15 gennaio, 2015

“Il caso Braibanti”. Un processo alla diversità. Di Paolo Leone


Roma, Teatro dei Conciatori (via dei Conciatori 5). Dal 13 al 25 gennaio 2015

L’Italia, da sempre, è un Paese dalla memoria corta. Spesso, semplicemente ignora, come fosse preda di una ricorrente damnatio memoriae, fatti accaduti e seppelliti sotto una coltre di vergogna. Fatti di cui è meglio non sapere. Un’occasione imperdibile per conoscere una parte della nostra nazione che non appartiene al medioevo, come sembrerebbe, ma soltanto a poco meno di 50 anni fa, potete coglierla al Teatro dei Conciatori, dove il regista Giuseppe Marini mette in scena Il caso Braibanti. Non soltanto uno scandalo giudiziario che fece scalpore nel 1968 e dintorni, anni in cui di fronte ad un cambiamento epocale, fisiologicamente si ergevano muri reazionari di inaudita prepotenza, ma un vero e proprio caso politico e civile, come sottolineò Umberto Eco. Aldo Braibanti, scomparso nel 2014, era un ex partigiano, artista, poeta, filosofo, studioso della vita delle formiche, comunista ed omosessuale. Un uomo colto e mite, sicuramente carismatico, accusato di “plagio” dal padre del suo giovane compagno (maggiorenne) Giovanni Sanfratello. Un reato previsto dal fascista “codice Rocco”, allora ancora in vigore, del quale Braibanti fu il primo ed ultimo ad essere incolpato, prima che venisse abolito nel 1981.
In un’Italia ancora fortemente bigotta e reazionaria, quello fu un processo all’omosessualità, come attestano gli atti processuali che, con efficace impatto, sono portati sul palcoscenico dai due interpreti Fabio Bussotti e Mauro Conte, bravissimi a rendere il clima di quell’assurdo procedimento giudiziario con una recitazione attenta, emozionante, che si nutre esclusivamente di pochi, misurati movimenti ed è centrata sulla parola e sulle espressioni che i due riescono a produrre, interpretando tutti i personaggi di questa brutta storia italiana. Un momento buio, un colpo di coda reazionario e assurdo che fu causa di imbarazzo per la stessa sinistra italiana, che abbandonò Braibanti al suo destino mentre il povero Sanfratello, schiacciato da una famiglia oppressiva, subì i “trattamenti” degli ospedali psichiatrici. 

Un processo di stampo medievale che mise sotto accusa l’amore tra i due, camuffandolo sotto le spoglie di fantomatiche e indimostrabili sottomissioni psicologiche. Lo spettacolo rientra nei canoni del più efficace teatro di narrazione e lo fa con sobria eleganza, grazie alla regia rigorosa di Giuseppe Marini, che non annoia lo spettatore con operazioni filologiche (nemiche del teatro), ma lo cattura con la semplicità e la bravura dei suoi due attori, accompagnati in scena dalle musiche di Mauro Verrone, eseguite dal vivo col suo sax, che scandisce i tempi e le atmosfere, ora graffianti ora malinconiche, della vicenda raccontata.
Fu un processo all’amore diverso, la reazione impaurita e intimidatoria di una società che lentamente stava cambiando. Braibanti e Sanfratello ne furono le vittime. Colpevoli di amare, perché “l’amore stesso è un plagio”.

Il caso Braibanti, di Massimiliano Palmese, è un bell’esempio di teatro civile, interpretato e diretto con stile raffinato. Un testo lucido, chiaro, forte, anche ironico, senza orpelli e venato di poetica tenerezza nel finale. Da vedere per ricordare. Da vedere per conoscere.

Paolo Leone


Produzione Società per attori presenta: Il caso Braibanti, di Massimiliano Palmese.
Con Fabio Bussotti e Mauro Conte.
Musiche composte ed eseguite dal vivo da Mauro Verrone. La regia è di Giuseppe Marini.

Si ringrazia l’ufficio stampa del Teatro dei Conciatori nella persona di Maya Amenduni.

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