27 aprile, 2015

"Socrate": il vento impetuoso della calunnia. Di Laura Cavallaro


Teatro Verga. Dall’11 al 26 aprile 2015

«Si può morire per un principio?» è quanto domanda, in maniera assillante, Santippe (Renata Zamengo) al marito Socrate (Pippo Pattavina). Il padre della filosofia occidentale è reo ai suoi occhi di aver giocato con le parole ma di fatto dopo che il tribunale di Atene l’ha dichiarato colpevole, perché scomodo, sono poche le speranze per la vita dell’uomo. Il suo destino è segnato: una lenta morte per mezzo della cicuta. Il paradosso dell’eponimo testo teatrale di Vincenzo Cerami, in scena al teatro Stabile di Catania dal 12 al 26 aprile 2015, si sviluppa attorno alla discrepanza tra una giustizia di facciata, basata su una finta democrazia di cui si fanno portavoce gli accusatori e la necessità del condannato di rispettare le Leggi e la Città, laddove i primi lo vorrebbero rinunciatario davanti a tale destino. Lo spettacolo strutturato in due atti si apre nel carcere e procede a ritroso, è nel secondo atto che, dopo una breve parentesi in stile avanspettacolo nella quale si mette in scena un passo tratto dalle “Nuvole” di Aristofane, si affronta tutto il processo.
Cerami ha attinto per la stesura dell’opera, oltre che alla commedia aristofanesca, all’Apologia, al Fedone e al Critone di Platone e proprio uno dei momenti più intensi è raffigurato dall’incontro con il discepolo Critone (Riccardo Maria Tarci), il quale tenta come già prima di lui la guardia carceraria (Franz Cantalupo) di convincere il maestro a rinunciare all’idea di accettare la condanna a morte. Il fine ultimo del processo è di screditarlo davanti a tutti, di mostrare il vero volto di questo incantatore di menti, fatto ciò gli accusatori sembrano soddisfatti. E invece Socrate prima con il fedele Critone, poi con gli altri discepoli e infine con la moglie e il figlioletto (Alessandro Giorgianni) dimostra con piglio critico, come in qualità di cittadino della pòlis non può che sottostare al verdetto del tribunale e sacrificare la sua vita. 

 Il testo teatrale sebbene tratti tematiche portanti per l’essere umano, come il concetto di giustizia, di etica, di morale, di rispetto per la Città e le sue Leggi, dimensione imprescindibile nel mondo greco e in teoria non solo in quello, contrapposte alla corruzione e alla corruttibilità di corpo e spirito, risulta snello in tutti i suoi passaggi e facilmente fruibile. Nella regia di Ezio Donato non ci sono grandi innovazioni ma nel complesso è gradevole, anzi il regista ha usato alcuni escamotage utili per mantenere lineare il racconto, come nel momento in si avvale di una controfigura di Socrate che dorme, mentre questo affrontare un lungo discorso intorno al Corpo e all’Anima. Il nutrito cast di attori è omogeneo, naturalmente alcuni interpreti spiccano più di altri, in particolare Pippo Pattavina, il quale si mostra in questo più che in altri spettacoli come artista poliedrico, con una buona interpretazione nella parte drammatica ed una esilarante negli sketch e nel canto, punto di forza della sua lunga carriera. Degno contraltare è una sanguigna Renata Zamengo, l’attrice sebbene sia entrata in corsa nel ruolo di Santippe, è stata in grado di far risaltare appieno il forte temperamento che contrassegna il suo personaggio, il tutto con grande senso della misura e senza cadere negli eccessi. Vero portento è Sebastiano Tringali nelle vesti di un superbo Anito, il più accesso accusatore di Socrate, che come ogni antagonista che si rispetti ha giocato con le tonalità più profonde della voce per alimentare le venature più spietate e meschine della personalità del magistrato. Convincono altresì Alberto Bonavia, nei panni del comandante del carcere e Giampaolo Romania, il quale nelle vesti di Strepsiade ha saputo tenere banco per tutto il secondo atto, dimostrandosi ottima spalla comica per Pattavina. Le scene dello spettacolo firmate da Giuseppe Andolfo sono state riprese da Dora Argento che cura anche i costumi. La scenografia è d’impatto seppure basilare, nel primo atto si apre in modo da creare una finestra sul carcere nel quale Socrate è prigioniero, nel secondo atto lascia spazio a un banco degli imputati con ai lati dei praticabili usati come gradinate dove gli attori/spettatori possono prendere parte al processo. Molto interessante la scelta dei costumi, gli abiti sono in stile ottocentesco, comprese le uniformi verde militare delle guardie carcerarie, l’unico ad indossare l’himation, il mantello greco, è Socrate, probabilmente a simboleggiare la sua rettitudine d’animo e la lealtà verso la giustizia. Nicola Piovani ha realizzato le musiche, i brani sono pochi di fatto ma puntano, attraverso gli archi, ad accrescere la drammaticità del testo, il vero problema è che vengono usati per lo più senza un vero disegno registico dietro risultando fastidiose duranti alcuni dialoghi. Lo spettacolo è molto ricercato, grazie alla forza di un testo che con grande vitalità e coraggio affronta tematiche universali per la società e per quel teatro che non mira solo a mettere in scena l’oggi ma piuttosto attinge a testi paradigmatici, validi in ogni tempo e in ogni spazio.

Laura Cavallaro



Socrate di Vincenzo Cerami regia Ezio Donato scene Giuseppe Andolfo riprese da Dora Argento
costumi Dora Argento musiche Nicola Piovani a cura di Pierluigi Pietroniro movimenti coreografici di Donatella Capraro luci Franco Buzzanca con Pippo Pattavina, Sebastiano Tringali, Renata Zamengo, Alberto Bonavia, Franz Cantalupo, Giampaolo Romania, Riccardo Maria Tarci, Vittorio Vaccaro  gli allievi della scuola d'arte drammatica "Umberto Spadaro": Roberta Andronico, Michele Arcidiacono, Azzurra Drago, Federico Fiorenza, Vincenzo Laurella, Graziana Lo Brutto, Gaia Lo Vecchio, Luigi Nicotra

 il piccolo Alessandro Giorgianni
 e Pietro Cavalieri, Camillo Pavone, Giovanni Caruso
 le musiche de “Le nuvole” di Aristofane sono di Pippo Pattavina
 La metopa del “rapimento di Europa” è stata realizzata dagli scultori Alessandro Merlo e Luca Mirko Maugeri e dalla pittrice Carmen Roberta Mannino, allievi del corso TFA 2014-15 dell’Accademia di Belle Arti di Catania.
 Le musiche di Piovani sono state registrate presso StudioTape, Cataniaed eseguite da Pierluigi Pietroniro primo violino, Caterina Coco secondo violino, Matteo Blundo viola, Bruno Crinò violoncello, Carmelo La Manna contrabbasso
produzione Teatro Stabile di Catania


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