19 febbraio, 2016

Maximilian Nisi e i suoi "Narcisi". Intervista di Claudia Conte


Cari lettori del Corriere dello Spettacolo,
Oggi in esclusiva per voi Maximilian Nisi, raffinato attore attualmente in scena con lo spettacolo "I Narcisi. Ovvero dente per dente" con Vincenzo Bocciarelli per la regia di Mario Mattia Giorgetti.

Foto Max Malatesta
Ciao Maximilian. Di cosa tratta la commedia?

È una pièce scritta da Carlo Terron intitolata "I narcisi - ovvero dente per dente".
Nel 1963 Edmo Fenoglio decise di metterla in scena al Teatro S. Erasmo di Milano. Corrado Pani ed Antonio Venturi furono interpreti eccellenti ed il riscontro del pubblico e della critica fu grande.
È una pièce scritta sapientemente da un autore di grande sottigliezza intellettuale e di forte tensione morale. Terron oltre ad essere stato un sagace drammaturgo fu un attento psicologo e l'analisi che offre dei suoi personaggi 'fagocitati' da un paese in trasformazione è notevole.

Da quanti anni tu e Bocciarelli non lavoravate assieme?

Esattamente venti. Che paura! Dopo tre anni di frequentazione quotidiana alla Scuola del Piccolo Teatro di Milano diretta e fondata da Giorgio Strehler, abbiamo lavorato per tre anni nelle stesse produzioni. Erano anni 'densi' quelli; anni con un senso di necessità che, ahimè, è andato via via scemando. Shakespeare, Dostoevskij, Sofocle, Goldoni, Cechov. Abbiamo fatto tourneè che duravano mesi. Abbiamo preso parte a spettacoli che erano veri e propri eventi per noi che li facevamo, per il pubblico che li veniva a vedere e per la critica che li recensiva. Abbiamo recitato in Grecia, a Seul, a Pechino, a Tokio, a Singapore. Poi il lavoro ci ha divisi e ci ha portato a percorrere strade diverse. Il 'caso' ha voluto che ci rincontrassimo un pomeriggio, qualche mese fa, ad una mostra io, lui e Mario Mattia Giorgetti, direttore della rivista Sipario, regista e Presidente della Fondazione Carlo Terron ed eccoci qua.

Cosa vi aspettate da questo progetto?


La commedia è bella, noi siamo molto giusti nei ruoli: Fausto-il sole sembra scritto per Vincenzo ed io mi trovo abbastanza a mio agio nei panni di Ugo, detto uccello di fuoco. Abbiamo voglia di far conoscere un testo, intelligente e divertente, che oggi ci sembra attuale più che mai.
La nostra è una società narcisistica, superba, capricciosa. Il narciso è l'uomo iper-moderno che suscita amore, tenerezza, ammirazione ma non può a sua volta provare o ricambiare tutto ciò. È l'uomo anestetizzato affettivamente che non ha interesse ad entrare in relazione con il prossimo creando con lui dei legami. Come nel mito di Ovidio il narciso può innamorarsi solo di ciò che gli assomiglia ed è affascinato solo dalla sua immagine ideale. È una vera e propria malattia, un' idolatria fatale, subdola e pericolosa.

Mario Mattia Giorgetti curerà la regia dello spettacolo. È la prima volta che lavori con lui?

No. Conosco Mario Mattia dal 1994. Fu lui a portare in Italia Teodoros Terzopoulos per dirigere l' "Antigone" di Sofocle al Teatro Olimpico di Vicenza. Lo conobbi in quell'occasione. Fu un'esperienza unica. Dividevo la scena con Galatea Ranzi, Pino Micol, Fabrizio Gifuni, Sonia Bergamasco, Paolo Musio e Vincenzo, straordinario messaggero. Io ero Emone. Grazie a quel ruolo vinsi nel 1995 il Lauro Olimpico. Fu poi la volta de "Il Mercante di Venezia" di Shakespeare e di "Visiting Mr. Green" di Baron spettacoli da me interpretati e da lui diretti. Vincenzo ha recitato con la sua regia ne "Il processo agli innocenti" di Carlo Terron. Mario Mattia è un uomo di teatro, un uomo di cultura. È sempre in viaggio per il mondo, attento e curioso come un bambino.

Tornassi indietro rifaresti il percorso che stai facendo? Sceglieresti sempre il mestiere dell'attore?

In verità non ho mai scelto di fare l'attore. È capitato. È stata una concomitanza di eventi in cui non so neanch'io come mi ci sia trovato. È come se fossi salito su un treno un mattino in cui ero particolarmente assonnato. Ecco, il mio viaggio è cominciato così. E continuo a viaggiare su quel treno senza sapere esattamente dove mi stia portando. A volte penso che una meta precisa non ci sia.
Copeau diceva che il teatro non nasce dove la vita è piena e dove alberga la soddisfazione ma dove ci sono delle ferite, dei vuoti. Io ho mille ferite ed infiniti vuoti. Ho paure, mancanze ed eterne speranze. Forse per questo faccio il teatro: ho la necessità folle di raccontare tutto questo nel tentativo di esorcizzarlo.


Curata da Claudia Conte

www.claudiaconte.com

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