26 agosto, 2015

"LaTraviata" di Enrico Stinchelli. Di Laura Cavallaro


Taormina Opera Stars. Martedì 18 agosto 2015

Pare ormai che il presupposto basta che se ne parli, alla basedi molte copertine patinate di cronaca rosa e mondana si sia esteso, purtroppo, anche al mondo dell’arte. E infatti a catalizzare l’attenzione ne La Traviata di Enrico Stinchelli, all’interno della rassegna da lui diretta Taormina Opera Stars, sembra esser stato il nudo integraledel soprano Natasha Dikanovich durante il preludio. Nessuna opinione contraria alla decisione di svestire questa prima Violetta, sì perché Stinchelli ha scelto di portarne in scena non una ma quattro, evidenziando, a suo modo di vedere, perognuna alcune peculiarità del registro vocale. Ciò che ci lascia perplessi è l’eccessiva sponsorizzazione di un aspetto a nostro avviso marginale che ha messo in secondo piano altri aspetti più interessanti dello spettacolo. La scelta registica di rimarcare la caducità dell’animo umano e la corruzione della società, sufficientemente presenti nella drammaturgia dell’opera non è chiara.
Non possiamo che giustificarlo come una trovata promozionalevisto che per di più si trattava di un nudo pudico: il soprano aveva il seno coperto da un velo e una volta apparsa scoperta di schiena è stata prontamente rivestita da Annina.Sciolta la questione spinosa entriamo nel vivo dello spettacolo. Singolare la scelta di posizionare l’orchestra in fondo al palcoscenico come se si assistesse ad un concerto, giustificandola come una decisione volta a migliorare l’acustica sia dell’ascoltatore sia dei cantanti. Di fatto l’ascolto era buono, anche se visivamente l’effetto era piuttosto confusionario, basta solo dire che l’Orchestra Taormina Opera Stars era incorniciata da un sipario turchese mentre il direttore d’orchestra, Silvia Casarin Rizzolo, era coperta da un triangolo dorato, scelta che cozzava con il resto della scenografia. Per quanto riguarda i cantanti, nonostante fossero aiutati dai monitor, hanno sicuramente dovuto affrontare una grande prova tecnica che nel complesso ha funzionato anche se non siamo certi che abbiano sempresentito l’orchestra. Forse è questa la ragione per cui nel duettoInvitato a qui seguirmi, il soprano Eva Corbetta, ha anticipato ampiamente un attacco.                                                                                                                            
L’orchestra ha regalato un’esecuzione valida, anche se non sono mancati suoni striduli provenienti dal violoncello e dai violini, probabilmente a causa dell’umiditàinficiandoalcuni passaggiper esempio nell’ouverture. Il direttore Silvia Casarin Rizzolo ha tenuto conto dei tempi e delle linee del compositore, calibrando il volume dell’orchestra in modo da non sovrastare le voci dei solisti e del coro, il quale nel complesso è stato discreto,nonostante non ci siano stati particolari slanci di colore. La regia di Stinchelli ha tentato di emancipare i cantanti dalla bacchetta del direttore, riuscendoci. Una scelta che ci è molto piaciuta poiché non sono molti i registi che si preoccupano di quest’aspetto, tuttavia è mancata una direzione del coro, il quale era per lo più statico sulla scena.Molte scelte appaiono discutibili, in primis quella di optare per quattro interpreti, interrompendo a nostro avviso lo sviluppo del personaggio sia a livello interpretativo sia musicale. Era come se ad ogni ingresso in scena di una nuova Violetta si ricominciasse da capo il percorso del personaggio che nonostante la bravura delle cantanti, di fatto non ha spiccato il volo. A convincerci poco anche la scelta di portare in scena la Morte.  L’interpreteche ne vestiva i panni appariva inesperta sul palcoscenico e la sua presenza anziché creare inquietudine e scandire lo scorrere del  tempo ricordava il personaggio di un film horror di serie b. Ancora non capiamo come mai si sia ricorsi ad un noto attore come Bruno Torrisi per fargli ricoprire il ruolo di comparsa. Molti interrogativi ai quali la rappresentazione non ha dato risposta.La scenografia, firmata dalla Bottega Fantastica, era una miscellanea di oggetti senza uniformità di stili. D’altronde nessuno firma né le scene né i costumi, anche se questo non autorizza ad un pressappochismo così dilagante. Una vera catastrofe i costumi, si rintraccia poca attenzione per le epoche storiche e per i dettagli. 

