07 ottobre, 2015

MORO – i 55 giorni che cambiarono l’Italia. Di Paolo Leone


Roma, Teatro Lo Spazio (via Locri 42/44). Dal 2 all’11 ottobre 2015

La famiglia Iozzino era una famiglia di contadini, gente semplice, forse ingenua, che credeva nei valori di uno Stato sano, limpido. Sano come quella terra coltivata con il sudore a Casola di Napoli, sano come la terra fertile, come le fave seminate al momento giusto da Raffaele, poliziotto a Roma nella scorta del Presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro. La strage di Via Fani spezzò per sempre i suoi sogni, quelli della sua famiglia, dei suoi colleghi di scorta e di un intero Paese, forse, ancora ebbro di un “boom economico” che pian piano lasciavamo alle spalle. Sogni come quelli dell’agente Francesco Zizzi, pugliese di Fasano, chiamato a sostituire un collega proprio quella mattina, chitarrista e cantante di piano bar, che aspirava al Festival di Sanremo e adorava Modugno.
Dà quasi fastidio chiamare spettacolo il racconto che Ulderico Pesce con il suo celebre, potente teatro di narrazione porta in giro per l’Italia da quattro anni, ora al Teatro Lo Spazio di Roma fino all’11 ottobre. Narra di fatti concreti, sconvolgenti, talmente palesi grazie al lavoro del giudice Ferdinando Imposimato, da sembrare la sceneggiatura di  una fiction. Possibile? No, molto di più, purtroppo. Verità. Repellente, inquietante. Confesso che ho provato grande disagio nell’assistere alla performance di Pesce. Ricordo bene quei giorni, seppur poco più che adolescente. Ricordo lo smarrimento nella nostra scuola media, dove la polizia venne a prelevare il figlio di uno degli agenti trucidati in quell’agguato. Ne parlavamo sottovoce, increduli. La forza della violenza, della morte, ci sfiorò per la prima volta nelle nostre vite. Qualcosa cambiò per sempre, come giustamente ci ricorda il titolo di questo spettacolo. 16 marzo – 9 maggio 1978: 55 giorni di bugie e trame torbide, continuate fino ai giorni attuali. Gli inganni, i depistaggi, le menzogne, le assurdità seguite ad una strage prima e ad un’esecuzione che doveva avvenire poi, ce le racconta, nell’espediente drammaturgico, il fratello di Raffaele Iozzino (unico agente che riuscì a sparare due colpi di pistola, “i colpi dello Stato”) Ciro, allora quindicenne. Moro doveva morire, doveva essere fermato quel suo tentativo di apertura alla sinistra, inviso ai servizi segreti americani e ad alti esponenti dello Stato italiano, nonchè ad una parte del suo stesso partito. 

Nel racconto, Ciro dialoga col giudice Imposimato e pian piano vengono a galla tante verità, tante “stranezze” procedurali, organismi speciali di polizia come l’UCIGOS, alle dirette dipendenze del Ministro dell’Interno, all’epoca Francesco Cossiga, lo smantellamento dell’Ispettorato antiterrorismo, attivissimo  ed efficiente anche contro la Loggia Massonica P2, disposizioni imbarazzanti come l’obbligo, per gli uomini della scorta di Moro, di tenere i mitragliatori chiusi nel bagagliaio della macchina (mai blindata), agenti dei servizi segreti presenti la mattina del 16 marzo ’78 in Via Fani, tiratori scelti, su una moto, che completarono l’opera dei brigatisti, l’annuncio in radio del rapimento mezzora prima che avvenisse, e tanto altro. Tutto scoperto, negli anni a seguire, grazie al lavoro del giudice Imposimato. Una rete enorme, in cui gli stessi brigatisti rossi (tutti a piede libero) sembrano piccoli pesciolini intrappolati. Fino al colpo di scena finale, suffragato da documenti, che Ciro Iozzino–Pesce svela al pubblico. Le rivelazioni di Pieczenik, un esperto di terrorismo segretamente inviato in Italia dagli USA durante il caso Moro, e ora (solo ora!) finalmente indagato, che ammise come la decisione dell’uccisione di Moro fu presa da Cossiga stesso e presumibilmente da Andreotti. Cinque ragazzi furono uccisi, oltre allo stesso Moro, per spietata “ragion di Stato”. Quello Stato che la mamma di Raffaele Iozzino sognava  “sano come la terra fertile” e del quale, in tanti anni, abbiamo scoperto il letame. Solo in parte. Ad Ulderico Pesce e al giudice Imposimato, il merito di non farcelo dimenticare, in un Paese anestetizzato che sembra non aver memoria. Inizia bene e con molto pubblico la lunga e intensa stagione del Teatro Lo Spazio.

Paolo Leone


Roma, Teatro Lo Spazio (via Locri 42/44). Dal 2 all’11 ottobre 2015.
Ulderico Pesce in: moro – i 55 giorni che cambiarono l’Italia, di Ulderico Pesce e Ferdinando Imposimato. Interventi video di Ferdinando Imposimato. Regia di Ulderico Pesce.

Si ringrazia l’ufficio stampa del Teatro Lo Spazio,  Brizzi Comunicazione.

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