenomeni straordinari: la terra trema, i muri crollano, si riaccende la tomba di Semele e i prigionieri evadono misteriosamente e fuggono verso il monte Citerone. Lo Straniero propone allora a Penteo di guidarlo verso il Citerone, ma prima il re chiede a Beroe lo specchio di sua madre. Lo Straniero-Dioniso convince Penteo a travestirsi da donna per andare tranquillamente a spiare le Menadi sul posto del loro culto. Affascinato, Penteo ubbidisce mentre Cadmo è disperato. Nella foresta del monte Citerone, le Bassaridi cantano la gloria di Dioniso. Tuttavia, una voce informa che un uomo è nascosto per spiarle e che le Menadi (fra le quali si trova Agave) devono inseguirlo; infatti, lo trovano, lo uccidono e lo smembrano.
Quarto movimento – Le Menadi si fanno avanti; Agave si dice fiera di aver ucciso un leoncino; Cadmo le chiede di guardare attentamente di chi è la testa portata da Agave; lei prende allora coscienza di aver ucciso suo figlio in un delirio dionisiaco. Arriva Dioniso, ordina che sia incendiata la reggia e condanna all’esilio la famiglia reale. Agave gli ricorda amaramente che anche lui scenderà un giorno nel Tartaro. Indi il dio chiama Semele sua madre per farla salire all’Olimpo; infine, ingiunge ai tebani di adorarlo ciecamente.

È tutto volutamente distorto per questa messa in scena di un’opera che mette in relazione il mondo divino con quello umano. Distorto è il grande specchio sullo sfondo, che amplia lo spazio scenico, mostrando le azioni dei personaggi da un altro punto di vista, facendolo in modo opaco e non lineare. Il tutto è circondato da un’atmosfera misteriosa e mistica, dove predominano il nero e il rosso intenso – certo, il tema della morte incombe costantemente. Una distorsione avviene anche per i costumi, dove esiste un contrasto tra quelli degli umani (divise militari, abiti eleganti da sera) stile anni ’30, con quelli invece perfettamente di stampo mitologico di Dioniso e delle Baccanti, semi, a volte interamente, nude. Si crea quindi un vero e proprio dualismo tra un gruppo corale (umano), attaccato alle convenzioni e agli abiti sociali e un altro che invece non ha bisogno di convenzioni, ma solo di una festosa esistenza naturale per sentirsi appagato.
Le scene sono perlopiù d’insieme e le voci dei protagonisti si perdono all’interno dei gruppi corali. Voci, anche queste volutamente distorte – dove la lingua inglese, coi suoi accenti duri, aiuta di certo in questo intento – che si uniscono perfettamente a una musica di Henze particolare, sofisticata, poliritmica, a volte cacofonica e disarmonica, costante dall’inizio alla fine e che ci fa entrare in maniera ipnotica all’interno della vicenda, lasciandoci in tensione dall’inizio alla fine.
Un allestimento perfettamente riuscito quello di Mario Martone, arricchito dalle scene di Sergio Tramonti e dai costumi di Ursula Patzak, elementi di cui abbiamo già parlato in precedenza, e dall’ottima mano orchestrale del Maestro Soltesz, che si trova davanti a una partitura non semplice, piena di complesse e variegate ritmie che vanno maneggiate con cura, per dare infine luogo a un insieme unitario. Il Maestro riesce a creare questo insieme e ci fa navigare dal punto di partenza a quello di arrivo su acque fluide senza ostacoli, non interrompendo mai quella tensione quasi wagneriana che si viene a creare.
Ottima anche la prova dei cantanti, che si trovano davanti a un metodo vocale completamente diverso da quello di un’opera lirica canonica. Il canto, come detto, è distorto e si fa fondamentale l’impronta espressiva e teatrale. Tutte eccellenti in questo senso le prove dei protagonisti della scena, da quella dell’istrionico Dioniso Ladislav Elgr a quella dell’arrogante Penteo Russell Braun; da quella del saggio Cadmo Mark S. Doss (al quale forse do lo scettro per la migliore interpretazione, per l’emotività trasmessa), a quella di Tiresia, interpretato da Erin Caves. Grande prova anche di Veronica Simeoni, nei panni di Agave, che stupisce soprattutto nella dolorosa scena dell’uccisione di Penteo, dove ella pensa di tenere tra le mani la testa di un cucciolo di Leone, quando invece ha quella del figlio.

Stefano Duranti Poccetti


The Bassarids
Musica di Hans Werner Henze

Opera seria in un atto
Libretto di W.H. Auden e Chester Kallman
da Le Baccanti di Euripide

Durata: 2 ore e 20 minuti
DIRETTORE Stefan Soltesz
REGIA Mario Martone
MAESTRO DEL CORO Roberto Gabbiani
SCENE Sergio Tramonti
COSTUMI Ursula Patzak
MOVIMENTI COREOGRAFICI Raffaella Giordano
LUCI Pasquale Mari

INTERPRETI PRINCIPALI
DIONYSUS Ladislav Elgr
PENTHEUS Russell Braun
CADMUS Mark S. Doss
TIRESIAS Erin Caves
CAPITANO DELLA GUARDIA REALE Andrew Schroeder
AGAVE Veronica Simeoni
AUTONOE Sara Hershkowitz
BEROE Sara Fulgoni

Orchestra e Coro del Teatro dell’Opera
Nuovo allestimento  Prima rappresentazione a Roma

In lingua originale con sovratitoli in italiano e inglese

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