02 ottobre, 2015

“INSIDE OUT”: DA PIXAR UN MAGISTRALE SAGGIO DI PSICOLOGIA A CARTONI ANIMATI. Di Francesco Vignaroli


Cortona, Cinema Teatro Signorelli. Domenica 20 settembre 2015

Personalmente, attendo sempre con grande curiosità e fiducia ogni nuova uscita della premiata ditta Disney/Pixar e, puntualmente, le mie aspettative non risultano deluse. Può apparire incredibile, ma i ragazzi della Pixar – veri pionieri dell’animazione digitale- riescono tutte le volte a spostare un po’ più in alto l’asticella della qualità tecnica, nonostante l’ultimo film realizzato sembri sempre, quanto a innovazione, perfezione estetica e maniacale cura dei dettagli, quello definitivo, e questo anche se paragonato all’immediato predecessore e non ai lavori più vecchi. Di pari passo con il progresso tecnologico va (quasi sempre) quello delle trame, con sceneggiature sempre più ricercate e comunque mai prive di quel tocco di magia in più, tipicamente Disney, che distingue i “Pixar” dagli altri film a cartoni animati e che, concretamente, si traduce così: fantasia, emozione, sentimento, umorismo e totale assenza di volgarità. Inside Out è l’ennesima e rassicurante conferma di una crescita costante e inarrestabile che dal 1995, anno dello storico debutto Pixar con Toy Story, ha strabiliato grandi e piccini di tutto il mondo, fino ad arrivare a questa degna celebrazione del ventesimo anno (come passa il tempo!) di attività. Si tratta probabilmente del film più adulto e, sempre dal punto di vista della sceneggiatura, più ambizioso mai realizzato dai nostri anche se, a mio giudizio, non è certamente il migliore in assoluto ( Wall-E è irraggiungibile…).
Ciò detto, adesso viene il difficile: illustrarvi la raffinatissima quanto intricata trama “psicologica” di Inside Out…Ci provo.






Premessa teorica (si fa per dire) estrapolata dal film.

Le esperienze vissute nei primi anni di vita da ciascuno di noi vengono immagazzinate nella memoria sotto forma di ricordi-base, così chiamati perché contribuiscono in maniera determinante, proprio come dei mattoncini, alla costruzione della futura personalità. L’accumulo dei ricordi-base porta alla progressiva formazione delle “isole della personalità”, cioè della nostra struttura interiore specifica (il carattere, i valori, le attitudini, le preferenze), che è unica e irripetibile (questo lo aggiungo io). La natura dei ricordi-base (cioè il loro essere piacevoli, dolorosi, tristi…) dipende dall’azione di cinque stati d’animo principali –gioia, tristezza, rabbia, paura e disgusto, nel film raffigurati come buffi esserini colorati-, i quali si “contendono” tutte le esperienze vissute cercando di apporre sopra di esse il proprio marchio o, meglio, il proprio colore. Avremo così ricordi felici (gialli), infelici (blu), di collera (rossi)… Il tipo di reazione che scaturirà in noi da tutte le esperienze future dipenderà dalla loro somiglianza con quelle fissate nella memoria durante la prima infanzia, come abbiamo visto associate ognuna a un preciso stato d’animo, in modo tale che esperienze simili produrranno in noi reazioni simili…Ci avete capito qualcosa?? Io mica tanto… Comunque, prendendo per buono tale preambolo (fate un piccolo sforzo, coraggio…), potrete seguire il resto della storia, che vado senz’altro indugio a raccontarvi.

