21 marzo, 2013

La semplicità ingannata. Satira per attrice e pupazze sul lusso d’esser donne. Seconda tappa del progetto sulle Resistenze femminili in Italia. Liberamente ispirato alle opere letterarie di Arcangela Tarabotti e alla vicenda delle Clarisse di Udine. Di Daria D.



Milano,Teatro Verdi. 15 marzo 2013

Vestita di  bianco, sembra una rosa (scopriremo più tardi che ha spine pungenti e graffianti) Marta Cuscunà si presenta in scena, ha un atteggiamento dolce, femminile, remissivo e comincia così a raccontarci il destino delle donne quando i padri sceglievano per loro chi avrebbero dovuto sposare, mettendole all’asta, come bestie al mercato, al migliore offerente, e ognuna era quotata in base ai soldi che portava in dote.
Siamo nel Rinascimento, nell’Italia settentrionale ma potremmo essere anche da qualsiasi altra parte, la sorte non cambiava, le alternative erano sempre le stesse: spose, cortigiane o monache.
 Le ragazze dal carattere ribelle, capaci di combattere con gli uomini diventavano cortigiane oneste, quelle belle andavano in spose a uomini ricchi e quelle con difetti fisici rinchiuse in monastero dopo una cerimonia simile a un funerale: un velo nero posato su una testa privata di un simbolo di femminilità come i capelli. Un’umiliazione in più. Ma non c’era alcuna possibilità di poter dire no, di esprimere la propria disapprovazione o il proprio parere, in fondo si doveva pagare la colpa di essere nate femmine e non maschi. Il possesso sulle figlie era totale e indiscutibile.
La brava regista attrice e drammaturga friulana, che dal 2009 fa parte del progetto Fies Factory di Centrale Fies, con uno stile molto piacevole, ricco di sfumature e sensibilità, e anche di umorismo e satira porta sulla scena il testo con il quale ha vinto il Premio Last Seen 2012 e che è la vita di Arcangela Tarabotti monaca e scrittrice veneziana, nata da una ricca famiglia e lievemente zoppa, che insieme con altre consorelle dell’ordine delle clarisse fu accusata dal tribunale dell’Inquisizione di essersi opposta ai dogmi della chiesa.
Marta non è sola sul palco. Ci sono anche sei pupazzi a forma di monaca e uno che rappresenta un vescovo, ricorda un dragone cinese che sputa fuoco dalle fauci, cui lei dà  voce e movimento, con grande maestria e naturalezza. Bastano piccoli improvvisi cambi di tono e uno spostamento da un lato o dall’altro e sentiamo parlare la clarissa chiamata Immacolata, e anche Mansueta e Innocenza e poi discutere insieme da donne e non da suore sul loro ruolo all’interno del convento. E siccome sono figlie di famiglie molto in vista, possono ricevere visite di parenti e chiedere loro di portare dentro libri. E così le clarisse, poco a poco diventano, nel Convento di Santa Chiara di Udine, delle “trafficanti di carta non autorizzata”, ossia testi di alchimia, di storia, di scrittori come Plauto e Paracelso, con cui le clarisse si formano una cultura critica e battagliera, quindi pericolosa per l’ordine e il potere.
Ma in città ben presto si sparge la notizia di questo gruppo di suore ribelli fino ad arrivare alle orecchie del vicario che da’  inizio a una pratica per riformarle. Le clarisse sono accusate di eresia perché hanno osato essere donne pensanti e per nulla schiave della madre (meglio sarebbe dire padre) Chiesa.
Marta  Cuscunà aveva già portato sulla scena donne semplici, del popolo, sconosciute ai più, come quelle che parteciparono alla Resistenza e furono sostenitrici della pace, qui invece fa un salto molto indietro nel tempo e ci racconta del famigerato Tribunale dell’Inquisizione che condannò Arcangela di eresia.
Ma Arcangela fu alla fine dichiarata innocente, dopo un processo avvenuto a Venezia, lontano dalla città di Udine che parteggiava per la sua sorte e quella delle consorelle. Insomma il tribunale non riuscì, nonostante il suo potere smisurato e ottuso, a fare piegare la testa a quelle combattenti antilitteram per l’emancipazione femminile, intesa come rivendicazione al diritto di esistere nella dignità, nel rispetto e non soltanto come macchine per procreare, braccia per lavorare, corpi da umiliare, e spiriti da soffocare.
La semplicità di cui parla Marta ricorda l’innocenza che Cristo invitava a non scandalizzare, invece quante volte il suo insegnamento è stato trasgredito e travisato.  E così la semplicità di queste donne, di tante donne, è stata usata, manipolata, ingannata dai maschi, in nome di regole, leggi, pratiche da loro stessi inventate per tenerle schiave, lontane dal potere e dalle decisioni.
La Cuscunà ha una forte personalità, che viene fuori da un testo intelligente e originale, una recitazione e una regia sentite, senza inutili esagerazioni o momenti di stasi, sempre con leggerezza e ironia, pur graffiando e lasciando sulla pelle di noi spettatori piccoli segni d’amore per la verità, la libertà e la dignità delle donne.
Donne che, nonostante tutto e tutti, riescono sempre a vedere “ punti di luna” anche nella notte più nera.

Daria D.



La semplicità ingannata
di e con Marta Cuscunà
Assistente alla regia Marco Rogante
Disegno luci Claudio “Poldo” Parrino
Disegno del suono Alessandro Sdrigotti
Tecnica di palco, delle luci e del suono Marco Rogante, Alessandro Sdrigotti
Realizzazioni scenografiche Delta Studios; Elisabetta Ferrandino
Realizzazione costumi Antonella Guglielmi

Co-produzione Centrale Fies, Operaestate Festival Veneto

Con il sostegno di Provincia Autonoma di Trento-T-under 30, Regione Autonoma Trentino-Alto Adige/Südtirol, Comitato Provinciale per la promozione dei valori della Resistenza e della Costituzione repubblicana di Gorizia, A.N.P.I. Comitato Provinciale di Gorizia, Assessorato alla cultura del Comune di Ronchi dei Legionari, Biblioteca Sandro Pertini di Ronchi dei Legionari, Assessorato alle Pari Opportunità del Comune di Monfalcone, Claudio e Simone del Centro di Aggregazione Giovanile di Monfalcone.

Con il sostegno dei partecipanti al progetto di microcredito teatrale: Assemblea Teatrale Maranese-Marano Lagunare UD; Federico Toni; Laboratorio Teatrale Re Nudo-Teatri Invisibili; Nottenera.Comunità_Linguaggi_Territorio; Bonawentura/Teatro Miela-Trieste; Spazio Ferramenta; Tracce di Teatro d’Autore; L’Attoscuro Teatro - Montescudo di Rimini.

Liberamente ispirato a Lo spazio del silenzio di Giovanna Paolin, (Ed. Biblioteca dell’Immagine, 1998)

Ph Alessandro Sala/Cesuralab

Marta Cuscunà fa parte del progetto Fies Factory

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