22 ottobre, 2015

Idolatria e “Pink Narcissus”: il maschio a confronto. Di Rosa Traversa


“Pink Narcissus” è – per giusta causa – il titolo del film cult di James Bidgood da cui prende il nome la mostra sullo stesso Bidgood e John Maybury presso la Galleria Lorcan O’Neill di Roma dall’11 Settembre al 7 Novembre 2015.
Una mostra video-fotografica che posiziona lo sguardo sull’eroticità gay attraverso una sorta di parallelo storico tra le foto simil-polaroid di Bidgood e quelle tratte durante la realizzazione di un cortometraggio nel Tempio di Segesta in Sicilia ad opera di John Maybury.
Il piacere di sé è celebrato nelle foto da drugstore di Bidgood attraverso nudi maschili solidi, non efebici, allettati da luci soffuse e dalla lascivia delle acque che traspaiono da un sottomarino. Siamo negli anni ’60 delle riviste per soli uomini censurate e negli anni della presa di coscienza sessuata in cui – da quanto emerge fra le righe di queste foto – in primo piano si scelgono delle natiche, di una coppia maschile, a simboleggiare la voglia di visione di un desiderio che non può essere solo introspezione…
Ancora, l’emotività viene ricercata nei volti, di modelli omo o eterosessuali, che si sganciano da una certa plasticità pubblicitaria e tendono verso la sfumatura della posa degli occhi e delle labbra. La serietà e la compostezza non si sentono estranee da questi corpi possenti e accasciati. Le luci e il contesto più generale di queste opere (cartapesta, luna, sottomarino) sono funzionali alle necessità espressive di un “lavoratore della visione”, quale definirei Bidgood, piuttosto che di un artista visivo o un intellettuale.
Se il narcisismo è centrale nell’omosessualità – come sostiene lo stesso regista di “Pink Narcissus” – diviene molto interessante esplorare l’ottica di un ex-vetrinista attraverso cui si nota lentezza, dolcezza e sesso di zucchero sotto luci soffuse come storicamente è avvenuto agli albori della rappresentazione visuale omoerotica.
La capacità di attrazione del corpo maschile si misura sul bianco/nero delle rovine di un Tempio in Sicilia lungo le quali John Maybury ritrae il performer Arthur Gillet.
Il maschio che vuole rinnegare la propria scultoreità e mettere in discussione ogni stereotipata convergenza tra colonne edificanti e corpi magniloquenti, da padroni della terra.
I luoghi sono protagonisti in queste immagini e racchiudono porzioni di corpo inglobandole senza molte difficoltà nell’architettura generale, come permette anche il bianco/nero.
“Segesta” (2015) viene proiettato in loop assieme a “Pink Narcissus” (1971) ed evidente risulta il salto spazio-temporale nel concepire i confini fra nudità, sessualità e ricerca di sé: forse “rosa” è la linea che fa combaciare tutto questo con il desiderio di esposizione di fronte a tutt* noi, anche se Narciso può non riconoscersi in nessun* di noi.


Rosa Traversa

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