Viaggio nella mente: Riley

Riley è una normalissima bambina di undici anni, che vive felice e spensierata con i genitori in una casetta in campagna nello stato del Minnesota, Stati Uniti. Le esperienze sin qui vissute l’hanno portata a sviluppare le seguenti isole della personalità: 1) Famiglia. 2) Onestà. 3) Amicizia 4) Stupidera (o giocosità) 5) Hockey (la sua più grande passione, utile anche a rafforzare l’Amicizia). La situazione precipita quando, improvvisamente, i genitori decidono di trasferirsi in California, nella caotica città di San Francisco. In Riley lo shock è talmente grande da scatenare in lei un vero e proprio blackout emozionale, che porta al progressivo sgretolamento di tutte e cinque le isole principali e quindi allo stravolgimento della sua personalità, grazie anche all’involontaria complicità della maldestra Tristezza, che ha tramutato in blu (il suo colore), semplicemente toccandoli, alcuni ricordi gialli, appartenenti a Gioia. La “nuova” Riley è perennemente triste, apatica, sgarbata con i genitori, insicura con i compagni di scuola e perfino disinteressata all’hockey…un vero disastro! Solo Gioia, nel frattempo espulsa dalla “sala comando” e relegata ai margini della memoria insieme a Tristezza, può aggiustare le cose prima che anche l’ultima isola della personalità rimasta si dissolva, ma bisogna pure evitare di cadere definitivamente nella discarica dei ricordi inutili (l’oblio) e badare alla pigra e sconsolata Tristezza (che casino!). Così, mentre i pasticcioni Rabbia, Disgusto e Paura, cercando di fare le veci di Gioia peggiorano la situazione (Riley arriva addirittura a tentare la fuga da casa, non prima di aver rubato alla mamma i soldi per il biglietto dell’autobus che la dovrebbe riportare in Nebraska!), la nostra eroina, aiutata dallo stralunato Bing Bong (amico immaginario di Riley incontrato lungo il percorso), affronta un lungo viaggio nei labirintici meandri della memoria per agganciare il treno dei pensieri e risalire così fino al “centro” della mente, dove potrà riprendere il suo posto e ridare il giusto colore ai ricordi di Riley…non senza l’intervento decisivo di Tristezza.

Inside Out è un fantastico viaggio nella mente umana che, privo di pretese scientifiche e didattiche (anche se vengono “scomodati” alcuni complessi concetti della psicologia), punta deciso sull’intrattenimento e sull’affabulazione, com’era giusto che fosse: non dimentichiamo che i principali destinatari di questi film rimangono i bambini… Grandi o piccini, si finisce inesorabilmente catturati fin dal primo fotogramma, grazie alla sfrenata immaginazione e all’animazione strabiliante, e grazie anche a una trama coraggiosa e innovativa, sicuramente tra le più complesse mai realizzate per un film a cartoni (non solo Pixar) e, come tale, apprezzabile anche dagli spettatori adulti più scettici verso questo genere. Non ci sono né la poesia e le emozioni intense di Wall-E –il punto più alto del sodalizio Disney/Pixar- né la comicità di Monsters & Co.,  ma Inside Out merita comunque l’inserimento tra i migliori film della serie in virtù della sua originalità e temerarietà: un azzardo pienamente riuscito. Tra le scene da ricordare cito quella, dal sapore squisitamente pittorico, dell’attraversamento della stanza del pensiero astratto, con Gioia, Tristezza e Bing Bong che progressivamente perdono le proprie sembianze concrete e la propria tridimensionalità per trasformarsi in immagini picassiane.

Due parole, infine, per Lava, il cortometraggio che, come da tradizione Pixar, precede il film. E’ la poetica e un po’ troppo sdolcinata storia di un vulcano-isola che, sorto nel bel mezzo dell’oceano, si strugge nell’attesa di una “vulcana” che ponga fine alla sua solitudine. Realizzazione tecnica ineccepibile, sceneggiatura musical piuttosto rétro, che fa molto film Disney tradizionale… nulla di particolarmente originale, quindi. Livello medio, ma in passato, con i corti, alla Pixar hanno fatto decisamente di meglio (per chi fosse interessato, tutti i cortometraggi Pixar sono reperibili in DVD).


Francesco Vignaroli

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