07 maggio, 2013

"Viaggio sola": solitudine o libertà? Di Francesca Saveria Cimmino



Film di Maria Sole Tognazzi, interpretato da Margherita Buy nei panni di Irene, un’ispettrice alberghiera.
Vivere in non-luoghi, vivere da soli. Libertà significa poter sbattere le ali serenamente senza timore di invadere il territorio altrui e senza avere una meta precisa. Andare, con se stessi, ovunque e sentirsi appagati. Una fortuna senza pari, ma contemporaneamente un rischio. Il pericolo è quello di confondere l’indipendenza, l’autonomia, il bastare a se stessi con la solitudine. Un confine labile e una linea sottile dividono questi due concetti; sfumando attraverso la malinconia che prima o poi si impossessa della mente umana e rischia di farla cadere nella consapevolezza di esser tristemente un numero primo.
Irene è una donna forte, audace, fiera della vita che ha costruito faticosamente. Sua sorella (Fabrizia Sacchi) è sposata e ha due bambine ma la sua vita sembra essere noiosa e piatta; il suo migliore amico (Stefano Accorsi) sta per diventare padre e a stento conosce colei con cui ha concepito. Ognuno ha una vita, ognuno dei dolori e delle gioie conservati nel cassetto. C’è chi urla, chi resta in silenzio e chi si adatta alla realtà cercando di colmare i vuoti con meditazione, lettura e sport. Benessere e felicità sono parametri assolutamente soggettivi, e questo è un messaggio del film chiaro e rilevante. Ciascuno sceglie la propria strada, ognuno decide se e quando fermarsi; questo viaggio è individuale e bisogna basarsi sull’istinto, sulle passioni; circondandosi di positività o sforzandosi affinché si tenda a quest’ultima.
Non è facile stabilire se la vita di Irene sia migliore o peggiore di quella di chi abbia preferito condividere con qualcuno il cammino. La compagnia può essere il miglior bastone, ma anche un fardello o una preoccupazione di troppo. Il montaggio alternato tra il taxi in cui Irene gioca con le nipoti e il motorino su cui è seduta sua sorella con il marito è una scelta di regia idonea se il fine è quello di rappresentare attraverso le immagini una dualità  e contemporaneamente una continua necessità di confronto. L’uomo è un animale sociale; eppure convivere con “io, me e me stessa” talvolta è la sfida più difficile da affrontare e da vincere.
Interessante la fotografia, il soggetto e la sceneggiatura del prodotto filmico.

Francesca Saveria Cimmino

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