08 aprile, 2013

Nati nell’epoca sbagliata. RICORDA CON RABBIA di John Osborne nell’interpretazione di Stefania Rocca e Daniele Russo. Di Mario di Calo



Roma, Teatro Ambra Jovinelli. Dal 4 al 14 aprile 2013

C’è una frase emblematica che pronuncia all’inizio della commedia Jimmy, il protagonista di RICORDA CON RABBIA di Johm Osborne, ed è: “Io mi domando perché passo così tutte le domeniche, persino le recensioni dei libri sembrano le stesse della settimana scorsa, il libri cambiano, le recensioni no!”.
Questo è l’empasse in cui si trova spesso il recensore, gli spettacoli cambiano, le recensioni no o l’esatto contrario? Spero di dimostrare il contrario. In realtà credo che Luciano Melchionna, mettendo in scena per il Teatro Bellini di Napoli, che ne è il produttore, lo spettacolo che abbiamo visto in prima romana al Teatro Ambra Jovinelli (a cui auguriamo di cuore di trovare una giusta soluzione con le istituzioni preposte vista l’imminente chiusura e di avere ancora lunga vita e presenza nel quartiere Esquilino che ha urgente bisogno di cultura e di una illustre presenza teatrale), abbia trattato il famoso testo di John Osborne andato in scena per la prima volta nel 1956, al tempo appartenente al gruppo degli Angry Young Men, come un classico e non come una rivisitazione, e di conseguenza ne è venuto fuori uno spaccato epocale, per quanto l’azione si svolga in un hangar, deposito di elettrodomestici, autorimessa o magazzino che sia, contemporaneo ed attualissimo, (bellissima la scena di Francesco Ghisu). La rabbia di Jimmy è una rabbia generazionale, chi non è stato arrabbiato e contestatore verso i venti anni per poi omologarsi nella maturità? Tutto questo nello spettacolo è ben evidenziato da una regia puntigliosa e precisa a tratti onirica, quasi quasi si lascia contagiare dalla rabbia di cui è intriso il testo ormai divenuto rappresentativo per quella generazione.
Jimmy è sposato da tre/quattro anni con Alison e gestisce con il fedele amico Cliff un banco al mercato rionale, ma, nonostante il lavoro gli vada bene, pare che la sua unica preoccupazione sia di inveire contro il suo prossimo e a quanto pare anche il matrimonio è stato solo una scenata: la moglie sopporta con amore devoto fino a quando non scopre di essere incinta e, incoraggiata dall’amica Elena, trova il coraggio di abbandonare marito e casa, ma così facendo non fa altro che condurre nelle braccia dell’amica l’amato marito, viene così a riproporsi un menage, ma l’aborto spontaneo fa ritornare Alison a casa e la coppia può ricominciare laddove il rapporto si era interrotto.
Quante energie si sprecano per le donne” quindi “Tanto vale farsi distruggere dalle donne”, questo è l’assunto del bellissimo taglio dato dalla regia di Luciano Melchionna che, insieme a Gabriella Schina, ne cura anche la traduzione e l’adattamento del testo, e in omaggio all’ente produttore infarcisce il dialogo anche di riferimenti partenopei con quel “killer della parmigiana”, o bancarella al mercato, o con quel profumo di caffè che si effonde per la sala che un attore prepara durante la scena, elementi che ben si integrano nell’agile spettacolo, e anche il finale del primo tempo, il cambio di coppia ribalta e capovolge la situazione ed è di sicuro effetto quell’inversione di prospettiva data dalla metafisica sospensione di oggetti fin ad allora disposti in un ordine prospettico… improvvisamente ci troviamo in una dimensione surreale ed astratta.
Sylvia De Fanti è una Elena canterina e realista nel difficile compito di guastafeste, mentre Marco Mario De Notaris, “terra di nessuno” come si autodefinisce, l’amico di sempre, probabilmente anche lui innamorato di Jimmy, rempie il suo personaggio di autocontrollo e di contegno ad oltranza, ma probabilmente vorrebbe urlare anche lui la sua rabbia al mondo. Stefania Rocca riassume la sua bella e commovente interpretazione nelle parole che Alison, il suo personaggio, dice ad Elena riferendosi a Jimmy: “Lasciagli la sua sofferenza, io vorrei solo un po’ di pace”, è compassata e giustamente devota al marito, a testa china sempre subisce e incassa ogni attacco e furia del marito, ma il fulcro ed il motore della serata è Daniele Russo, che ha lo physique du rôle del giovane arrabbiato, rasato e con barba da black bear americano, con felpa smanicata e spesso incappucciato, ottimo suonatore di sax come richiede il testo, è sempre teso e presente nelle tre ore di durata dello spettacolo, si dimena, si contorce, piange, accusa, ma purtroppo il vero inquisito è lui con le sue problematiche e mancanze affettive, e il riscatto per entrambi avviene nello straziante finale quando con uno scoppio di rabbia Alison/Stefania Rocca confessa l’attaccamento e tutto il suo amore a Cliff/Daniele Russo e la scena è invasa da centinaia di orsetti di peluche. Mentre si ritrovano giocando come eterni bambini, cala dall’alto, in proscenio, un’enorme grata fitta, che è per tutti la gabbia dei sentimenti in cui volutamente o no ogni essere umano ci si va a imprigionare.

Mario di Calo


RICORDA CON RABBIA di John Osborne
Prodotto da Teatro Bellini - Teatro Stabile di Napoli
con    
Stefania Rocca, Daniele Russo,
Sylvia De Fanti, Marco Mario De Notaris
regia 
Luciano Melchionna
consulenza musicale di Giovanni Block
scene
Francesco Ghisu
dal 4 al 14 aprile al teatro Ambra Jovinelli di Roma

1 commento:

  1. il testo è meraviglioso...ma ho seri dubbi sulla rocca....scusate!!! Adriana

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