21 novembre, 2015

“SPECTRE”: PER DANIEL CRAIG UN CONGEDO SOTTOTONO DALLA SAGA DI 007. Di Francesco Vignaroli


Cortona, Cinema Signorelli. Lunedì 9 novembre 2015

Daniel Craig ha annunciato, in termini piuttosto coloriti (eufemismo: vedere rassegne stampa…), che quella in Spectre sarà la sua ultima apparizione nei panni di James Bond. Preso atto di ciò, aggiungo subito che il commiato avrebbe meritato una cerimonia migliore. Certo, sarebbe esagerato, utilizzando la terminologia militaresca, parlare di “congedo con disonore” poiché, in fondo, l’attore non ha particolari responsabilità sull’esito artistico di Spectre, nel quale sfoggia il suo solito bondismo algido e asciutto, di stampo “realista”, pienamente in linea con gli altri tre episodi di 007 da lui interpretati (Casino Royale, Quantum of solace e Skyfall). No, più che Craig, a non convincere è il film nel suo complesso, che segna un netto passo indietro rispetto al precedente Skyfall. Duelli corpo a corpo, catastrofici inseguimenti, incontri galanti, trasferimenti ai quattro angoli del globo (in questo caso Messico, Italia, Austria, Marocco e, ovviamente, Regno Unito), intrighi, colpi di scena… i soliti ingredienti, insomma, ma mescolati con molta meno abilità rispetto a quella con cui Bond si prepara i suoi drink: la storia è labirintica e poco coinvolgente, la sceneggiatura è macchinosa, la vera suspense latita, e mancano elementi innovativi che rinfreschino l’interminabile saga dell’agente segreto più famoso del mondo (tutt’altro che originale, ad esempio, lo scontro tra la “vecchia scuola” e il nuovo che avanza).
 




Direi che, anziché a un “Martini”, Spectre assomigli di più a un’insipida minestra riscaldata… Un risultato alquanto deludente, considerando che in questo nuovo atto dell’eterna lotta tra il Bene, rappresentato dal Regno di Sua Maestà, e il Male, le cui ragioni sono difese dall’immarcescibile e tentacolare Spectre (celebrata per l’occasione, prima volta in assoluto in 007, con il proprio nome nel titolo del film), c’è la firma “pesante” del regista di Skyfall (e, non dimentichiamolo, di American Beauty) Sam Mendes. Trovate come l’acrobatica scena sull’elicottero “sparata” in apertura, o la breve vacanza romana di Bond, allietato per l’occasione da “donna Lucia” Monica Bellucci (una delle bond girls meno incisive di sempre), non sono certo sufficienti per assegnare un giudizio positivo a Spectre, specie se si confronta il film con gli 007 migliori (penso ai primi, cioè quelli con Sean Connery, ma anche al più –relativamente- recente Goldeneye o al già citato Skyfall). E non giova nemmeno l’ennesimo ripescaggio, un po’ a sorpresa, dello storico antagonista di Bond, Ernst Stavro Blofeld, complice la fiacca interpretazione di un Christoph Waltz fuori parte. Molto meglio Ralph Fiennes nei panni di “M”, ma si tratta, davvero, di una delle poche note positive del film. Piuttosto debole, infine, il tentativo di esplorazione del lato introspettivo di Bond attraverso la rievocazione dei suoi passati tormenti familiari. L’unica vera notizia arriva alla fine ed è, udite udite, la volontaria rinuncia di Bond al servizio -con annesso eloquente getto della pistola- per motivi d’amore: un abile espediente narrativo per umanizzare lo 007 quasi cyborg di Craig e giustificare in maniera plausibile l’uscita di scena dell’attore come protagonista di 007. Chi sarà il successore? Boh! Chi vivrà, vedrà, sempre che Craig non abbia fatto proprio l’immortale motto di Califano:“NON ESCLUDO IL RITORNO”…


Francesco Vignaroli

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