Lo stile per lo più ottocentesco ha subito non poche incursioni moderne come all’inizio del secondo atto quando Alfredo appare in scena con una giacca e un pantalone cinque tasche color cachi, oppure Annina vestita con una sottoveste nera di raso e ai piedi delle ballerine o ancor peggio quando un cantante del coro entra in scena indossando una camicia e un pantalone nero mentre i suoi colleghi erano tutti in costume. Anche gli abiti di Violetta, ad eccezione del primo, un bell’abito blu in tulle, erano raffazzonati. La Silvia Casarin Rizzolo è apparsa rigida, come se non avesse ben memorizzato i movimenti di scena, disagio che si è ripercosso anche sulla performance canora. Molte imprecisioni a livello tecnico, volume scarso, dizione approssimata, forse perché la giovane cantante è ancora troppo acerba per affrontare  una prova di questo tipo. Non si può certo dire lo stesso di Carolina Varela. La sua è stata un’esecuzione superlativa, una maturità nell’espressione e una consapevolezza dello spazio che sostenuti dalla straordinaria potenza vocale le hanno permesso di essere impeccabile. Perfetta intonazione, pregni i vibrati, la sua è stata una Violetta consapevole dell’amore e del sacrificio richiesto da Giorgio Germont, interpretato da un bravissimo Piero Terranova. Il baritono ha fatto sfoggio di un ottimo timbro e di un fraseggio sicuro supportato da una personalità recitativa di spicco. Nell’emozionante aria Di Provenza il mare, il suol, Terranova ha cantato raccontando il suo personaggio con un risultato strabiliante, confermato dagli applausi scroscianti del pubblico.                                                                                                                                                                
Il tenore Young MinOh è stato un Alfredo appassionato, il suo personaggio ha spiccato per l’attenzione rivolta ai dettagli: perfetta intonazione, pronuncia e articolazione delle paroleprecisa. Una voce ricca di tessitura e ottima padronanza del palcoscenico hanno fatto di questo cantante il protagonista indiscusso della scena. Eva Corbetta, che interpreta Violettanel terzo quadro,ha posto l’accento sull’aspetto drammatico del personaggio. Il soprano ha una voce cristallina anche se alcuni acuti sono stati metallici.Pregevole anche Tea Purtseladzeultima Violetta, sempre chiara, limpida, particolarmente intonata e precisa come nel duetto Parigi, o cara, noi lasceremo.Ciò che è prevalso maggiormente nello spettacolo è stata proprio la qualità degli interpreti e infatti anche i cantanti nei ruoli secondari sono stati all’altezza del compito.Buona l’impostazione vocale di Sabrina Messina nei panni di Flora, anche se troppe controscene nel secondo atto hanno distratto lo spettatore. Ben preparati anche Angelica Meo (Annina), Alessandro D’Acrissa(Gastone ), Antonio di Matteo(Dottor Grenvil), del quale sottolineiamo sia la potenzasiala profondità vocale, Riccardo Palazzo nel duplice ruolo di Giuseppe e del commissionario, Francesco Solinas(Barone Douphol), Nazario Pantaleo Gualano(Marchese d'Obigny) e Gino Epaminonda (domestico di Flora).Una nota dolente la presenza del corpo di ballo Danza Taormina diretto dalla coreografa Alessandra Scalambrino, che è apparso disomogeneo, impreciso e spesso fuori tempo. Alla fine tanti applausi per tutti da parte dei 4000 spettatori che con entusiasmo hanno seguito lo spettacolo.


Laura Cavallaro

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