23 novembre, 2014

“INTERSTELLAR”: LA FANTASCIENZA E’ DI NUOVO GRANDE. Di Francesco Vignaroli


Cortona, Cinema Teatro Signorelli, 17 Novembre 2014

Faccio questa insolita premessa in prima persona per dirvi che la visione di Interstellar, il nuovo film di Christopher Nolan (regista di film come Memento, Insomnia, Inception), è stata senza dubbio una delle esperienze cinematografiche più intense e profonde di tutta la mia vita. Al termine della proiezione sono uscito dalla sala a dir poco provato, e non certo per via della lunghezza (quasi tre ore) di questo magniloquente e fluviale kolossal fantascientifico, quanto per la lancinante disperazione di cui è imbevuto, di fronte alla quale è davvero difficile restare indifferenti; nemmeno il finale, aperto alla speranza, è riuscito a farmi tirare il fiato, pur dopo un apnea (in senso figurato, ovviamente) pressoché ininterrotta…

Stati Uniti, XXI secolo: improvvise tempeste di sabbia venefica flagellano il pianeta, la popolazione mondiale è stata decimata in seguito ad eventi catastrofici e per i sopravvissuti il problema principale da risolvere è la carenza di cibo, anche perché le colture sono spesso rovinate da una misteriosa epidemia vegetale; da qui la necessità del “ritorno alla terra”, cioè di una riconversione di massa all’agricoltura, divenuta ormai la principale materia di insegnamento nelle scuole. Anche Cooper, ingegnere ed ex-astronauta, si è dovuto adattare suo malgrado alla nuova situazione dedicandosi, insieme al suocero ed ai due figlioletti, alla coltivazione dei campi che circondano la sua sperduta fattoria. Almeno finché un giorno, grazie alla passione per la scienza della figlia Murph –così chiamata in onore della “legge di Murphy”-, scopre casualmente una base segreta della NASA, dove è in preparazione una missione di importanza vitale per la sopravvivenza del genere umano: la Terra è prossima alla fine ed è perciò necessario abbandonarla. A tale scopo sono già stati inviati nello spazio dodici esperti incaricati ciascuno, sfruttando un misterioso varco dimensionale apertosi in prossimità di Saturno, di spingersi fino ai più remoti angoli dell’Universo in cerca di pianeti abitabili; dai dati inviati dagli scienziati sembrerebbe che almeno tre dei sistemi visitati presentino i requisiti necessari alla vita umana. A questo punto occorre qualcuno che vada a recuperare gli esploratori e verifichi la fattibilità del trasferimento della popolazione sui pianeti idonei. Il professor Brand, capo del progetto, propone a Cooper, visti i suoi gloriosi trascorsi, di guidare la spedizione, affidandogli nel contempo anche la vita della propria unica figlia Amelia, partecipante al progetto in qualità di biologa. L’uomo è combattuto, ma il richiamo dello spazio vince sulla più che probabile possibilità di separarsi dalla famiglia per sempre...




