19 gennaio, 2016

“La Strada”. Un grande “Quasi”. Di Daria D.


Milano, Teatro Franco Parenti. 13 - 24 gennaio 2016

Una storia di suicidi amatoriali, un quasi dramma, una quasi commedia, un quasi racconto psicologico, insomma un Quasi, come del resto è tutto quello che voleva essere e fare Jack, Francesco Brandi, un quasi pittore, un quasi scrittore... che apre la scena, sotto la neve, alle prese con una catena da montare, e che naturalmente arriverà quasi a mettere, se non fosse che la presenza improvvisa di Paul, Francesco Sferrazza Papa, lo distrae e lo infastidisce e così quasi dimentica perché sia lì, lui e il suo cane di pezza cui si rivolge come fosse quasi vero. Perché lui era venuto lì per suicidarsi, ma se hai intenzione di suicidarti che ti importa se la catena non si monta? E se ti occupi della catena bastarda allora sei proprio un suicida amatoriale!
Paul è il giovane bello e “dannato” della storia, che cerca di fuggire da un matrimonio cui è “costretto”, ma da chi? Ma perché? Un tipo così, che ha tutto nella vita, o almeno così appare agli occhi invidiosi di Jack, non avrebbe certamente problemi a stare con moglie e amante nello stesso momento, anche dopo il fatidico “Sì”, cosa che del resto ha fatto per anni. Insomma, fugge nella bufera di neve, e sulla sua strada incontra il poveraccio di Jack, che vorrebbe solo morire in pace. Comincia così una schermaglia di battute tra il giovane povero e incavolato e quello ricco annoiato e triste, dove vengono fuori molti cliché tipici di chi ha e di chi non ha.
Ma poi “il chi non ha”, saputo che Paul conosce Roberto Baggio, il suo idolo di quando era teenager, dimentica l’idea del suicidio, lasciandosi tentare dalla prospettiva  d’incontrarlo il giorno del matrimonio di quello che ora sembra il suo più grande amico. Un po’ facile, no? Comunque, lascia la macchina in no man’s land, e sale su quella di Paul, accettando così la proposta di posporre di 24 ore la sua morte per incontrare l’idolo della sua vita, cui sembra più attaccato della fidanzata, che in fondo è una stronza che l’ha tradito. Ma anche Baggio l’ha tradito, sbagliando quel rigore ai mondiali del 1994 contro il Brasile. E allora, come la mettiamo? Ci vuole proprio un bel suicidio.
Per strada Paul sceglie, come addio al celibato, di fare una capatina dall’amante, mentre Jack aspetta in macchina. Ci pare un’ottima idea. All’arrivo nella villa di famiglia, Paul fa spogliare Jack dei suoi abiti da sfigato e gli passa un bell’abito da cerimonia, e così i due, elegantissimi, sono pronti per la cena con tutta la famiglia che ovviamente non sarà affatto sorpresa di vedere un nuovo ospite. Affatto? Jack incontra così il bel mondo, beve champagne, discorre con persone interessanti, mangia caviale, assapora il gusto dei soldi, fa persino amicizia con la cugina cicciona di Paul. Sembra un po’ la versione maschile di “My Fair Lady”. Stupito e contento, Jack decide così di cambiare opinione sulla vita, anzi sulla sua vita, e non denigra più nessuno dall’altra parte. Perché lui è un tipo dalle decisioni improvvise, quasi quasi rinuncia al suicidio. Anzi non quasi, ci rinuncia proprio, anche se Baggio era un'invenzione per allontanarlo dall'idea della morte. Mentre Paul, con gesto plateale, forse l'unico della sua vita, e che mi ero francamente aspettata, al pranzo nuziale si tira un colpo in testa con la pistola, che è un oggetto che hanno tutti, sia ricchi che poveri e che sanno usare quasi bene o forse per niente.
Jack piange la morte dell’amico e lo invidia di avere avuto il coraggio di essere andato fino in fondo.
Come debutto alla regia, il giovane Raphael Tobia Vogel ha scelto un testo che ci appare “vecchio”, un déjà  vu che non dice nulla di nuovo, anche se raccontato con un linguaggio divertente e non privo di humor nero. Ma, per esempio, l’idea di introdurre il divo Baggio, invece che alleggerire la storia, ha l’effetto contrario, diventando troppo ripetitiva e poco efficace. Anche la trovata che i due si chiamino con nomi stranieri perché hanno una madre entrambi (!) di Liverpool non rende la storia meno italiana.
Alla fine ci chiediamo quale fosse il dramatic concept di quello che abbiamo visto, anche se era piacevole, gli attori bravi, soprattutto Francesco Sferrazza Papa, le idee registiche interessanti sui cambi di scena, il tempo che passa, l’ambientazione. Ma il tutto rimane un quasi...
Rifugiarsi sui classici è sempre o quasi sempre una garanzia, lavorare su nuove drammaturgie è un rischio, che può andare a segno oppure fallire, anche se la colpa, come in una coppia  sempre fifty/fifty. Ma ben venga il rischio, gli errori fanno crescere, se si è umili e sensibili abbastanza per capirli e cercare di superarli.
Ti aspettiamo alla prossima regia Raphael, la vita è lunga e l’arte anche, non esiste il tutto e subito, o forse esiste solo nel giardino di Paul. Ma quello era solo una finzione.

Daria D.


Per strada
di Francesco Brandi
regia Raphael Tobia Vogel
con Francesco Brandi e Francesco Sferrazza Papa
scene e costumi di Andrea Taddei
video di scena Cristina Crippa
assistente alla regia Gabriele Gattini Bernabò
direttore dell'allestimento Lorenzo Giuggioli
Produzione Teatro Franco Parenti
Prima nazionale

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