01 novembre, 2015

“Giulio Cesare” di Romeo Castellucci e la parola ingoiata. Di Rosa Traversa


Romaeuropa Festival, Roma. Dal 27 al 30 ottobre 2015

Il “Giulio Cesare-Pezzi staccati” di Romeo Castellucci è silenzio. Silenzio della persuasione, impossibilità retorica, autismo epico.
Uno spettacolo della durata di 40 minuti circa presso l’Aula Ottagonale delle Terme di Diocleziano (Ex Planetario) in scena all’interno del Romaeuropa Festival 2015 dal 27 al 30 Ottobre (h 19 e 21) che si espone con la prossemica del suono e una cinetica assente. Tutto ciò cui si deve assistere c’è o non c’è di fronte a noi, la temporalità non viene suggerita da nessun meccanismo narrativo.
Giulio Cesare, Antonio, Bruto, Cassio, sono personaggi che vogliono gesti eroici ma che Castellucci propone all’insegna di budella semantiche e incombenti grumi di secrezioni. Una microcamera posta su una sonda che raggiunge le interiora della voce passando da una narice di uno degli attori mentre è impegnato nella sua attività oratoria, un attore laringectomizzato che rende la sua afasia all’onore del Giulio Cesare tradito, e ammazzato.
Niente che ricordi alcuna possibilità di onnipotenza di Giulio Cesare che rivestito di un manto-sarcofago rosso appare in scena con movimenti minimi essenziali, accennati, ma capaci di aizzare suoni che seguono ogni variazione delle sue braccia. Il potere di indicare la strada, di scegliere un alleato, di accusare, di sentire la disfatta, sta in questa installazione sonora che fa riverberare l’eco della sua vita. L’eco di tutto ciò che il potere non mostra al pubblico, quel retroscena di cui non vorremmo forse mai avere certezza che sia il luogo delle decisioni. Sulla vita, sulla morte, sulla credibilità del fascino.
Ogni frammento è difficile da partecipare perché costa fatica guardare cosa succede al nostro corpo esattamente quando parliamo, o quando parliamo senza il suono prodotto dal nostro corpo: dove trae, dunque, possanza la tragedia di questa rappresentazione?
Un’afasica tristezza si porta dietro questo Giulio Cesare, laddove l’atmosfera impalpabile e quasi svuotata di tutto, anche della mucosa verità delle parole, sembra rimandare al pubblico ogni appello di ricezione.
Dopo il sangue del volto di Antonio - confine tra la fine di Cesare e la conquista di ogni folla - nove lampadine scoppiano e lentamente fanno apparire il buio totale.
La parola è luce, suono, anche quando non sappiamo stare insieme.


Rosa Traversa



Ideazione, Regia Romeo Castellucci
Con Gianni Plazzi (Giulio Cesare), Dalmazio Masini (Marcantonio), Simone Toni (…vskji)
Assistenza alla messa in scena Silvano Voltolina Tecnica Stefano Carboni
Foto © Luca Del Pia
Prodotto da Socìetas Raffaello Sanzio Nel quadro de “e la volpe disse al corvo. Corso di linguistica generale” Progetto speciale della città di Bologna 2014

Nessun commento:

Posta un commento