Era forse dai tempi di Blade Runner (1982) che non si assisteva ad un film di fantascienza così importante da costituire una pietra miliare per il genere e, più in generale, per la settima arte stessa: dal mio punto di vista Interstellar si candida a pieno diritto per un posto nella storia del cinema, e pazienza se agli Academy Awards, o ad altri concorsi cinematografici, non se ne accorgeranno. Del resto, tale eventuale sorte lo collocherebbe al finaco di altri capolavori della fantascienza come lo stesso Blade Runner o, soprattutto, come 2001: Odissea nello spazio, al quale Interstellar, per ammissione dello stesso regista, è ispirato, anche se soltanto a livello tecnico: il modo in cui Nolan ha rappresentato lo Spazio e, ancor di più, le astronavi e i loro interni, richiama apertamente, costituendone una sorta di aggiornamento, l’immaginario fantascientifico kubrickiano. Ma i legami tra i due film si limitano a ciò ed al fatto che entrambi sono molto più che semplici storie di fantascienza. Fortunatamente Nolan, ben consapevole dell’inimitabile genio di Kubrick, non ha cercato un confronto a distanza, probabilmente improponibile, con 2001 (che è IL FILM), ma ha invece realizzato un’opera -con il consueto apporto del fratello sceneggiatore Jonah- che, analogie tecniche a parte, si sviluppa su ben altre basi narrative e filosofiche: 2001 è un saggio supremo di perfezione tecnica ed estetica, un inno alla terribile quanto incomprensibile bellezza del cosmo, un esaltante tripudio di immagini&musica, un sublime ed eterno esempio della creatività umana, un capolavoro dal fascino magnetico ed irresistibile, privo di una vera e propria trama, misterioso ed impenetrabile proprio come il monolite nero che ne è il simbolo, ed è proprio il suo mistero che nel corso degli anni (ancora oggi) lo ha sottoposto a dibattiti dai quali sono emerse le più disparate letture in chiave ideologica, filosofica, politica…Interstellar invece, nonostante qualche buco narrativo e pur nella sontuosità della sua confezione e nella -enorme- complessità degli innumerevoli riferimenti scientifici alla teoria della relatività einsteniana ed ai paradossi spazio-temporali (che voti prendevate in fisica?), è un film, paradossalmente, quasi limpido e semplice se ci concentriamo sui due principali nuclei tematici: - il toccante rapporto affettivo padre-figlia, elemento che, sempre riportando le parole dello stesso Nolan, fa di Interstellar un “film per famiglie” e lo avvicina ad un altro capolavoro della fantascienza, Incontri ravvicinati del terzo tipo (anche se qui siamo lontani anni luce dall’ottimismo dello Spielberg di quel periodo!); - l’epica missione spaziale in cui il protagonista ed i suoi compagni sperimentano, tra solitudine, alienazione, distorsioni temporali e difficoltà, tutta la drammaticità dell’esistenza umana, una visione pessimistica e sconsolata che è figlia di un esistenzialismo disperato a tratti insostenibile e per nulla attenuato da un finale che, in virtù di quanto visto prima, non può proprio essere catartico. Ma da dove nasce tutto questo malessere? Da cosa o da chi possono aver tratto ispirazione i fratelli Nolan per concepire una visione del futuro –prossimo- così radicalmente negativa? La risposta, purtroppo, sembra essere fin troppo scontata, e ce l’abbiamo sotto gli occhi proprio in questi giorni: la crescente incidenza sulla nostra vita dei disastri dovuti all’inquinamento e ai cambiamenti climatici, dietro ai quali non è ormai più negabile la responsabilità umana, ci fa vivere quotidianamente in un clima da fine del mondo (“MILLE E NON PIU’ MILLE”), come del resto ammonisce gran parte della comunità scientifica, secondo la quale siamo ormai vicinissimi al punto di non ritorno, oltrepassato il quale il pianeta andrà incontro ad un collasso irreversibile. Alla luce di queste considerazioni il film si configura sia come monito al genere umano che come cupa, e purtroppo plausibile, previsione di quello che potrà essere il nostro futuro, e questo nonostante Nolan, agendo abilmente di sottrazione e rendendo così il tutto più inquietante, non dia alcuna spiegazione né riguardo alla recente catastrofe che ha colpito la Terra rendendola progressivamente sterile, né riguardo alle tempeste di sabbia, e non chiami quindi direttamente in causa l’uomo…ma ce n’era forse bisogno??!! A mio parere è il messaggio ecologista il vero cuore del film, al cui servizio viene messo l’enorme sforzo produttivo che ha reso possibile una realizzazione tecnica a tratti impressionante che, però, non scade mai nell’autocompiacimento o nello sfoggio di stile fine a sé stesso: sia l’estetica che le sequenze di azione pura passano in secondo piano rispetto agli aspetti concettuali del film e, per questo, possiamo sì considerare Interstellar un kolossal, ma a patto però di specificare che, caratteristica solitamente poco affine a questo termine, di kolossal con un’anima si tratta!
Bravissimo il protagonista Mattew McConaughey, che riesce ad essere eroico e commovente al tempo stesso; una piacevole conferma il contributo del veterano Michael Caine, efficace l’incursione di Matt Damon nel ruolo più sgradevole del film, quello dell’infido dr. Mann.

D’accordo, l’arte non sarà in grado di cambiare il mondo, ma l’efficace dimostrazione -che si appella a puntigliosi riferimenti scientifici- di quanto sia (e sarà) difficile per l’essere umano trovarsi una nuova casa nel Cosmo (la Natura, come ci ha ricordato Leopardi, se ne frega dell’uomo), potrebbe essere un motivo più che valido per stimolarci a curare quella che abbiamo già…

Francesco Vignaroli

1 commento:

  1. Secondo me il rapporto tra 2001 e interstellar può essere visto così: su 2001 l'uomo è incapace di arrivare alla verità assoluta, alla conoscenza ultima, per la presenza di un essenza (Dio?) superiore e irraggiungibile (il monolite) ; di contro l'uomo o meglio l'umanità è capace con le proprie forze di migliorare costantemente, i dubbi e le cose insensate sono solo momentaneamente tali (il "fantasma" che alla fine è l'uomo stesso) e nulla è precluso all'uomo in un lasso temporale abbastanza lungo (la quinta dimensione si intuisce che sia stata creata ad hoc da loro stessi con la stessa logica coi cui il protagonista comunica con la figlia attraverso la gravità). Poi su interstellar si è posta molta importanza sull'amore, come quando l'astronauta stava per scegliere il pianeta, effettivamente giusto, del suo innamorato. Non ricordo ora se il tema dell'amore era presente su 2001, ma principalmente c'era il dualismo uomo macchina come sfondo alla vicenda principale. Alessandro

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