20 gennaio, 2016

L’IDENTITÁ COME UNA MASCHERA: IL "FU MATTIA PASCAL" DI TATO RUSSO. Di Sara Bellebuono


Trento, Teatro Sociale. Dal 14 al 17 gennaio 2016

Il fu Mattia Pascal di Tato Russo, andato in scena al teatro Sociale di Trento dal 14 al 17 gennaio 2016, assume quasi le caratteristiche di un thriller. Lo spettacolo è tratto dal celebre romanzo che Luigi Pirandello pubblicò nel 1904, in un periodo travagliato della sua vita. Le preoccupazioni economiche e l’aggravarsi dei problemi psichici della moglie Antonietta, segnarono pesantemente l’autore, che riversò il suo pessimismo nelle sue opere. Nel romanzo, il suo primo grande successo, ritroviamo le tematiche che domineranno la produzione letteraria di Pirandello: l’inettitudine dell’uomo contemporaneo, la sensazione di vuoto che lo tormenta, l’inconoscibilità del reale.
Possiamo dunque immaginare quanto sia difficile mettere in scena un’opera così complessa. Già due registi hanno recentemente affrontato quest’opera a teatro: Tullio Kezich nel 2004 (con Massimo Dapporto nella parte di Mattia Pascal) e Stefano Mecca nel 2008, che intitolò lo spettacoloIo sono la tua pazzia.
Mantenendo il linguaggio dell’autore, Tato Russo (che interpreta anche la parte di Mattia Pascal) ha realizzato uno spettacolo semplice, originale e “popolare”. Assistiamo infatti, ad un vero e proprio “viaggio nella memoria” del protagonista. Una voce fuori campo introduce gli episodi salienti della vita di Mattia Pascal e trasporta il pubblico nella sua anima.
Ho il dubbio di non aver vissuto affatto”, afferma Mattia Pascal nella prima scena. Egli è un bibliotecario di Miragno, sposato con Romilda (Carmen Pommella) dalla quale ha un figlio, e portato alla rovina da Batta Malagna (Peppe Mastrocinque), l’amministratore delle ricchezze lasciategli dal padre. Mattia però, è innamorato da sempre di Olivia (Katia Terlizzi), moglie di Batta Malagna,. Oppresso dalla sua miserabile vita, Mattia Pascal decide di fuggire. Giunto a Montecarlo diventa ricco giocando alla roulette. Dopo alcuni giorni legge sul giornale la notizia del ritrovamento di un suicida, erroneamente identificato dalla suocera come “Mattia Pascal”. Per l’uomo è l’inizio di una nuova vita: cambia look, si fa crescere i baffi e assume una nuova identità, quella di Adriano Meis. A Roma è ospite della pensione del signor Paleari (Francesco Ruotolo), che ha una figlia, Adriana (Katia Terlizzi), della quale Mattia si innamora ricambiato. Se da una parte “Adriano Meis” si sente attirato dalla ricerca di una nuova vita, dalla libertà e dalla possibilità di vivere come aveva sempre desiderato, si renderà conto ben presto dell’impossibilità di un’esistenza al di fuori della legge. Mattia decide quindi di inscenare un nuovo finto suicidio, lasciando una lettera di addio alla povera Adriana. Tornato a Miragno dalla sua famiglia, scopre che tutto è cambiato: Romilda si è risposata e ha una figlia, i suoi compaesani lo emarginano. A Mattia resta solo il suo lavoro in biblioteca, dove trascorre le giornate a scrivere la sua biografia.
Come si accennava in precedenza, la messinscena è molto particolare. Gli attori recitano più parti e ipersonaggi non entrano in scena, sono già sul palco: come in un sogno essi vengono portati in vita attraverso un gioco di luci ed ombre, un espediente ben riuscito grazie alla scenografia essenziale, ma di grande effetto: su uno sfondo nero si stagliano i vari arredi (un tavolino, delle sedie, uno specchio, uno scrittoio e un letto) coperti da teli neri che vengono fatti scivolare ad ogni cambio di scena.
Alcune parti dello spettacolo meritano una particolare attenzione. La terza scena del primo atto si concentra su Mattia Pascal e su tre donne che hanno segnato la sua vita: Romilda, la suocera (la “strega”, interpretata da Caterina Scalaprice), che non nasconde l’astio nei confronti di Mattia, e sua madre,succube della suocera del figlio, gracile, malata, forse la più autentica forma di tenerezza nella vita di Mattia Pascal. Questa scena è emblematica perché rappresenta uno dei motivi che spinge l’uomo a fuggire: le continue vessazioni della suocera, che, dopo la morte della madre e del bambino avuto da Romilda, lo definisce “assassino”, riecheggiano nella mente del protagonista e nell’oscurità del palco.
Anche il signor Paleari è un personaggio di rilievo. In una discussione con Mattia, l’uomo espone la “filosofia del lanternino”, secondo la quale l’uomo a differenza degli altri esseri viventi, ha la capacità di “sentirsi vivere”e ha coscienza del proprio vissuto. Secondo Paleariil lanternino rappresenta il sentimento umano alimentato da illusioni di fede, senza del quale rimarrebbe solo il buio e l’angoscia.
Nello spettacolo gioca un ruolo importante anche la “maschera”,come nella scena in cui Silvia Caporale (Marina Lorenzi) paragona Andriano Meis ad un attore mascherato e gli consiglia di “assumere un’ altra faccia” tagliandosi i baffi. Nell’ultima scena del secondo atto Mattia, ormai ignorato da tutti e rassegnato ad essere il fu Mattia Pascal, è di fronte alla sua tomba: tutti i personaggi sono sul palco con il volto coperto da una maschera, simbolo di finzione scenica, ma soprattutto di ciò che viene imposto dalla società che ci condanna ad essere noi stessi.

Sara Bellebuono


PRODUZIONE: T.T.R. IL TEATRO DI TATO RUSSO
con Tato Russo, Renato De Rienzo, Massimo Sorrentino, Katia Terlizzi, Salvatore Esposito, Marina Lorenzi, Caterina Scalaprice,Carmen Pommella, Peppe Mastrocinque, Francesco Ruotolo, Lorenzo Venturini.
regia Tato Russo
scene Tonino Di Ronza
costumi Giusi Giustino
musiche Alessio Vlad

luci Roger La Fontaine

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