23 febbraio, 2015

CERCANDO SEGNALI D’AMORE NELL’UNIVERSO. Di Chiara Noschese, con Luca Barbareschi. Di Daria D.


Teatro Manzoni, Milano. Dal 19 febbraio all' 8 marzo 2015

Peccato. Peccato davvero per Luca Barbareschi, professionista indiscusso, uomo di grande fascino e intelligenza, provocativo e instancabile, aver festeggiato i primi 40 anni carriera, in fondo non era costretto a farlo, ma l’ego ci mette sempre lo zampino, con uno spettacolo che non è all’altezza delle aspettative.
Non appartenendo alla schiera dei suoi detrattori, che di solito lo giudicano più per avere fatto politica, che per il talento e la lunga, e piena di successi, carriera, me ne dispiaccio ancora di più. Eppure, durante la conferenza stampa aveva stuzzicato la mia curiosità, parlando con estrema rilassatezza e orgoglio, sempre arguto e simpatico, di questi 40 anni di carriera, tra sforzi, tentativi, cadute e riprese, sogni e speranze, viaggiando per il mondo, recitando, traducendo, sperimentando, dirigendo, producendo. Artista, uomo, padre, marito, amante.
Lo spettacolo “Cercando segnali d’amore nell’universo” parte da un progetto mai portato a termine di un’autobiografia in forma letteraria. Ma è dall’incontro con Chiara Noschese, la regista dello spettacolo, che tutti i ricordi, gli spezzoni di vita pubblica e privata, i flash di memorie legate all’infanzia, prendono la via del palcoscenico, e si mescolano con testi di Shakespeare, Mamet, Eschilo, Evtushenko, Tomasi di Lampedusa, e brani di musica suonata da un bel quintetto e dallo stesso Barbareschi.
Ma la Noschese dirige Barbareschi con troppa enfasi e allora la recitazione risulta carica di un’ansia esagerata dall’inizi alla fine, quasi un non vedere l’ora di terminare, come se quelle confessioni facessero male, ma fanno male anche a noi spettatori, che lo vediamo sempre col fiato corto, sentendo la voglia di momenti più calmi, più introspettivi, più intimi, più sentiti, più da Actors Studio, per capirci.
Barbareschi rimane in scena a velocità supersonica per due ore, ma dopo un’ora e venti il gioco si fa duro, Barbareschi cammina per il palcoscenico raccontando episodi che ci sembrano troppo prolissi, come quello con l’amante francese. Bravissimo, non c’è che dire, a resistere per tanto tempo, senza mai una pausa. Ma perché non, invece, fare un piccolo intervallo, cambiare costume e scenografia? Ne avremmo goduto tutti e soprattutto , lui. Un cambio era necessario, la bravura si sarebbe ricaricata, così sembrava un tour de force, uno sfida personale contro non si sa chi o cosa.
La regista decide di mettere sul palcoscenico quattro grandi custodie da dove Barbareschi estrae via via delle chitarre, quasi che la sua attività artistica principale sia quella di cantante e musicista. Mancano invece maschere e costumi di scena, quelli che Luca ha indossato in questi 40 anni per incarnare altri personaggi, altre vite, oppure fotografie, video o altro per dare un po’ più di varietà, dimostrando una maggiore creatività registica.
L’inizio, con il sax di Marco Zurzolo che arriva suonandolo dal fondo del palcoscenico, ci piace, il musicista è bravo e le note dello strumento sono piene di atmosfera. E le parole di Eschilo “dolore è parlare dolore è tacere” con le quali Barbareschi esordisce sono forse la chiave di uno spettacolo che poteva essere ma non è stato.
Peccato, davvero.


Daria D.




Casanova Teatro
presenta

Luca Barbareschi
in
CERCANDO SEGNALI D’AMORE NELL’UNIVERSO
con Marco Zurzolo 5tet
sax Marco Zurzolo – piano Mario Nappi – chitarra e voce Antonio Murro
contrabbasso Diego Imparato – batteria Gianluca Brugnano


regia Chiara Noschese

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